Porena, Manfredi
, Critico Letterario (Roma 1873 - ivi 1955).
Laureatosi nel 1899 a Napoli col D'Ovidio, insegnò nelle scuole secondarie sino al 1909, quando ottenne la cattedra di stilistica (poi di lingua e letteratura italiana) nell'istituto superiore di Magistero femminile di Roma, del quale, divenuto facoltà di Magistero, fu poi preside (sino al 1943). Socio dell'accademia dei Lincei, diresse (1938-1941) il centro di studi leopardiani di Recanati. Scrisse su Petrarca, Alfieri, Foscolo, Monti, Manzoni, ma soprattutto si occupò di Leopardi e di Dante. La formazione storicopositivistica e il magistero dovidiano lo abilitavano a scorgere quanto di approssimativo fosse contenuto in certo formulismo di derivazione crociana, e anche a individuare il rischio riduttivo intrinseco a procedimenti critici scarsamente consapevoli della complessa essenza di quella totalità che è l'opera d'arte. Il suo anticrocianesimo era però basato su fondamenti di pensiero che gli precludevano ogni vera possibilità di superamento dialettico delle tesi rifiutate. Partendo infatti dal principio della relatività del bello, che è alla base dell'estetica ‛ psicologica ' tedesca, e dall'eclettismo ed empirismo metodologici del D'Ovidio, ne derivava la difficoltà di riconoscere la specificità dell'arte e d'intendere la natura dialettica del rapporto contenuto-forma. Non a caso nella sua critica sono scarse o mancano le valutazioni di ordine propriamente estetico; ciò non solo probabilmente per coerente scelta (" ufficio vero del critico non è il sentenziare, ma il far comprendere pienamente al lettore tutto quello che il poeta ha davvero voluto dire... il giudizio sorgerà poi spontaneamente nell'animo del lettore ") ma anche per un certo disagio metodologico.
I suoi studi danteschi sono in buona parte volti a intendere particolari aspetti della cultura di D. o dei riferimenti storici del poema, a risolvere specifici problemi ermeneutici e anche testuali: D. e Geri del Bello, Napoli 1900; Delle manifestazioni plastiche del sentimento nei personaggi della D.C., Milano l902 (lo scritto più ricco di notazioni di natura estetica); Il disegno dell'Inferno dantesco, in " Giorn. d. " IX-X (1902); Due conferenze dantesche, Napoli 1908 (letture dei canti IV e XXI del Purgatorio); Note di lingua e di stile, ibid. 1908; Il contrasto nella D.C., in " Rivista d'Italia " maggio 1913 (sugli esiti espressivi derivanti dalla giustapposizione di termini opposti); D. e Roma, in Dante, Milano 1921; Pape Satan, in " Nuova Cultura " dic. 1925; S. Francesco e D., in " L'Illustrazione italiana " dic.-genn. 1925-26; Fra Stige e Dite, in " L'Arcadia " 1926; La mia " Lectura Dantis ", Napoli 1932 (contiene la conferenza Il Regno della pena eterna e letture dei canti IX, XVII, XXVI, XXX dell'Inferno; III, V, VI, XV, XVI, XXII del Purgatorio; III, XXIII, XXV, XXXII del Paradiso); Sull'ordinamento del paradiso dantesco, Roma 1932 (già in " Atti Accad. Arcadi " VII-VIII [1931]); Il titolo della D.C., in " Rendic. Accad. Lincei. Classe Scienze morali " s. 6, IX (1933); Matelda, in " Atti Accad. Arcadi " XI-XII (1934-35); [con G. Ferretti], I due tempi della composizione della D.C., in " La Rassegna " XLIV (1936); Cacciaguida, in Studi su D., Milano 1940; Questioni e questioncelle dantesche, in " Rendic. Accad. d'Italia " s. 7, IV (1943); Le colpe rimproverate da Beatrice a D., in " Memorie R. Accad. d'Italia " 1944; Il " folle volo " dell'Ulisse dantesco, in Annuario del Magistero Maria SS. Assunta, Roma 1945-46; La D.C. e il viaggio di Maometto nell'oltretomba narrato nel " Libro della Scala ", in " Atti Accad. Lincei - Rendiconti " s. 8, V (1950).
Al vertice di tale attività di ricerca si colloca il commento alla Commedia, Bologna 1946-47 (in un certo senso preceduto dal giovanile Commento grafico alla D.C., Palermo 1902), ampliato e riveduto per una seconda edizione (ibid. 1954-56), che ha avuto larga fortuna nelle scuole. In esso si ritrovano tutte le qualità positive e tipiche del critico, l'informazione e l'esattezza, unite alla penetrazione, all'equilibrio, allo scrupolo della chiarezza, alla cautela nelle proposte ermeneutiche. Originale è la sua inelusa attenzione all'aspetto esterno della struttura del poema e preziose sono quasi sempre le sue competenti spiegazioni dei luoghi pertinenti al sistema scientifico dantesco.
Bibl. - B. Croce, in Conversazioni critiche, I e II, Bari 1915; M. Apollonio, in " Aevum " XXIII (1949); E. Carrara, in " Giorni stor. " CXXVI (1949); U. Bosco, ibid. CXXXII (1956); G. Natali, in " Studi Romani " VII (1957); A. Schiaffini, in " Appendice ai Rendic. Accad. Lincei ", Roma 1957; F. Schneider, in " Deutsches Dante-Jahrbuch " XXV-XXVI (1957); G. Natali-U. Bosco, in Letteratura italiana. I critici, III, Milano 1969.