maneggiare
Il verbo è in Fiore CLXXIV 5 Chi 'l su' amico [non] pensa di pelare, / infin ch'egli aggia penna in ala o in dosso / ... quella cotal dovria l'uon maneggiare; / ché quanto ch'ella costa più di grosso, / più fia tenuta cara, dir lo posso, / e più la vorrà que' tuttor amare (cfr. Roman de la Rose 13697 ss. " Fole est qui son ami ne plume / Jusqu'a la darreniere plume; / Car, qui meauz plumer le savra, / C'iert cele qui meilleur l'avra, / E qui plus iert chiere tenue, / Quant plus chier se sera vendue "), dove pone un delicato problema d'interpretazione.
Nella sua edizione il Parodi ha soppresso il non al v. 1, spiegando " quella merita di governare, di avere in mano sua, l'uomo "; cfr. Nota al testo, p. 147: " Ho soppresso il non (quantunque abbia appiglio in Rom., 14639: ‛ Fole est qui son ami ne plume '), perché solo così mi riesce chiaro nel v. 5 il verbo maneggiare... e inoltre l'insieme. Forse l'A. lo scrisse dapprima, seguendo Rom.; poi cambiò il giro della frase, riprendendosi dal v. 14641: ‛ qui miex plumer le saura, C'iert cele qui mieldre l'aura ', e, o dimenticò di cancellare il non, o la cancellatura non fu capita. Se no, bisognerebbe dar a maneggiare il dubbio senso di ‛ maltrattare ', o supporre un errore per magagnare, misagiare (?) o chi sa che ". Sembra invece da accogliere l'ipotesi scartata dallo studioso, mantenendo il non al v. 1 (che trova conferma nel romanzo), e dando a m. il senso di " malmenare ", " maltrattare ", ben documentato per il francese antico maneier. Se ne ricava un senso che pare più perspicuo: nel suo procedere un po' paradossale, la Vecchia invoca una vendetta sulla donna che si rifiuta di ubbidire ai suoi precetti, dettati da una ricca esperienza di vita. Non si dimentichi che nella sua giovinezza ella aveva donato tutti i suoi guadagni a un ribaldo, che la chiamava in cambio puttana comune e le battea la schiena ben sovente (CXCII 1-8).