MALVEZZI DE' MEDICI, Nerio
Nacque a Bologna il 2 ott. 1856, terzogenito del conte Giovanni, uno fra i maggiori esponenti del liberalismo moderato emiliano, e di Augusta Tanari. Dopo aver conseguito privatamente la licenza liceale all'età di sedici anni, il M. frequentò i corsi di giurisprudenza dell'Università di Bologna, dove si laureò nel 1876, discutendo una tesi sul diritto costituzionale dal Medioevo all'Unità, data alle stampe con il titolo Saggio sul governo costituzionale in Italia (Bologna 1876). La sua precoce attività di studioso, che sembrò per molti anni escludere l'impegno politico, fu favorita dall'importante biblioteca di famiglia, arricchita in particolare dalle collezioni della nonna paterna Teresa Carniani, nota letterata del tempo, amica apprezzata di V. Monti e di G. Leopardi. Nel dicembre 1875 il M. entrò a far parte come socio corrispondente della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, di cui era segretario G. Carducci, presentandovi l'anno successivo due studi sugli statuti della corporazione dei fabbri e dei barbieri, il primo dei quali fu pubblicato negli Atti e memorie della stessa R. Deputazione nel 1877.
Il M. sembrava destinato a un'attività erudita consumata entro le mura della propria casa e tra i dotti studiosi bolognesi, tra cui già primeggiava la figura di Carducci, del quale - sebbene fosse distante politicamente, prima dell'approdo del poeta toscano da posizioni repubblicane e giacobineggianti a posizioni filo-monarchiche - subiva il fascino intellettuale. È del 1877 il suo saggio su L.M. Riario, dotto bolognese del secolo XVII, di cui conservava documentazione anche nella biblioteca di famiglia; a esso seguì l'anno successivo quello su G. Grati, diplomatico felsineo del secolo XV. Entrambi furono presentati alla R. Deputazione di storia patria di Bologna, che anche negli anni successivi accolse altri suoi scritti di carattere prevalentemente erudito.
Una svolta nella vita intellettuale del M. si ebbe alla fine degli anni Ottanta, quando si dedicò a studi di natura politica, influenzato ancor più che dal liberalismo di M. Minghetti, alla cui scuola si era formato, da quello di S. Jacini, esponente di primo piano del partito cattolico-conservatore. Il saggio Pensieri intorno al libro di D. Berti "Giordano Bruno da Nola, sua vita e sua dottrina" (Bologna 1889) - un estratto del quale apparve lo stesso anno anche nella Rassegna nazionale - ebbe vasta risonanza. Lo spunto era stato offerto dalla polemica scoppiata tra clericali e anticlericali e, dopo una brevissima luna di miele, anche fra F. Crispi e il Vaticano per l'erezione in Campo de' Fiori a Roma della statua del filosofo nel luogo in cui era stato condannato al rogo.
La ristampa del libro di Berti su Bruno, la cui prima edizione aveva visto la luce nel 1867, lodata dal recensore per il suo equilibrio e la sua serenità di giudizio, costituiva per il M. l'occasione per criticare coloro che intendevano fare del filosofo nolano la bandiera dell'anticlericalismo. Il M., al contrario, ne metteva in primo piano il pensiero filosofico, che mostrava di apprezzare, ritenendo che non fosse quello di un eretico, come sostenevano clericali e anticlericali, e che anzi avesse una sua elevata dignità intellettuale ancora tutta da studiare. In tal senso sollecitava lo stesso Berti a dare alla luce il già annunciato volume sulla filosofia di Bruno, mentre d'altro canto non si esimeva, come diversi studiosi liberali del tempo, a deprecare il fatto che ancora a distanza di secoli la S. Sede non consentisse di consultare il fascicolo del processo che ne aveva decretato la condanna a morte, sepolto nell'Archivio del S. Uffizio.
Ancor più legati all'attualità furono i due saggi successivi, L'indipendenza del papa e la Francia (in Rassegna nazionale, 1( marzo 1890, pp. 70-92) e Il caso della partenza del papa da Roma (Bologna 1891), in cui il M. affrontò temi scottanti, come quello della definizione dei rapporti tra Chiesa e Stato nei suoi risvolti internazionali e quello della libertà del papa. In particolare, nel secondo dei due saggi, ispirato dalle voci che circolavano sulla stampa cattolica e negli stessi ambienti vaticani intorno all'intenzione di Leone XIII di abbandonare Roma e di recarsi in Francia, il M. espresse il convincimento che, come nel passato, l'indipendenza della S. Sede fosse in contrasto con la preponderanza politica francese in Vaticano. Egli riteneva, per converso, che un avvicinamento dell'Italia al Vaticano avrebbe fatto aumentare il prestigio internazionale di entrambi, in particolare con l'efficace protezione che avrebbe dato l'Italia alle missioni cattoliche in Oriente; il persistere dei dissidi tra Italia e S. Sede, invece, avrebbe rappresentato per la prima una causa di indebolimento diplomatico e politico. Così il M. auspicò, al pari di Jacini e di molti altri liberalconservatori, la costituzione di un partito cattolico nazionale che inducesse il Vaticano a superare le polemiche sulla questione temporale e che lo sollecitasse ad armonizzare i principî della civiltà moderna con quelli cristiani.
L'interesse per gli aspetti politici, soprattutto inerenti ai rapporti tra Stato e Chiesa, lo convinse ad accettare l'invito dei liberali moderati bolognesi a partecipare alle elezioni amministrative. Eletto consigliere comunale nel 1895, da allora e fino al 1900 ricoprì la carica di assessore municipale alla Pubblica Istruzione, impegnandosi per il miglioramento degli istituti scolastici del Comune e della qualità dell'insegnamento.
Nel 1896, a dieci anni dalla morte di Minghetti, pubblicò un articolo commemorativo, nel quale, ricordando come nel 1848 lo statista bolognese avesse ricercato la collaborazione del clero nell'ordinamento dello Stato, ne sottolineava gli accenti cattolico-moderati (Gazzetta dell'Emilia, 27 giugno 1896). Qualche mese prima, il 9 febbr. 1896, aveva pronunciato un discorso in qualità di membro della Deputazione storica bolognese in onore di Carducci per il suo venticinquesimo anno d'insegnamento. Il poeta toscano ricambiò l'onore con la stesura della Prefazione alla seconda edizione delle Lettere di storia e archeologia a G. Gozzadini (1ª ed., Bologna 1897), pubblicata nel 1898. Nel medesimo anno il M. fu tra i fondatori del Circolo Cavour di Bologna, che avrebbe dovuto dare nuovo impulso al partito liberal-moderato della città.
Questa sua attività culturale, politica e amministrativa in ambito cittadino - ma fu anche per diversi anni sindaco di Budrio, di cui era uno fra i maggiori proprietari terrieri - indusse nel maggio 1900 i maggiorenti politici della sua parte a proporlo come candidato nel collegio di Bologna I in sostituzione di G. Sacchetti, nominato senatore del Regno. Eletto deputato, il M., forse per il suo carattere mite - alieno dalle contese e dalle asperità della politica, di cui si era occupato soprattutto come studioso - non fu assiduo frequentatore di Montecitorio e vi prese la parola soltanto sporadicamente su questioni inerenti la Pubblica Istruzione, materia in cui aveva acquisito esperienza nella sua attività precedente di assessore comunale. Rieletto nelle elezioni del 1904, alla Camera si interessò in particolare della sorte degli Archivi di Stato, tanto da essere cooptato in qualità di membro dal Consiglio superiore degli Archivi di Stato. Nel dicembre 1905 il presidente del Consiglio A. Fortis gli affidò il dicastero dell'Agricoltura, Industria e Commercio, intendendo così assicurare una copertura a destra al suo nuovo gabinetto. Il nuovo governo fu attaccato dall'Estrema sinistra, che non gradì la scelta di un esponente in odore di clericalismo come il M., per giunta proprio alla guida del ministero dell'Agricoltura, che era stato nel gabinetto precedente al centro delle polemiche, ed ebbe poche settimane di vita (dal 24 dic. 1905 all'8 febbr. 1906). Dopo l'esperienza ministeriale, il M. si defilò dalla vita politica e nelle elezioni del marzo 1909, dove si presentò nel suo vecchio collegio di Bologna I, non riuscì eletto. Nell'aprile seguente, tuttavia, egli fu nominato senatore per la terza categoria. A palazzo Madama i suoi rari interventi riguardarono soprattutto questioni inerenti le istituzioni culturali.
Frequentatore del cenacolo letterario della regina Margherita durante i suoi soggiorni romani ed estimatore da sempre di Carducci, che aveva favorito in diverse occasioni nei suoi studi, sia con l'aprirgli la preziosa biblioteca di famiglia sia nel mettergli a disposizione documenti d'archivio suoi e dei propri familiari, il M. fu l'esecutore fiduciario della volontà della sovrana di acquistare la biblioteca del poeta toscano, vecchio e malato, che si definì nel febbraio del 1902. Carducci avrebbe tratto un vitalizio del 5% dalla somma di 40.000 lire stimata per la sua biblioteca, somma che alla sua morte sarebbe stata devoluta dalla Real Casa ai suoi eredi, e avrebbe conservato il possesso della biblioteca per il resto della sua vita.
Di un certo rilievo fu il ruolo svolto dal M. durante la prima guerra mondiale. Allo scoppio del conflitto europeo, egli appoggiò la politica neutralista di Giolitti e nel 1916 cercò di dissuadere il direttore del Corriere della sera, L. Albertini, esponente di primo piano dell'interventismo e suo collega al Senato, dal tentativo di spingere il governo a dichiarare guerra anche alla Germania. Nel febbraio 1917 ebbe alcuni contatti con Benedetto XV - conosciuto e stimato durante il periodo in cui questi aveva retto l'arcidiocesi di Bologna e dal quale era stato ricevuto una prima volta in udienza nell'aprile 1915 - per un'azione diplomatica della S. Sede in favore di una pace separata tra Austria e Italia.
Alla base di questa trattativa doveva essere la cessione all'Italia del Trentino e di parte della Venezia Giulia, con esclusione di Trieste, che sarebbe diventata città libera sotto il protettorato italiano. I contatti non ebbero ulteriori sviluppi per le scarse garanzie date dall'Austria, in particolare su Trieste, perché lo stesso pontefice non si attendeva alcun risultato certo dagli sforzi diplomatici della S. Sede, e infine per le riserve d'ordine politico manifestate su tutta la trattativa da P. Boselli. Le memorie inedite del M., parzialmente utilizzate da L. Monzali, da cui è tratta la testimonianza di questa trattativa, si integrano con quelle del barone C. Monti, altro intermediario (per conto del segretario di Stato P. Gasparri) in quegli anni tra Italia e Vaticano, e offrono del papa un ritratto inedito. In particolare, Benedetto XV agli occhi del M. "pareva un uomo d'affari genovese", restio a intervenire pubblicamente, perché "se inascoltato, non giovava parlare" (cfr. Monzali, pp. 329, 339).
Negli ultimi anni il M. si dedicò agli studi storico-eruditi (è del 1923 il suo ultimo lavoro di un certo interesse, Pio IX nei suoi scritti, edito a Milano) e alla cura dell'archivio e della biblioteca di famiglia, che aveva ordinato e aperto agli studiosi.
Il M. morì a Bologna l'11 genn. 1929.
Il 29 giugno 1880 aveva sposato a Milano Augusta dei marchesi Trotti Bentivoglio, dalla quale ebbe un solo figlio, Aldobrandino, che proseguì la tradizione culturale della famiglia.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Presidenza del Consiglio dei ministri, Consulta araldica, f. 1554: Malvezzi Giovanni e Giuseppe e Malvezzi de' Medici Nerio; Arch. di Stato di Bologna, Carte Malvezzi, bb. 25-29; L. Rava, Il marchese sen. N. M. de' M., in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, XIX (1929), 1-3, pp. 1-47 (che contiene in appendice l'elenco delle sue pubblicazioni); Ed. nazionale delle opere di G. Carducci, Lettere, XVIII, 1891-1894, Bologna 1955, pp. 36, 115; XXI, 1901-1907, ibid. 1960, p. 64; M. Biagini, Il poeta della terza Italia. Vita di G. Carducci, Milano 1961, pp. 685, 714, 817; Quarant'anni di vita politica italiana. Dalle carte di G. Giolitti, II, a cura di G. Carocci, Milano 1962, pp. 401, 403; A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1963, p. 391; L. Albertini, Epistolario 1911-1926, I-IV, a cura di O. Barié, Milano 1968, II, pp. 571-573; IV, p. 1802; G. Spadolini, L'opposizione cattolica. Da Porta Pia al '98, Firenze 1972, pp. 200, 319, 646; G. Venturi, Episcopato, cattolici e Comune a Bologna, 1870-1904, Bologna 1976, pp. 136, 285; M. Malatesta, Il Resto del carlino: potere politico ed economico a Bologna dal 1885 al 1922, Milano 1978, pp. 129 s., 155, 162, 173, 179, 182 s.; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana( (1909-1913), Roma 1979, I, pp. 16, 45, 114, 132, 263; II, p. 586; Malvezzi. Storia, genealogia e iconografia, a cura di G. Malvezzi Campeggi, Roma 1996, pp. 203 s.; L. Monzali, N. M. de' M. e le relazioni italo-vaticane nel 1917, in Clio, XXXV (1999), 2, pp. 323-342; F. Cordova, Novecento minore italiano: la vendita della Biblioteca Carducci, in Rass. stor. del Risorgimento, LXXXVIII (2001), pp. 549-568; A. Scornajenghi, La Sinistra mancata. Dal gruppo zanardelliano al Partito democratico costituzionale italiano (1904-1913), Roma 2004, pp. 48 s.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, pp. 137 s.