MAN RAY
. Pittore, fotografo, regista, nato a Philadelphia il 27 agosto 1890, e morto a Parigi il 18 novembre 1976. Esponente tra i più significativi del dadaismo americano e dell'avanguardia europea.
Abbandonati gli studi di architettura, M. R. si dedica alla pittura che, fin dall'inizio, rifiuta nelle forme accademiche e tradizionali. A New York le mostre organizzate dalla galleria 291 di A. Stieglitz e l'importante avvenimento dell'Armory Show nel 1913 lo pongono di fronte alle più stimolanti espressioni dell'avanguardia europea. L'influenza di Stieglitz, che lo inizia anche alla fotografia, e la presenza a New York di M. Duchamp e F. Picabia, catalizzano i suoi interessi; la sua ricerca s'indirizza verso un rapporto rivoluzionario e anticonformista con il prodotto artistico: di qui l'uso dell'aerografo in pittura, della fotografia, all'inizio come mezzo di riproduzione delle proprie opere, la creazione di oggetti caratterizzati sempre da precisi interventi, manipolazioni o assemblages.
Dopo una serie di composizioni d'impronta vagamente cubista, ma su una scala cromatica accesa (1913-14), seguite da opere caratterizzate da forme piatte e disarticolate (1915), nel 1916 M. R. crea due opere importanti che racchiudono motivi fondamentali dei suoi lavori successivi: un autoritratto (su un fondo dipinto due campanelli elettrici, l'impronta della propria mano, un interruttore) che mette in evidenza il senso del mistero, l'ironia, l'attenzione per l'oggetto, e The rope dancer accompanies herselfs with her shadows, una composizione basata sulla ricerca casuale del disegno astratto, sulla cui scia nascono Revolving doors (1916-17), serie di collages di motivi astratti montati su pannelli incernierati. Di questo periodo, che vede M. R. protagonista del dadaismo americano, altre opere emblematiche sono L'Enygme d'Isidore Ducasse (1920) che rivela il precoce interesse per Lautréamont, uno degl'idoli del surrealismo, e la Belle Haleine, che sembra concentrare tutto il senso del suo rapporto con Duchamp, a cui M. R. rimane legato per tutta la vita.
A Parigi, dal 1921, M. R. è accolto con entusiasmo dal gruppo d'intellettuali protagonisti del dadaismo, ormai in declino, e del nascente movimento surrealista. Amico di A. Breton, P. Eluard, L. Aragon, Ph. Soupault, J. Rigaut, T. Tzara, oltreché di M. Ernst, J. Miró, P. Picasso, M. R. è tra i più effervescenti interpreti del periodo tra le due guerre: accanto all'intensa attività di fotografo (gl'innumerevoli ritratti, i Rayografs, fotografie ottenute, la prima volta casualmente, con la semplice interposizione dell'oggetto tra la carta sensibile e la fonte luminosa, le solarizzazioni) e all'esperienza filmica, che inizia con il brevissimo Le rétour à la raison (1923), cui seguono Emak Bakia (1926), Étoile de mer (1928) e il più complesso Les mystères du château de Dés (1929), M. R. crea oggetti come Cadeau (1921, un ferro da stiro con chiodi), Object à détruire (1923, metronomo con occhio), Venus restaurée (1936, calco in gesso legato con spaghi), e grandi dipinti come A l'heure de l'observatoire - Les amoureux (1932-34) e Portrait imaginaire de D.A.F. de Sade (1938).
Nel 1940 M. R. lascia Parigi, occupata dai tedeschi, ritorna negli Stati Uniti, dedicandosi prevalentemente alla pittura. Nel 1948 in una personale alla Bill Copley Gallery a Beverly Hills presenta, fra l'altro, venti Equations for Shakespeare, derivate dai solidi ricavati da formule algebriche dell'Istituto Poincaré che Ernst gli aveva fatto conoscere a Parigi. A questo periodo appartiene anche l'inquietante oggetto Optical hopes and illusions (1944), un banjo con lente d'ingrandimento che sostituisce la cassa e una pallina in movimento.
Appena possibile, nel 1951, M. R. torna a Parigi, l'ambiente che gli è più congeniale, continuando a lavorare, proponendo nuovi oggetti (Ballet français, 1956; Monument au peintre inconnu, 1956; Featherweigl, 1960; Pan peint, 1964; Maison close, 1972, ecc.), dipinti (Marchand de couleurs II, 1958; Image à deux faces, 1959; La voie lactée, 1974), fotografie (Les voies lactées, 1973), che testimoniano la sua inesauribile e gioiosa inventiva nell'uso del paradosso, dell'irrazionale, della semplice illusione, l'uso spregiudicato delle tecniche. Le grandi mostre dedicate alla sua opera, soprattutto quelle di New York (1974-75), di Londra (1975) e di Roma (1975) hanno messo in evidenza quella libertà dello spirito e la gioia per i risvolti enigmatici della vita che hanno animato sempre la sua attività e hanno, senza dubbio, avuto una grande influenza per la generazione attuale. Vedi tav. f. t.
Bibl.: Photographs by Man Ray, 1920 Paris 1934, a cura di J. Thrall Soby, Hartford, Conn. 1934; Man Ray, Selportrait, Londra 1963 (versione francese, Autoportrait, Parigi 1964); G. C. Argan, Rayograph, Torino 1970; Man Ray, Oggetti d'affezione, a cura di P. Fossati, ivi 1970; P. Bourgeade, Bonsoir, Man Ray, Parigi 1972; Janus, Man Ray, Milano 1973; Man Ray, opera grafica, a cura di L. Anselmino, Roma 1974; Man Ray, l'occhio e il suo doppio, catalogo, a cura di M. Fagiolo dell'Arco, della mostra al Palazzo delle Esposizioni, Roma 1975; A. Schwarz, Man Ray. Il rigore dell'immaginazione, Milano 1977.