PASSANO, Manfredo da
PASSANO, Manfredo da. – Nacque a Genova il 15 settembre 1846 dal marchese Giovanni Angelo e da Maria Maddalena dei marchesi Durazzo.
La madre, sposata in seconde nozze da Giovanni Angelo – discendente dei signori di Passano, antica famiglia feudale della Riviera di Levante – era figlia di Marcello Durazzo e di Giulia Spinola. Entrambe le casate erano tradizionalmente legate da rigida fedeltà alla Santa Sede.
Secondogenito di tre figli, Itamo ed Erminia, a cinque anni Manfredo perse il padre che lasciò un solido patrimonio fondiario. Ricevuta una prima formazione sotto la guida di sacerdoti salesiani che lo avviarono a una visione sociale del proprio impegno di cattolico, si diplomò nel 1862 presso il liceo del capoluogo ligure, frequentando poi la facoltà legale dell’Università di Genova fino al 1865. L’incontro decisivo per la sua formazione spirituale e culturale fu quello con il marchese Paris Maria Salvago che lo inserì, appena diciassettenne, nella rivista da lui fondata, gli Annali cattolici, sorti nel 1863 come eco del primo congresso cattolico internazionale tenutosi in Belgio a Malines, dove si era affrontato il complesso problema del ruolo dei cattolici nella società civile. Nello stesso tempo, lo avviò a studi severi, in particolare facendolo accostare alle opere di cattolici liberali francesi, quali Henri-Dominique Lacordaire, Frédéric-Antoine Ozanam, Charles de Montalembert, e incoraggiandolo – in una lettera del 20 agosto 1863 – a «rendersi utile al prossimo» con il testimoniare nella società il suo essere credente (San Venerio, Archivio Manfredo da Passano).
Ricorrendo anche al nom de plume di conte di Carinola, da Passano affrontò sugli Annali cattolici diversi argomenti, svariando dall’insegnamento religioso all’associazionismo cattolico in Belgio. Diventato nel 1866 condirettore e comproprietario del periodico, improntò i suoi interventi al superamento di quella che per alcuni gruppi di cattolici sembrava un’inconciliabile contraddizione: essere ‘buoni cattolici’ e allo stesso tempo ‘buoni italiani’. Dalle pagine della Rivista universale, che subentrò agli Annali nel novembre 1866, da Passano affermò che il suo programma era allo stesso tempo cattolico e liberale, all’insegna della fortunata formula «cattolici col Papa, liberali con lo Statuto», a causa della quale si scontrò con i gruppi intransigenti che volevano essere, secondo un motto coniato dalla Civiltà cattolica, «cattolici apertamente e liberali col Papa». Approfonditasi la divaricazione a seguito della posizione antinfallibilista assunta dalla direzione nel maggio 1870 e del consenso manifestato alla legge delle guarentigie nel gennaio 1872 a garanzia del cammino parallelo delle istituzioni laiche ed ecclesiastiche, lo scontro culminò nel 1875 in un processo intentanto e vinto contro La Civiltà cattolica. Nel frattempo, a causa dell’ostilità dei gruppi intransigenti liguri, i direttori avevano già trasferito da Genova a Firenze la rivista, della quale da Passano dettava la linea politica nella Rassegna degli avvenimenti.
Egli stesso aveva abbandonato Genova per San Venerio in seguito al matrimonio, celebrato a Genova il 28 aprile 1870, con Teresa Roggeri, dalla quale ebbe sette figli, tre dei quali morti prematuramente. Alberto, nato nel 1884, ereditò il titolo di marchese che Manfredo si vide riconoscere nel 1907 insieme a quello di patrizio genovese, trasmesso al più giovane Marcello, nato nel 1888.
Nella seconda metà degli anni Settanta, mentre il non expedit papale impediva ai cattolici la partecipazione politica, da Passano raccolse la speranza degli ambienti conciliatoristi di creare un partito non confessionale, conservatore e nazionale, in cui i cattolici, accettando i «fatti compiuti» insieme a «uomini onestamente liberali» (Confessore 1973, p. 85), avrebbero potuto fornire un importante contributo per la difesa in Parlamento dei valori cristiani e della proprietà. Da conservatore si candidò, pur senza successo, alle elezioni del 1876 per il collegio di Levanto. Dopo il fallimento del tentativo di formare un partito conservatore durante le riunioni svoltesi presso la dimora romana del conte Paolo di Campello, da Passano si separò da Salvago e fondò nel 1879 a Firenze la Rassegna nazionale, ereditando il programma di casa Campello alla cui realizzazione egli tese per circa quarant’anni in qualità di direttore e proprietario del periodico.
L’auspicato incontro con la parte ‘sana’ dei liberali avvenne, infine, nel 1904 con la tacita abrogazione del non expedit e l’appoggio fornito dai cattolici ai liberali caso per caso, anche se esso vanificò la formazione sia di un partito conservatore, sia di un partito cattolico, che da Passano peraltro rifiutava – come ebbe a scrivere al vescovo e amico Geremia Bonomelli il 10 luglio 1901 – per la presenza delle «forze» ritenute «confuse e sbrigliate» dei democratici cristiani (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carte Bonomelli).
Sul piano più ampiamente culturale, grazie alla sua formazione e ai suoi contatti con gli ambienti europei e americani, da Passano aprì la Rassegna al dibattito sulle questioni esegetiche, sollecitando il risanamento di una frattura verificatasi anche sul piano culturale fra laici e cattolici.
Il suo epistolario era fitto di nomi prestigiosi sul piano culturale internazionale, come quello dello storico tedesco Franz Xaver Kraus (Spectator e Sincerus nella rivista), degli esegeti francesi Marie-Joseph Lagrange e George-Pierre Fonsegrive, dei prelati Denis O’ Connell e John Ireland le cui teorie americaniste sui rapporti tra Stato e Chiesa furono accolte e diffuse dalla Rassegna e, fra gli italiani, di Antonio Fogazzaro, Tommaso Gallarati Scotti, dei padri Giovanni Semeria, Salvatore Minocchi, Giovanni Genocchi e di altri che fecero del periodico il loro centro di discussione e anche di informazione sulle reazioni degli ambienti vaticani. Da Passano ne metteva al corrente, per averne consigli, gli amici più fidati, in particolare il vescovo Bonomelli, di cui il 1° marzo 1889 aveva pubblicato anonimo il famoso articolo Roma, l’Italia e la realtà delle cose, messo poi all’Indice.
Egli cercò, inoltre, di ampliare gli interessi culturali dei cattolici italiani e guidarne le letture, acquistando nel 1898 la Rivista bibliografica italiana di padre Minocchi, e accettando poi di pubblicare in anteprima nel 1906, in un clima che già alla fine del secolo gli era apparso – in una lettera a Bonomelli del 20 agosto 1899 – di «sfide» e di «guerra» mosse dal Vaticano nei confronti dei suoi collaboratori religiosi (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Carte Bonomelli), alcuni capitoli del Santo di Fogazzaro. Proprio grazie alla mediazione dello scrittore vicentino, alla Rassegna guardarono i giovani lombardi che poi dettero vita al Rinnovamento – Gallarati Scotti, Gabrio Casati, Aiace Alfieri – nel tentativo di farne il loro organo di stampa. La preoccupazione di da Passano per un coinvolgimento in eventuali condanne ecclesiastiche fece fallire tale ipotesi, mentre l’enciclica Pascendi dominici gregis del 1907, bloccando le aperture della rivista verso il modernismo, la respinse sul terreno meno accidentato della politica. Nel 1908, infatti, da Passano sostenne ancora una volta un programma conservatore riformista, sottoscritto dai senatori Carlo Gabba, Francesco Nobili Vitelleschi, Paolano Manassei che, intendendo convogliare le simpatie dei conciliatoristi verso le forze conservatrici, confermava in sostanza l’antico programma di destra del 1879, ma con un accentuato tono anticolonialista non condiviso da molti amici del direttore. Tuttavia, anche in quell’occasione il tentativo fallì, superato dal prevalere del metodo clerico-moderato giolittiano che assorbì i cattolici conservatori. Dopo aver pensato di ritirarsi, da Passano non diede seguito a quest’ipotesi e la Rassegna proseguì solo per il suo personale impegno economico, continuando a oscillare fra diverse e opposte spinte che egli aveva sempre dovuto mediare: in senso conservatore o addirittura autoritario sul piano politico ed economico con il generale e senatore Giovanni Thaon di Revel Genova, l’industriale Alessandro Rossi e la stessa casa reale; di apertura a tematiche culturali e sociali con padre Semeria, i vescovi Bonomelli e Giovan Battista Scalabrini, i prelati americani O’Connell e Ireland. Questo dualismo fu all’origine della mancata affermazione del programma della rivista, continuamente sull’orlo del dissesto tanto da costringere alla fine da Passano alla cessione nel dicembre 1915, malgrado i numerosi faticosi tentativi per garantirne la sopravvivenza.
Se la vita della rivista segnò in maniera determinante l’esistenza stessa del direttore, con essa non si esaurì, tuttavia, la sua presenza nella vita civile e sociale, in cui egli s’impegnò nella convinzione che, in assenza di un divieto della Santa Sede relativo al campo politico-amministrativo, si potesse fare molto in ambito sia comunale che provinciale. Candidatosi pertanto in diverse tornate elettorali divenne consigliere provinciale nel 1886 e nel 1889 a Genova e nel 1902 a La Spezia. Il suo impegno nella società civile ligure e, più in generale, nazionale si allargò ad altri ambiti e ad altre cariche; rivestì un ruolo di primo piano nei diversi settori dell’associazionismo operaio cattolico e della vita culturale, con una particolare attenzione al settore scolastico in qualità sia di commissario governativo nella giunta di vigilanza dell’istituto tecnico di La Spezia, sia di membro del consiglio direttivo della Scuola di scienze sociali di Firenze, che nel 1881 gli valse il titolo di cavaliere dell’ordine della Corona d’Italia. Altre cariche ricoprì in campo economico come consigliere o sindaco di numerose società e compagnie industriali, assicurative, edili e creditizie fra gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del Novecento. Ma al di là di tali incarichi che lo immisero a pieno titolo nelle problematiche della società italiana, e in parte gli consentirono di continuare a finanziare la Rassegna, fu indubbiamente la direzione di questa rivista a connotarne la presenza sul piano politico, culturale ed economico nazionale.
A distanza di pochi anni dalla cessione gratuita del periodico all’avvocato Antonio Ciaccheri Bellanti e allo storico e archivista Roberto Palmarocchi, da Passano si spense a Firenze il 22 febbraio 1922.
Fonti e Bibl.: Per la ricostruzione genealogica della casata da Passano è fondamentale l’archivio di famiglia conservato a San Venerio (La Spezia), il cui riordino è stato avviato dalla Soprintendenza archivistica per la Liguria con un primo elenco di consistenza della documentazione a opera di Andrea Lercari e Bruna La Sorda. Nella stessa sede è depositato l’Archivio Manfredo da Passano, che consta di tremila corrispondenti ordinati in fascicoli nominativi per un arco cronologico compreso, tranne alcuni riferimenti anteriori e successivi, fra il 1845 e il 1932. La scheda relativa è inserita nel Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche (SIUSA) e disponibile on-line all’indirizzo: http://siusa.archivi. beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag= comparc&Chiave=138694. Il saggio descrittivo di B. La Sorda, L’archivio M. d. P.: uno spaccato del movimento cattolico liberale, presentato al Convegno Testimoni silenziosi: gli archivi del territorio, svoltosi a La Spezia il 30 novembre 2011, è disponibile in formato digitale sul sito della Provincia della Spezia: www.provincia.sp.it. Documentazione di e su da Passano è presente anche nelle Carte Bonomelli della Biblioteca Ambrosiana di Milano e nelle Carte Salvago, conservate presso la Badia di Tiglieto (Genova) e la villa di Campale (Alessandria), proprietà degli eredi Salvago Raggi. Inoltre: V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, V, Milano 1932, pp. 176-179 O. Confessore, Gli Annali cattolici 1863-1866, in Annali della facoltà di lettere e filosofia e di magistero dell’Università degli studi di Lecce, II (1964-65), pp. 157-210; G. Licata, La Rassegna nazionale. Conservatori e cattolici liberali italiani attraverso la loro rivista (1879-1915), Roma 1968, pp. 321, 340, 442; P.L. Ballini, Il movimento cattolico a Firenze (1900-1919), Roma 1969, ad ind.; O. Confessore, Consevatorismo politico e riformismo religioso. La Rassegna nazionale dal 1898 al 1908, Bologna 1971, ad ind.; Ead., M. d. P., in Figure e gruppi della classe dirigente ligure nel Risorgimento, Genova 1971, pp.155-199; Ead., Cattolici col Papa, liberali con lo Statuto. Ricerche sui conservatori nazionali (1863-1915), Roma 1973, ad ind.; Ead., L’Americanismo cattolico in Italia, Roma 1984, pp. 79, 84, 89, 93 s., 98, 105, 107, 112, 130, 153, 171; P.L. Ballini, La destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, pp. 106, 118, 196 s., 200, 218 s., 224; G. Ignesti, Il tentativo conciliatorista del 1878-1879. Le riunioni romane di Casa Campello, Roma 1988, ad ind.; O. Confessore, I cattolici e la ‘fede nella libertà’. «Annali cattolici», «Rivista universale», «Rassegna nazionale», Roma 1989, ad ind.; Ead., Cultura, religione e società. Cattolici e liberali tra Otto e Novecento. Percorsi di ricerca, a cura di A.L. Denitto, Galatina 2001, ad ind.; P. Scoppola, Attualità di una tradizione, in Cattolici e liberali. M. d. P. e la «Rassegna Nazionale», a cura di U. Gentiloni Silveri, Roma 2004, pp. 9-19; U. Gentiloni Silveri, M. d. P. e il movimento dei cattolici liberali, in I signori da Passano. Identità territoriale, grande politica e cultura europea nella storia di un’antica stirpe del Levante Ligure, in Giornale storico della Lunigiana e del territorio lucense, n.s., LX-LXII (2009-2011), pp. 789-807; B. La Sorda, La causa d. P. contro Moroni: una difesa d’onore, ibid., pp. 809-857; Ead., M. d. P. Storia di un impegno civile, in I da Passano dal Medioevo all’Unità d’Italia, Sarzana 2011, pp. 27-39.