MAMBELLI, Marco Antonio, detto Cinonio
Nacque a Forlì nel 1582, unico figlio maschio di Nicolò, di famiglia benestante del vicino paese di Fiordinano di Meldola, e della nobile Barbara Framonti.
D'indole quieta e incline allo studio, s'indirizzò verso la vita religiosa e nel 1606 entrò nella Compagnia di Gesù, presto apprezzato dai superiori per i suoi interessi letterari. Visse inizialmente nel collegio di Forlì, e nella sua città partecipò con il nome di Cinonio ("utile a tutti", cfr. Melzi) alla locale Accademia dei Filergiti, che coltivava interessi letterari e scientifici. Trasferito in un convento di Palermo, verso il 1613 cominciò a scrivere, anche su sollecitazione dei confratelli, l'opera per la quale è più conosciuto, le Osservazioni della lingua italiana, che fin dall'inizio articolò in due libri, dedicati rispettivamente al verbo e alle "particelle". Risalirebbero a quel periodo almeno altri due scritti, di cui dà notizia l'editore P. Berno nell'introduzione all'edizione settecentesca delle Osservazioni (Verona 1722): l'idillio Aci e l'operetta erudita Vindicie intorno la patria di sant'Agata, sulle contese tra Palermo e Catania per il luogo di origine della santa (di cui il M. era devotissimo).
Inviato dai superiori in Germania in una data che non è possibile precisare, vi rimase dieci anni. Al rientro in Italia, in precarie condizioni di salute, si fermò a Ferrara, dove nel 1644 pubblicò la seconda parte Delle osservationi della lingua italiana, dal Cinonio Accademico Filergita raccolte in gratia d'un predicator siciliano, parte seconda, dedicata alle Particelle; tuttavia una nota del M. che compare in fondo all'edizione (p. 812) dichiara che entrambe le parti sarebbero state pronte sin dal 15 ag. 1626.
Il M. progettava di unire le due parti in un volume, secondo quanto scriveva al nipote Filippo Mambelli l'8 ott. 1644 (Hercolani, p. 157), ma morì improvvisamente a Ferrara il 24 ott. 1644.
Dopo la princeps del 1644, si ebbero le successive edizioni della sola Parte seconda, di Ferrara 1657 e 1659. Due amici del M., Daniello Bartoli e Carlo Dati, in contatto con lui già prima della stampa, alla sua morte si sarebbero presi cura della parte sui Verbi, rimasta manoscritta. Bartoli affidò il manoscritto a Dati per la stampa, ma questi, sospettato di volersi attribuire l'opera, rimise tutto nelle mani dei Filergiti, i quali passarono l'incarico ad Alessandro Baldraccani e, dopo la morte di questi, a Giacomo Giandemaria, l'Ignoto tra i Filergiti che nel 1685 fece finalmente stampare a Forlì la Parte prima con le Annotazioni nel frattempo approntate da Baldraccani. Nel 1709 e nel 1711 a Ferrara, a cura di Girolamo Baruffaldi, uscì l'opera completa, in due volumi: prima le Particelle e poi i Verbi (comprendente Le declinazioni de' verbi di B. Buonmattei), in cui Baruffaldi ristampò le Annotazioni di Baldraccani e aggiunse le sue alle Particelle. Il tipografo veronese Berno ripeté l'operazione nel 1722, consolidando la successione delle due parti in ordine inverso rispetto a quello originale. Un'ulteriore edizione fu a Venezia nel 1739.
Già inserite nella Tavola degli autori moderni nella terza edizione (1691) del Vocabolario della Crusca (dalla quale furono eliminate nella quarta edizione) e in altri vocabolari, come il Vocabolario Cateriniano di Girolamo Gigli (Siena 1717), dal principio del XVIII secolo, con l'uscita dell'opera intera, le Osservazioni si imposero all'attenzione dei letterati come un contributo fondamentale nell'ambito di quella che oggi chiamiamo microsintassi: problemi di reggenza, usi pronominali, avverbiali e simili, sui quali gli scrittori avevano frequenti dubbi. Notevole fu l'influenza esercitata sui Brevi commenti di grammatica e di aritmetica (1746) di Alfonso Maria de Liguori, il fondatore dell'Ordine dei redentoristi che aveva tra le sue principali attività l'istruzione popolare. Un'altra buona parte della fortuna dell'opera si deve al fatto che fu adottata come strumento per la formazione grammaticale dei sacerdoti, indispensabile nell'oratoria sacra. Il M. fu inoltre, insieme con L. Salviati, B. Buonmattei e Bartoli, uno dei grammatici prediletti dal filologo Natale Delle Laste, alle cui idee aderì l'abate Antonio Cesari (Librandi, 1993, pp. 378 s.). Vitale (1992) ha messo in luce il rilievo del M. nella correzione di alcuni passi delle Operette morali leopardiane, il che potrebbe spiegare perché proprio a G. Leopardi l'editore milanese A.F. Stella propose di curare un rifacimento, ammodernato e ampliato, delle Osservazioni dopo che nella collana dei "Classici italiani" aveva riproposto le sole Particelle, a cura di L. Lamberti (Milano 1809-13). Leopardi declinò la proposta, intuendo la complessità del lavoro, ma va segnalato nel corso del secolo il persistere dell'attenzione per l'opera del M., e specificamente per le Particelle, che si confermarono a distanza il suo contributo più utile e originale: Basilio Puoti ne redasse un fortunato compendio a uso delle scuole (Parma 1840 e 1847; Venezia 1854; Parma 1871).
Anche se non si può definire propriamente sistematica, l'opera del M. è caratterizzata da una trattazione precisa e meticolosa delle singole questioni e da una grande abbondanza di esempi letterari. Il M. non dichiara esplicitamente alcun modello, ma si colloca nella scia della tradizione grammaticale risalente a P. Bembo e Buonmattei. La terminologia è tradizionale, di derivazione latina, con qualche rara escursione sugli autori volgari (Bembo, L. Castelvetro). La scelta degli esempi, tutti tratti da Dante, Petrarca e Boccaccio, rivela l'adesione a un modello descrittivo fondato sul principio d'autorità. Da sottolineare l'interesse per la sintassi, particolarmente significativo in un'epoca ancora poco attenta a questo aspetto.
Fonti e Bibl.: D. Bartoli, Il torto e diritto del non si può, Venezia 1671, p. 29; A. Hercolani, Biografie e ritratti di XXIV uomini illustri romagnoli, II, Forlì 1835, pp. 153-161; F. Zambrini, Cenni biografici intorno ai letterati illustri italiani, Faenza 1837, p. 131; G. Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani, I, Milano 1848, p. 280; C. Trabalza, Storia della grammatica italiana, Milano 1908, pp. 322-325, 333-336 e passim; F. Foffano, M., M. detto il Cinonio, in Enc. Italiana, XXII, Roma 1951, p. 55; Alfonso Maria de Liguori, Brevi avvertimenti di grammatica e di aritmetica, a cura di R. Librandi, Napoli 1984, ad ind.; M. Vitale, La questione della lingua, Palermo 1984, pp. 191, 310; T. Poggi Salani, Storia delle grammatiche, in Lexikon der romanistischen Linguistik, IV, Tübingen 1988, p. 799; B. Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze 1991, p. 415; M. Vitale, Le correzioni linguistiche del Leopardi alle "Operette morali", in Id., Studi di storia della lingua italiana, Milano 1992, pp. 232, 236, 246, 263; R. Librandi, L'italiano nella comunicazione della Chiesa, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni - P. Trifone, I, Torino 1993, pp. 378, 399; R. Petrilli, Cinonio, in Lexicon grammaticorum, Tübingen 1996, pp. 191 s.; I. Bonomi, La grammaticografia italiana attraverso i secoli, Milano 1998, pp. 58 s.; C. Camugli-Gallardo, M., Marcantonio, dit le Cinonio, in B. Colombat, Corpus représentatif des grammaires, I, Paris 1998, pp. 348-351; L. Pizzoli, Le grammatiche di italiano per inglesi (1550-1776): un'analisi linguistica, Firenze 2004, pp. 87, 274 n., 292 n., 312 n., 313 n.; S. Fornara, Breve storia della grammatica italiana, Roma 2005, pp. 67 s.; C. Robustelli, Grammatici italiani del Cinque e del Seicento. Vie d'accesso ai testi, Modena 2006, pp. 213-268; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, V, pp. 448-451.