Malebranche
Nome collettivo dei diavoli guardiani della quinta bolgia (If XXI 37, XXII 100, XXIIII 23, XXXIII 142), " posti a tormentare quelli [i barattieri] che hanno avuto male mani ad uncinare, e pigliare danari e doni di quello che non si dee pigliare " (Buti).
Il nome ben qualifica questi diavoli " [qui] habent ungues curvatas ad rapiendum, et vere sunt malae branchae " (Benvenuto), ed è stato ottenuto con lo " stesso procedimento che gli aveva dettato già il nome di Malebolge, un procedimento, cioè, non puramente fantastico, ma intellettualistico, inteso a sottolineare taluni aspetti della... figura e dei... costumi di questi guardiani infernali attraverso la combinazione di precisi elementi lessicali " (Sapegno).
Di numero imprecisato, ma è da credere grandissimo, i M. hanno in generale un aspetto feroce, sono neri e dotati di ali; pensano sempre " di mal fare ad altrui " (Buti), straziano i dannati, oltre che con gli unghioni, con i raffi o runcigli (XXII 70-74), di cui si servono all'occorrenza per ficcarli dentro (XXI 52-57) o tirarli fuori dalla pegola spessa (XXII 34-36). Volgarissimi nei modi (XXI 137-139) usano con le vittime un linguaggio fortemente realistico, sarcastico e sacrilego (vv. 48-54); più che parlare, gridano quando si trovano d'accordo nel mal fare e nel deliberare; irruenti, minacciosi (D. li assomiglia a cani, vv. 67-71), irascibili, non sanno serbare a lungo la disciplina e si azzuffano fra di loro; obbediscono a Malacoda, il quale sceglie di volta in volta gruppi di dieci di loro che invia a pattugliar lungo l'argine sinistro della bolgia, onde non vi siano dannati ad ‛ accaffare ' fuor di pegola. Ognuno dei M. ha un nome proprio che lo definisce nel carattere o nel fisico; D. ne nomina dodici nel seguente ordine: Malacoda, Scarmiglione, Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello, Rubicante (v. sotto le voci rispettive). Tali nomi sono stati oggetto di spiegazioni; fra i moderni, ingegnosa ma non altro resta l'ipotesi del Rossetti, che nei dodici demoni crede di riscontrare, alterati o storpiati o anagrammati, i nomi dei priori e dei sindaci Neri fiorentini del tempo della pace del cardinal da Prato (1303). Il Torraca, in base a ricerche compiute su documenti toscani, avanzò l'ipotesi, molto più attendibile, che D. abbia coniato i nomi dei diavoli sulla traccia di nomi, cognomi, soprannomi, più o meno deformati, di contemporanei. Un più approfondito e interessante tentativo di precisazione storica è stato compiuto dal Luiso, il quale, in seguito a una precisazione del Barbi circa l'un de li anzïan di Santa Zita (If XXI 38; v. " Bull. " VI [1898-99] 214), ha tenuto a riportatile nel cerchio ambientale di Lucca la possibile dinamica di ideazione dei nomi demoniaci, a cominciar da M. che " è nome di famiglia lucchese ", e continuando con Cagnazzo (nella forma Cagnasso), Graffiacane, Scarmiglione, nomi tutti che figurano nelle carte di quella città. " Se si pensa... che in Lucca il governo dei Neri, cominciato nel gennaio 1300, attraversava ogni opera di pace tra Bianchi e Neri di Firenze, e che Corso Donati.., aveva dei lucchesi tra i suoi più validi appoggi, si sentirà che D. ha inteso, indirettamente ma eloquentemente, di vendicarsi dell'ingiusta accusa di baratteria... rifacendosela per ora con i lucchesi " (Chiari). Comunque sia, i nomi di questi diavoli danteschi " ci riportano dinanzi alla fantasia le figurazioni scultoree del Medioevo, e particolarmente le statue dei diavoli che sporgono dai cornicioni di Notre-Dame di Parigi " (Momigliano).
Bibl. -A. Graf, I Demoni, gli Angeli, le Potenze divine, in Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, Torino 1925; G. Rossetti, Commento analitico [dell'Inferno], Londra 1826-1827; P. G. Lunardi, in " Giorn. d. " XXIX (1926) 68-70; Parodi, Lingua 354- 356; F.P. Lusso, L'anzian di Santa Zita, in Miscellanea Bongi, Lucca 1931; L. Olschki, D., i barattieri, i diavoli, in " Giorn. d. " XXXVIII (1935); A. Chiari, Letture dantesche, Firenze 1939.