DEL CARRETTO, Manfredo
Nacque nella prima metà del sec. XIII da Ugo, figlio di Ottone, come risulta da alcuni documenti posteriori.
Infatti, nell'atto del 1° dic. 1339, con cui a Giovanni Scarampi venne confermato dalla Repubblica di Genova l'acquisto dei feudi appartenuti ad Ottone e Ugo Del Carretto, il D. è ricordato come figlio di quest'ultimo; tuttavia, in un altro documento relativo al giuramento di fedeltà da lui prestato al Comune di Asti (10 giugno 1242), il D. viene detto figlio di Ottone, ma è possibile che il documento, pubblicato nel Codex Astensis (III, doc. 930), presenti al riguardo un errore.
Essendo Ugo premorto al padre verso il 1228, il D. successe al nonno, morto tra il 1237 e il 1242, nel possesso del piccolo feudo, comprendente i castelli di Dego, Cairo e Cortemiglia, posti a controllo di una importante arteria commerciale che collegava i porti liguri al retroterra padano attraverso un impervio e povero territorio. Tale dominio, se assicurava al D. un certo reddito dovuto alle gabelle imposte sulle merci transitanti per esso, era, d'altra parte, privo di risorse economiche di una qualche entità. Inoltre, poiché il nonno Ottone aveva dilapidato le ricchezze ricavate dalla vendita dei diritti signorili su Savona e su Noli, il D., come altri piccoli feudatari dell'epoca, fu costretto a cercarsi nuove entrate, mettendosi al servizio delle grandi potenze in lotta tra loro e disposte a pagare lautamente il suo aiuto. Gli Annali genovesi ricordano infatti come egli, già nel 1241, militasse nell'esercito imperiale, insieme con Giacomo, figlio di Enrico (II) Del Carretto. L'anno seguente, tuttavia, mentre Giacomo rimaneva fedele a Federico II, il D., insieme con Bonifacio II del Monferrato ed altri feudatari minori, abbandonò il campo imperiale, schierandosi dalla parte dei Comuni di Genova, di Milano e di Piacenza, i quali pagarono ai nuovi alleati la notevole somma di 30.000 lire imperiali. Nel mese di gennaio del 1243 venne a Genova dove, in pubblica assemblea, giurò, nelle mani di Albertano da Brescia, rappresentante di Gregorio da Montelungo, legato del papa Innocenzo IV, di difendere la Chiesa e i Comuni guelfi. Questo gesto, tuttavia, non gli impedì, il 10 giugno dello stesso anno, di giurare fedeltà al Comune di Asti, che era filoimperiale e che gli confermò in feudo i castelli da lui ereditati. L'anno seguente, a differenza di Bonifacio II del Monferrato, che preferì restare inerte, il D. si unì, secondo i patti, all'esercito genovese mobilitato per marciare su Savona, roccaforte imperiale. Nel 1244, in occasione del viaggio di Innocenzo IV in Francia, il D. ebbe, insieme con il marchese Bonifacio II, il delicato ed onorevole compito di scortare e proteggere il pontefice dal confine genovese sino ai piedi delle Alpi attraverso i suoi feudi ed il Monferrato. Tuttavia, quando Federico II, nel corso dell'estate del 1245, giunse in Piemonte, il D., seguendo l'esempio del marchese del Monferrato, non esitò a schierarsi nuovamente con l'imperatore, "come quelli - commentano gli Annali genovesi -che amano rapire il denaro piuttosto che conservare la pace" (V, p. 111). Nel luglio si trovava a Tortona presso Federico, mentre le sue genti di Dego, Cairo e Rocchetta andavano in aiuto a Savona. Nel 1250 si alleò con Manfredi II Lancia, con Asti e con Pavia contro il Comune di Alessandria. Tre anni dopo concesse agevolazioni fiscali al Comune di Torre Uzzone, pure a lui soggetto. Nello stesso anno diede in feudo alcune terre ad Enrico Spinola. Alla causa ghibellina rimase legato anche negli anni successivi, quando l'esercito di Carlo d'Angiò scese in Italia. Questa scelta politica dovette essergli suggerita anche da motivi economici, in quanto la creazione di un dominio angioino, che metteva in contatto il retroterra padano con i porti provenzali, costituiva un duro colpo per la via commerciale che era controllata dal D. ed attraverso la quale passava il traffico di sale diretto alle città piemontesi e lombarde. Nella tregua stipulata tra Carlo d'Angiò e il Comune di Asti il 21 febbr. 1260, appare compreso anche il D. come alleato della città piemontese. Quattro anni dopo, egli si trovò schierato contro il marchese Guglielmo del Monferrato, che riuscì a sottrarre Acqui al suo controllo. Nella tregua triennale, stipulata tra l'Angiò ed Asti il 14 ag. 1266, venne compreso il D., sempre come alleato del Comune. Anche dopo la morte del re Manfredi e la vittoria di Carlo d'Angiò a Benevento, il D. era rimasto fedele alla parte imperiale e, quando nel 1267 Corradino di Svevia scese in Italia per rivendicare i suoi diritti sui regni di Napoli e di Sicilia, non esitò ad offrirgli il suo aiuto.
Infatti, d'accordo con la vedova di Giacomo Del Carretto (Caterina di Marano, figlia naturale di Federico II), consentì - unico feudatario dell'Italia settentrionale - al giovane principe di percorrere le strade montane che erano comprese nei loro feudi o da loro controllate, permettendogli in tale modo, agli inizi della primavera dell'anno 1268, di valicare l'Appennino, di raggiungere la costa ligure a Vado e di imbarcarsi per Pisa su vascelli di quella Repubblica. Nel dicembre del 1268 il D. fu dichiarato nemico dal sovrano angioino, che giunse ad invitare il marchese Tommaso di Saluzzo a muovere guerra contro il feudatario ghibellino e contro il Comune di Asti (29 ag. 1269). Del resto, nell'accordo stipulato tra Carlo e Genova il 12 di quello stesso mese, il re si era impegnato a restituire i luoghi occupati dal siniscalco di Lombardia, ma, tra di essi, non quelli che erano appartenuti al Del Carretto. Questi fu, tuttavia, nuovamente incluso nella tregua provvisoria conclusa tra Asti e Carlo dell'11 dicembre dello stesso anno. A differenza dei figli di Giacomo Del Carretto, che preferirono, nel 1270, arrivare ad un accordo con l'Angioino, ricevendone l'investitura dei feudi già tenuti dai loro antenati, il D. mantenne il suo atteggiamento ostile nei confronti di Carlo. L'anno successivo il sovrano angioino cercò di avviare trattative in vista di un accordo con l'irriducibile avversario, dato che il 28 luglio nominò due suoi procuratori per la stipula di convenzioni con il D.; ma l'intesa, se ci fu, fu di breve durata o fallì, perché il D. non partecipò alla spedizione condotta nel 1273 dal siniscalco angioino in Lombardia per soccorrere Apricale, assediata dall'esercito genovese, spedizione in cui militarono tutti gli altri Carretteschi. Il 13 nov. 1277 fu stipulato un accordo tra i Comuni di Cuneo, in rappresentanza di Carlo, e di Asti, in rappresentanza del D.; questi fu incluso anche nel trattato che il Comune di Asti stipulò con il siniscalco di Provenza, rappresentante del re di Sicilia, il 13 febbr. 1282.
Il D. morì nel 1284.
Ebbe tre figli: Ottone (che nel 1272 aveva sposato Isabella di Lanfranco Malocello), Ughetto e Alberto che il 17 marzo 1284 ottennero dal Comune di Genova l'investitura del feudo e dei castelli che erano stati del padre. Tali beni passarono poi a Manfredi, nipote del D.; questi, oppresso dai debiti, finì col vendere i castelli di Cortemiglia, Cairo, Torre Uzzone e Rocchetta di Cairo a Manfredi di Saluzzo, sotto forma di infeudazione. Nel 1337 quest'ultimo vendette, a sua volta, i castelli agli Scarampi di Asti: in tal modo, gran parte del piccolo feudo carrettesco finì col passare ad altra dinastia.
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