MAMERTINI (Μαμερτῖνοι, Mamertini)
Nome col quale si denominarono i mercenarî italici, per la maggior parte campani, del tiranno siracusano Agatocle; derivato dal nome osco del dio della guerra (Mamers "Marte").
Dopo la morte di Agatocle (289 a. C.) il governo repubblicano instauratosi in Siracusa dovette venire a patti coi numerosi mercenarî del disciolto esercito del tiranno, a ciascuno di essi fu promessa la cittadinanza e un lotto di terre. Ma, sopraggiunte presto discordie fra gli antichi e i nuovi cittadini di Siracusa, i Mamertini s'indussero ad accettare denaro in cambio delle terre ricevute e ad abbandonare la città. Sulla via del ritorno, però, quando già stavano per salpare dalla Sicilia verso la penisola, riuscirono a impadronirsi a tradimento della città di Messina: uccisi tutti gli uomini adulti, la città, le donne, i beni di essi vennero in possesso dei Mamertini. Ben presto i nuovi padroni di Messina ebbero sparso il terrore in tutta la regione orientale dell'isola a nord di Siracusa: le campagne erano sistematicamente saccheggiate, alcune città furono prese o distrutte, altre sottoposte a tributo (circa 283 a. C.).
Pochi anni dopo (alla fine dell'estate del 278 a. C.), sbarcava Pirro in Sicilia; i Mamertini, ben sapendo che il re d'Epiro avrebbe fatto pagar loro care le violenze commesse a danno delle città siceliote, non esitarono ad allearsi coi Cartaginesi. Ma ebbero la peggio nell'impari lotta: trovatisi presto i Cartaginesi nell'impossibilità di coprire il loro territorio dalle offese di Pirro, i Mamertini furono più volte battuti dai Greci in scontri parziali e sconfitti infine in grande battaglia campale; perdettero la maggior parte dei loro castelli, e solo la decisione, cui Pirro fu costretto, di rinunciare al proseguimento della guerra in Sicilia, permise loro di restare in possesso di Messina. Partito Pirro, i Mamertini rialzarono la testa, incoraggiati e appoggiati dai Cartaginesi. Né si contentarono di riguadagnare le antiche posizioni in Sicilia, ma, accordatisi coi Campani di Reggio, si diedero a scorrazzare anche nel Bruzio, distruggendo Caulonia e occupando Crotone, dopo che ne ebbero massacrato il presidio romano. Toccò allora a Roma stessa prendere le armi contro i temibili predoni; Reggio fu assediata e costretta ad arrendersi; i Campam ivi catturati furono giustiziati, la città restituita ai suoi cittadini greci: Cartagine lasciò fare, Siracusa appoggiò le operazioni dei Romani (270 a. C.). Il colpo fu grave per i Mamertini e la loro potenza ne fu scossa anche in Sicilia; tanto più che Siracusa si andava ora meglio apparecchiando alla lotta, dopo che il pronunciamento di Mergane aveva posto a capo, prima dell'esercito poi dello stato, il valente condottiero Gerone. Gravemente battuto dai Mamertini in un primo scontro presso Centuripe, Gerone attese prima a riorganizzare le milizie siracusane, indi tornò di nuovo a misurarsi coi nemici: i due eserciti, forti ognuno di più di 10.000 fanti e 1500 cavalli, si scontrarono presso il fiume Longano, nella pianura di Milazzo; i Mamertini furono pienamente battuti e per la maggior parte uccisi (265 a. C.).
Più nulla avrebbe ormai potuto salvare Messina dal cadere in mano di Gerone; onde i Mamertini si rivolsero di nuovo all'aiuto di Cartagine, non osando fare la stessa richiesta ai Romani: troppo fresco era il ricordo della terribile punizione inflitta ai Campani di Reggio. I Cartaginesi furono ben lieti di rispondere all'appello dei Mamertini: come lasciarsi sfuggire l'occasione, tanto a lungo invano desiderata, di porre piede sullo stretto? Tosto un presidio Cartaginese fu introdotto nell'acropoli di Messina a protezione della città; e Gerone, poiché una guerra con Cartagine non era nelle sue intenzioni, riconobbe il fatto compiuto e sospese le ostilità contro i Mamertini. Ma non potevano i Romani assistere indifferenti allo stanziarsi dei Cartaginesi sullo stretto di Messina, in una posizione che li rendeva arbitri di interrompere, quando lo volessero, le comunicazioni fra il Tirreno e lo Ionio. D'altra parte i Mamertini non erano affatto entusiasti del protettorato cartaginese; anzi un forte gruppo di essi avrebbe preferito, fin da principio, la presenza di un presidio romano nella città. Il partito filoromano guadagnò rapidamente terreno e - aiutato probabilmente anche dall'attività di agenti romani - finì per prevalere. E così i Mamertini si rivolsero a Roma, sollecitandola ad assumere la loro protezione (264 a. C.). Fu questa, come è noto, la scintilla che accese il grande incendio: lo sbarco di Appio Claudio a Messina segnò al tempo stesso la fine della storia dei Mamertini e l'inizio del duello fra Roma e Cartagine.
Bibl.: A. Holm, Storia della Sicilia, II, Torino 1896, p. 509 segg.; O. Meltzer, Geschichte der Karthager, II, Berlino 1896, passim; K. J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª ed., IV, Berlino e Lipsia 1925, pp. 542 segg., 554, 643 segg.; G. De Sanctis, St. dei Rom., Torino 1907 segg., II, pp. 405, 407; III, p. 92 segg.