LUALDI, Maner
Nacque a Milano il 23 dic. 1912 da Adriano e da Wanda Stabile de Sailmberg.
Il padre era direttore d'orchestra, compositore e critico musicale molto apprezzato, nonché direttore dei conservatori di Firenze e Napoli e organizzatore del Festival internazionale di musica di Venezia; lo studio della musica e la passione per il teatro furono alla base della formazione culturale del L. e sarebbero divenuti il presupposto della professione da lui esercitata negli anni della maturità, quella di impresario teatrale, in cui profuse le energie di un temperamento dotato di un notevole spirito d'avventura.
Fu proprio il carattere avventuroso che portò il L. a cimentarsi, sin dalla prima gioventù, in audaci raids aeronautici e anche automobilistici dai quali trasse spunto per reportages giornalistici, spesso poi pubblicati in volume, su cui si fondò la sua carriera di inviato speciale, principalmente per La Stampa e per il Corriere della sera.
Pilota dell'Aeronautica militare, nell'estate del 1935 partecipò alla guerra in Africa orientale con la 15ª squadriglia da bombardamento battezzata la "Disperata", al comando di G. Ciano. Tra il 1937 e il 1938 si colloca l'episodio che gli dette la prima notorietà, il raid aereo da Torino a Rawalpindi, alle falde dell'Himalaya, e ritorno, a bordo di un CA 310, con cui stabilì un primato della categoria coprendo 24.000 km in 54 ore. Nel 1939 vinse il premio istituito da Il Popolo d'Italia, per aver effettuato il più rapido collegamento tra Roma e Addis Abeba con un volo senza scalo di 4500 km in 11 ore e 25 minuti.
Durante la seconda guerra mondiale, come inviato della Stampa, seguì in particolare i combattimenti sulla Manica tra l'aeronautica tedesca e quella britannica, cui partecipò a fianco degli alleati tedeschi; la "battaglia d'Inghilterra", insieme con altre imprese aeronautiche, è narrata, con dovizia di particolari tecnici e militari, in Centomila chilometri di volo in pace e in guerra (Milano 1942).
Nel dopoguerra continuò a praticare raids fra cui spicca quello compiuto nel gennaio 1949, a scopo benefico, al fine di raccogliere fondi per i "mutilatini" di don C. Gnocchi, da Torino a Rio de Janeiro e Buenos Aires, reso ancora più avventuroso da un uragano che fece deviare il velivolo dalla giusta rotta. Inviato speciale del Corriere della sera durante la guerra di Corea, il L. vi prese parte in prima linea, a fianco degli Americani, in una missione aerea su un caccia a reazione B-29 contro gli Yak sovietici. Il resoconto di questa esperienza si legge in Le paure del secolo. Corea, Indocina, Africa 1951 (ibid. 1951), in cui la descrizione dell'Indocina e l'analisi della delicata situazione politica internazionale si integrano con la resa puntuale dell'atmosfera esotica; una parte del libro è inoltre dedicata al raid automobilistico Milano-Tripoli-Mogadiscio, effettuato dal L. con una Alfa Romeo, attraverso le ex colonie italiane.
Il 23 sett. 1951 il L., accompagnato da un operatore cinematografico, iniziò una nuova trasvolata, promossa dal Corriere della sera, a bordo di un piccolo aereo, costruito quello stesso anno dalla Macchi (il "Macchino") - lungo appena 6,5 m per un peso di 420 kg, ma dotato di un serbatoio supplementare che gli permetteva di coprire senza scalo 1200 km - con cui da Milano avrebbe dovuto raggiungere l'Australia. Il viaggio, tuttavia, si concluse fortunosamente dopo 16.000 km di volo a causa dell'imperversare dei monsoni che costrinse il L. a un atterraggio disperato nella giungla nell'isola di Sumatra. Resoconto di questa impresa è Naufragio nella jungla (ibid. 1952), in cui - di là dalla narrazione - si possono apprezzare sia le note di costume sui paesi visitati durante le tappe del viaggio sia le ponderate riflessioni sulla colpevole incomprensione del colonialismo europeo nei confronti delle diverse civiltà con cui era entrato in contatto. Nel 1953 il L. realizzò una nuova impresa seguendo, sempre con un piccolo aereo (l'Ambrosini-Girfalco), il percorso, alla volta dell'Artide, del dirigibile Italia di U. Nobile, in ricordo di R. Amundsen, perito 25 anni prima nel tentativo di ritrovare e soccorrere i dispersi di quel celebre disastro; tale evento gli valse, nel 1954, una medaglia d'oro ed è puntualmente ricordato in Silenzio bianco. Cronache dell'Artico (ibid. 1953). Nel 1968 partecipò ancora al raid automobilistico Roma-Pechino, conclusosi a Canton, giacché tutti i partecipanti furono espulsi dalle autorità cinesi.
Nel dopoguerra il L. aveva affiancato a queste sue imprese e al giornalismo l'attività di operatore culturale, intrapresa con grande professionalità. In particolare si dimostrò un valido organizzatore di eventi teatrali a Milano, città in cui risiedeva. Il suo esordio come impresario risale al 1946, quando assunse la direzione del teatro Excelsior dove promosse il Festival degli autori italiani.
Si trattava di una sorta di torneo teatrale di atti unici, organizzato alla stregua di una competizione sportiva, nel quale erano impegnati nove autori (rispettivamente divisi in tre terne, con votazioni da parte del pubblico ed eliminatorie), con lo scopo sia di riuscire a vivacizzare l'ambiente con il coinvolgimento degli spettatori sia di presentare autori noti o emergenti della scena italiana (fra cui figurarono, infatti, G. Loverso, E. Emanuelli, A. Campanile, G. Vigorelli, D. Buzzati, G. Mosca, E. Flaiano, L. Longanesi, S. Giovaninetti).
Sempre nel 1946 il L., su richiesta di P. Grassi, ospitò all'Excelsior la rappresentazione di Piccoli borghesi, di M. Gor(kij, con la regia di G. Strehler, che costituì una sorta di anteprima del futuro Piccolo Teatro; l'anno seguente fondò e diresse con P. De Filippo la compagnia Palcoscenico dell'Arlecchino. Nel 1955 presentò al teatro Olimpia il Teatro delle 15 novità, riproponendo il collaudato meccanismo della gara, con relativa votazione da parte degli spettatori per la pièce preferita.
Il L. curò personalmente la regia di tutti gli spettacoli, rappresentati settimanalmente, dimostrando una notevole apertura culturale nella particolare scelta di testi anticonformisti o di autori non ancora affermati, di alcuni dei quali intuì subito il talento (fra gli autori: O. Vergani, Buzzati, I. Montanelli, Mosca, C. Manzoni, A. Moravia, Campanile, Longanesi, G. Marotta e B. Randone, S. Pirandello, A. Loria).
Dal 1959 assunse la gestione del S. Erasmo, fondato nel 1953 da C. Lari e da L. Ferro, di cui apprezzava particolarmente la peculiarità dello spazio scenico, a pianta centrale - che permetteva un contatto immediato e diretto con il pubblico, dal L. sempre perseguito -, dove continuò a portare avanti la sua politica di promozione della produzione teatrale italiana contemporanea. La sua direzione durò sino al 1967, anno in cui per problemi economici, fu costretto a lasciare.
Al S. Erasmo, come negli altri teatri che aveva diretto, il L. curò la regia di molti spettacoli, tra i quali: Il kibbutz di Montanelli, La campana della tentazioni (commedia di Mosca liberamente tratta da Lisistrata di Aristofane) e La cena della beffe di S. Benelli nel 1961; La fiaccola sotto il moggio di G. D'Annunzio nel 1963; L'avaro di Molière e Otello di W. Shakespeare nel 1964; Tutto per bene di L. Pirandello ed Edipo re di Sofocle nel 1966.
Del curriculum del L. come regista si ricordino ancora la prima rappresentazione nel XX secolo della commedia di Pietro Aretino Il marescalco, di cui curò anche la riduzione, al teatro Olimpico di Vicenza nel settembre 1960; e una memorabile edizione di Romanticismo di G. Rovetta, rappresentata in occasione delle celebrazioni per il centenario dell'Unità d'Italia, il 9 ott. 1961, alla Piccola Scala di Milano.
Si cimentò anche nella regia di opere liriche dirigendo al teatro Comunale di Firenze, nella stagione lirica 1953-54, Il console di G. Menotti e La figlia del re del padre, A. Lualdi. Per il Maggio musicale fiorentino firmò le regie di Agnese di Hohenstaufen, di G. Spontini, e de Il diavolo nel campanile, di A. Lualdi, nel 1954, nonché di Falstaff di G. Verdi l'anno successivo. Scrisse inoltre, sempre per il padre, il libretto dell'opera Lumawig e la saetta: leggenda in un atto e due quadri (Milano 1937), di cui curò la regia alla Scala di Milano nel maggio 1956; per la Piccola Scala, nella stagione 1963-64, mise in scena Il ritorno di Ulisse di C. Monteverdi nella versione di L. Dallapiccola.
Generalmente la critica apprezzò nelle regie del L., soprattutto quelle degli spettacoli di prosa, il ritmo e la capacità di coinvolgere il pubblico; le stesse rivisitazioni dei classici, seppure attuate con il dovuto rigore filologico, furono generalmente caratterizzate da un tono vivace e sostenuto, quasi da vaudeville.
Attivo alla televisione e alla radio, dove curò alcune rubriche fisse, fu direttore delle riviste aeronautiche Ala d'Italia e Spazio. Per il cinema, nel 1951, diresse con L. Bonzi Una lettera dall'Africa e nel 1953 produsse Eroi dell'Artide, il documentario di L. Emmer, ispirato alle imprese aeronautiche.
Il L. morì il 13 sett. 1968 a Trieste, dove si trovava per un periodo di riposo dopo le fatiche del raid Roma-Pechino.
Fra i suoi scritti vanno ricordate, oltre ai libri attinenti all'impegno di giornalista e inviato speciale - dei quali si vedano ancora Voli di guerra in Africa, prefaz. di G. Valle, Milano 1936; Italiani per aria, ibid. 1968 -, due operette, dal tono favolistico e moraleggiante: La rivoluzione di Sepino (Torino 1944) e Storia magica del professor Alan (Roma 1946).
Fonti e Bibl.: Necr., in Corriere della sera, 15 sett. 1968 (G. Mosca); R. De Monticelli, in Il Giorno, 11 nov. 1961; Id., ibid., 14 genn. 1962; G. Brera, Prefazione a M. Lualdi, Italiani per aria, cit., pp. 11-17; E. Pozzi, I maghi dello spettacolo: gli impresari italiani dal 1930 ad oggi, Milano 1990, pp. 164 s.