MANFREDINO di Alberto (Manfredino da Pistoia)
La prima attestazione archivistica relativa a questo pittore, documentato a Pistoia e Genova dal 1280 al 1293, risale al 30 ag. 1280, quando comparve in qualità di testimone per un pagamento versato all'Opera di S. Jacopo di Pistoia dagli eredi di un certo Vincenzo di Jacopo. Il 15 ottobre dello stesso anno M. percepì una somma per l'esecuzione di un affresco (perduto) collocato nella chiesa cittadina di S. Zenone, al di sopra dell'altare dedicato a S. Procolo. Il pagamento di 40 lire risulta annotato in un registro di spese dell'Opera di S. Jacopo (Bacci, 1897 e 1910, p. 96).
Privi di probanti testimonianze documentarie o sicuri esiti pittorici appaiono il periodo formativo e i primi anni di attività di M., per i quali è possibile comunque ipotizzare un precoce contatto con gli aggiornati esiti cimabueschi, secondo vari studiosi conosciuti all'interno del cantiere della basilica assisiate (Toesca; Marcenaro, pp. 118-120; Battisti). Questa ipotesi è stata rifiutata da una parte della critica, propensa piuttosto a ricercare in ambito fiorentino l'eventuale occasione che diede origine alla profonda assimilazione da parte di M. dei nuovi stimoli pittorici (Donati, 1972, pp. 147-149; Bellosi, p. 266).
Non oltre il 1280 dovrebbe risalire la realizzazione del polittico raffigurante la Madonna col Bambino tra s. Michele, s. Giovanni Battista, s. Dionisio e s. Nicola della collezione Acton di Firenze (Donati, 1972, p. 149; Bacchi, pp. 315 s.), accostato per la prima volta all'attività di M. da Longhi (1948: per l'opera si vedano anche Marques, p. 290, e Tartuferi, p. 101). In prossimità dell'esecuzione del dipinto della raccolta fiorentina è stata collocata inoltre la sinopia con la Vergine e il Bambino tra i ss. Jacopo e Zenone riemersa nel 1959 in corrispondenza della lunetta della porta d'ingresso meridionale del duomo pistoiese (Donati, 1972, p. 149). Al lavoro risulterebbe però collegato un documento del 1260; e per esso altri studiosi hanno avanzato pure un riferimento a Lapo da Firenze (Conti, pp. 110 s.) o un più cauto inserimento all'interno dell'esiguo catalogo di M. (Neri Lusanna, 1984, p. 130 n. 16; Tartuferi, p. 101).
Alla medesima fase del percorso figurativo di questo pittore è ascritto l'affresco con il Cristo Pantocratore tra i ss. Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e angeli del catino absidale della chiesa di S. Bartolomeo in Pantano, proposta ripresa con qualche cautela negli anni seguenti (per la vicenda critica dell'opera si veda anche Tartuferi, pp. 101 s.).
Nell'ambito della ricostruzione dell'esperienza di M., ricopre ancora un ruolo importante l'Ascensione e apostoli che impreziosisce l'abside della chiesa pistoiese di S. Maria di Ripalta, impresa artistica di cui è stata fornita una prima descrizione a conclusione dell'intervento di restauro che ne ha permesso il recupero con il fondamentale ritrovamento di un'iscrizione recante la data 1274 che ne consentirebbe di conseguenza l'inserimento nella prima fase dell'attività di M. (Neri Lusanna, 1984, p. 128, e 1992, pp. 33-38).
Ancora presente a Pistoia nel 1291, nel corso dell'anno successivo M. era attivo a Genova, dove realizzò alcuni affreschi nella chiesa di S. Michele a Fassolo.
A seguito della distruzione dell'edificio, dell'intervento di M. rimangono unicamente due frammenti raffiguranti la Cena in casa del fariseo e un S. Michele (Genova, Museo di S. Agostino, già Accademia Ligustica). Una terza immagine con la monumentale rappresentazione di S. Michele andò distrutta (Luxoro; Bacci, 1910, p. 97). A Tammar Luxoro si deve inoltre la segnalazione di altri affreschi da lui rintracciati in una sala del castello di Andora, testimonianze considerate perdute già a partire dai primi anni del XX secolo.
La Cena in casa del fariseo proveniente dalla zona centrale dell'abside principale di S. Michele, sulla base di quanto segnalato dalle fonti ottocentesche recava lungo il bordo inferiore l'iscrizione, oggi quasi del tutto illeggibile, con il nome dell'autore ("Magister Manfredinus Pistoriensis") e la data del maggio 1292; mentre nel riquadro con S. Michele, verosimilmente inserito in origine a destra di una monofora e parte di una scena più complessa (Migliorini, p. 393 fig. 538), è ancora leggibile in basso a destra l'iscrizione "Magister Manfredinus" (Staglieno - Belgrano, p. 39). Potendo avvalersi unicamente delle notizie riportate dalle fonti locali ottocentesche si dovrebbe pensare che M. fosse giunto nel centro ligure già verso la fine del 1291, chiamato in città verosimilmente proprio per far fronte in breve tempo alla commissione degli affreschi in S. Michele. Secondo Donati (1972, pp. 147 s.), incline tra l'altro a non escludere l'esistenza di più viaggi in Liguria di M. a partire dal 1280, la lettura stilistica delle composizioni ne suggerirebbe una più agevole collocazione negli anni Ottanta del XIII secolo, ipotesi poi seguita da vari studiosi (Bacchi, p. 316; Marques, pp. 200, 290; Tartuferi, p. 48), ma messa in dubbio da Giovanni Romano.
Il 5 nov. 1293 M., che risiedeva a Genova nella casa di proprietà di Vivaldino Vivaldi, in contrada S. Francesco, affidò il proprio figlio Obertino al maestro corazzaio Ton da Firenze, il quale accolse come apprendista il giovane nella propria bottega per un periodo di otto anni (Alizeri, p. 393). La lettura di questa attestazione archivistica, oltre a confermare la più che probabile presenza di M. a Genova per tutto il 1293, potrebbe anche indirettamente far trasparire un'intenzione da parte dell'artista di stabilirsi in terra ligure quantomeno per alcuni anni. Non paiono esistere invero dati che confermino un repentino ritorno di M. in patria, a eccezione dell'inserimento all'interno della sua ultima attività della tavola raffigurante la Madonna col Bambino e due angeli conservata nella chiesa di S. Andrea a Mosciano (Scandicci), proposta che ha però sollevato in alcuni casi forti dubbi (Neri Lusanna, 1984, p. 130 n. 16).
Contraddistinta da una vicenda attributiva molto articolata (Tartuferi, p. 101; Poli), l'ancona è stata considerata testimonianza estrema della produzione di M. (Donati, 1972, pp. 150 s.), con una datazione agli anni Novanta del Duecento, poi anticipata agli anni compresi tra il 1285 e il 1290 (Bacchi, p. 316).
A confermare comunque una maggiore attività di M. in ambito ligure è la presenza nella collezione di G.B. Villa di un suo polittico firmato, opera di cui si persero le tracce sin dalla fine del XIX secolo (Bacci, 1910, p. 98). Non sicura (Tartuferi, p. 58 n. 66) appare l'identificazione dell'opera appartenuta a Villa con il ricordato polittico della collezione Acton di Firenze (Romano), soprattutto per la mancanza in quest'ultimo della firma che secondo gli studiosi contraddistingueva il polittico genovese. Si segnala infine la proposta di identificare il Maestro dell'Infanzia del Battista - così denominato dalle scene provenienti dalla chiesa di S. Andrea della Porta (Genova, Museo di S. Agostino), datate intorno al 1292 - con M. (Di Fabio, 1998, p. 279 n. 32, e 2005, p. 67 n. 74).
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