MANASSE
. Re di Giuda, regnò circa dal 689 al 641 a. C., succedendo in età di 12 anni a suo padre Ezechia (v.). Il suo regno lunghissimo (di 55 anni secondo II [IV] Re, XXI,1, ma la lezione è dubbia) fu contemporaneo a quello dei re assiri Sennacherib, Assarhaddon e Assurbanipal, dei quali M. fu vassallo. All'interno il suo regno fu in massima parte una reazione netta e radicale contro il periodo di suo padre Ezechia: come Ezechia era stato ardente fautore dello jahvismo, sotto l'ispirazione specialmente del profeta Isaia, e ostile a influenze straniere sul nazionalismo giudaico, così M., rientrato nell'influenza della civiltà dell'Assiria attraverso i circoli di corte che lo dominarono fino da fanciullo regnante, fu poi ardente fautore della civiltà assira e per diretta conseguenza anche del sincreti smo idolatrico. Sotto M. gli dei assiri e di altre nazioni furono veneratissimi nel regno di Giuda; nello stesso tempio di Gerusalemme furono innalzati altari a quelle divinità e vi fu praticata anche la prostituzione sacra (II [IV] Re, XXIII, 3 segg.). Il dio antropofago Moloc (v.) fu onorato da M. col sacrificio del proprio figlio (ivi, XXI, 6; cfr. XXIII, 10), ed ebbe un luogo sacro speciale nella Valle di Hinnom. M. perseguitò con grandi stragi gli jahvisti fedeli all'antico indirizzo, e la tradizione secondo cui Isaia (v.) sarebbe stato martirizzato da M., benché assai tardiva, è del tutto verosimile.
Il solo Cronista (II Cron., XXXIII, 11 segg.) dà la notizia che, a un certo punto, M. fu portato dagli Assiri prigioniero in Babilonia, ma liberato più tardi e ritornato a Gerusalemme passò alla corrente profetico-jahvistica, favorendola zelantemente e dandosi a distruggere le conseguenze del suo precedente atteggiamento. La stessa sorte di M. subì dagli Assiri Necao principe di Sais sul Delta egiziano (deportato in Mesopotamia e poi rimandato nei suoi dominî); come pure la deportazione in Babilonia (invece che in Assiria) si spiega col fatto che il monarca assiro di quel tempo, impadronitosi nel 648 a. C. di Babilonia, vi dimorò frequentemente per sorvegliarla dappresso. Sembra dunque che il fatto avvenisse sotto Assurbanipal.
La preghiera di Manasse. - La più antica testimonianza d'una liberazione a mezzo di preghiera del re deportato e incarcerato ci viene riferita da S. Giovanni Damasceno, sotto l'autorità di un tal Africano (Sacra Parallela, lit. E. tit. VII; in Patr. Graeca, XCV, 1436). Certo nel sec. III d. C. la Didascalia sira cuciva IV Re, XXI,1-16 con una preghiera di Manasse, senza dare segno alcuno di dipendenza da fonte estranea. Ora questa preghiera è inserita nel codice alessandrino della Bibbia in greco. Tutto converge a fare supporre che la prima origine della recensione attuale rimonti appunto alla Didascalia: per tal modo la Siria e il sec. III potrebbero essere assegnati a luogo e tempo della sua composizione. Nella Volgata si trova annessa, sebbene senza altro intento che quello di conservare un antico documento, molto usato tuttora nella liturgia, per quanto non canonico. In essa il re tormentato chiede perdono dell'avere pmpugnato l'idolatria, e si raccomanda con cuore contrito al Dio dei penitenti, che quindi come tale è più proprio di questi che dei Patriarchi innocenti. Più che la liberazione effettivamente chiede di non essere dannato alle pene dell'abisso sotterraneo, mentre unisce la sua lode a quella delle potestà celesti. Della preghiera di M. esiste una versione greca (in Swete, The Old Testament in Greek, III, 3ª ed., Londra 1906, 824 segg.) e una versione armena in Libri non canonici del Vecchio Testamento, Venezia 1896, 235 segg. (in armeno).
Bibl.: Fr. Nau, Un extrait de la Didascalie: la prière de Manassé, in Rev. Orient Chrét., 1908, pp. 138-40; H. H. Howorth, The prayer of M. and the book of Esther, in Proceed. Soc. bibl. arch., XXXI (1909), pp. 89-99.