MALATYA
(XXI, p. 1006; App. IV, II, p. 375)
Città della Turchia orientale, che domina la piana omonima, tra le montagne del Tauro e dell'Antitauro, non lontano dalla riva destra dell'Eufrate. Nelle epoche che precedettero l'occupazione romana l'insediamento principale si trovava pochi chilometri a nord-est dell'abitato attuale, nel sito di Arslantepe, dove il sovrapporsi di numerosi abitati nel corso di millenni ha formato una collina artificiale dell'altezza di circa 30 m. Scavi condotti dall'archeologo francese L. Delaporte negli anni Trenta avevano messo in luce un complesso palaziale di età neo-ittita (1200-700 a.C.), cui si accedeva attraverso la cosiddetta Porta dei Leoni. Gli scavi della Missione archeologica italiana dell'università di Roma, che svolge nel sito annuali compagne di ricerca, hanno messo in evidenza, con un'indagine estensiva, ampi settori degli abitati dei diversi periodi, consentendo di definirne aspetti funzionali e organizzativi. Tra questi, di particolare importanza sono apparse aree pubbliche con edifici monumentali in mattoni crudi del 4° millennio a.C., che hanno dato informazioni fondamentali sull'origine della prima città e delle più antiche forme di organizzazione ''statale'' nel Vicino Oriente.
Il periodo più antico finora messo in luce è il Tardo Calcolitico (3700-3300 a.C.), caratterizzato da un aspetto culturale che è proprio della regione del Medio e Alto Eufrate ma dimostra evidenti connessioni con l'Alta Mesopotamia. L'abitato di questo periodo occupava l'intera superficie del tell. Nell'area ovest della collina si è rinvenuto un edificio monumentale, in mattone crudo, con muri di rilevante spessore intonacati e dipinti con motivi geometrici in rosso e nero, fiancheggiati in alcuni punti da colonne costruite con lo stesso materiale. Una delle stanze, molto grande e ricca di vasellame anche di grandi dimensioni, appariva probabilmente destinata all'immagazzinamento. L'esistenza di tale edificio, accanto alla produzione in serie di ceramica, come pure alla presenza di oggetti in metallo e di sigilli, indica un già avviato processo di centralizzazione nell'ambito di gruppi con una complessa organizzazione del lavoro.
Nel periodo successivo (Bronzo Antico IA, 3300-3000 a.C.) il sito mostra uno sviluppo decisamente protourbano, che pur essendo fortemente correlato con la contemporanea cultura mesopotamica del Tardo Uruk, mantiene, soprattutto negli aspetti formali, una fisionomia locale. Nell'area sud-ovest della collina è stata portata in luce una serie di edifici pubblici monumentali, il più antico dei quali, di dimensioni molto grandi, pur essendo ancora scavato solo parzialmente, sembra di tipo palaziale ed è caratterizzato da una porta monumentale a camera rettangolare che dà accesso a due corridoi tra loro perpendicolari e a un complesso di magazzini affiancati, ricchi di materiali in situ. Sulla base del diverso contenuto delle due vere e proprie stanze-magazzino, si può individuare per esse una diversa funzione, consistente in un caso nella distribuzione di beni alimentari, nell'altro nella conservazione di derrate, forse per il rifornimento dei magazzini di distribuzione.
Il rilievo ideologico attribuito all'attività connessa con l'immagazzinamento è sottolineato da due dipinti parietali in rosso e nero sul fondo bianco dell'intonaco riproducenti due figure antropomorfe stilizzate con le stesse caratteristiche e in analogo atteggiamento a braccia alzate dietro a una sorta di tavola-altare, che erano disposte sulla parete di fondo della stanza centrale che portava ai magazzini. Questi dipinti, eccezionali per contesto di rinvenimento e stato di conservazione, costituiscono un raro esempio di arte rappresentativa della fine del 4° millennio a.C.
Più di 200 frammenti di cretule, ossia grumi di argilla che servivano a sigillare i contenitori, di cui circa 150 recanti l'impronta di 35 sigilli diversi, sono stati trovati nel magazzino di distribuzione, mentre quasi duemila frammenti con l'impronta di più di cento sigilli erano stati gettati in un particolare luogo di scarico ricavato nello spessore di uno dei muri del grande corridoio. Le caratteristiche di questo scarto di materiale amministrativo, che sembrano far supporre un precedente ordinamento dello stesso materiale, unitamente all'elevatissimo numero di sigilli rappresentati e al tipo di distribuzione delle cretule nella stanza-magazzino indicano l'esistenza di un complesso sistema am- ministrativo centralizzato del tutto simile a quello mesopotamico. I sigilli ricostruiti dalle impronte mostrano un ricco repertorio iconografico contraddistinto da caratteri suoi propri, nonostante la varietà degli stili presenti. Tali stili e motivi s'inseriscono in una tradizione siro-mesopotamica settentrionale, pur non mancando alcuni collegamenti con la glittica del Sud della Mesopotamia.
Anche nel tempio le due stanze affiancate alla cella funzionavano come magazzini rispettivamente di conservazione e distribuzione. La presenza inoltre di uno stretto vano, situato all'angolo nord-est della cella e forse originariamente destinato alla scala per l'accesso al tetto, che era stato poi riempito con strati di rifiuti contenenti numerose cretule recanti l'impronta di più sigilli diversi, suggerisce che anche nell'edificio di culto doveva avvenire, sia pure su scala minore, una concentrazione di beni con relativa redistribuzione sulla quale si esercitava un controllo amministrativo. La ceramica di questo periodo mostra un'esecuzione raffinata e standardizzata che presenta delle affinità col modello mesopotamico nell'adozione di forme e decorazioni, ma mantiene al tempo stesso una marcata autonomia.
Nella seconda fase del Bronzo Antico I (3000-2800 a.C.) si assiste a un cambiamento radicale nel sito con l'avvento di gruppi di tradizione est-anatolica e transcaucasica, e i rapporti con la Mesopotamia sembrano interrompersi bruscamente. Le case sono costruite in materiale ligneo e non più in mattoni crudi, e la ceramica, in larga misura tornita nel periodo precedente, è ora fatta a mano e richiama fortemente nelle fogge la produzione delle aree più nord-orientali. Alla fi-ne del periodo si assiste a una momentanea ripresa della tradizione siro-mesopotamica con un nuovo aspetto a ceramica tornita e case in mattone crudo i cui legami rimangono tuttavia più circoscritti alla fascia settentrionale comprendente l'alto corso dell'Eufrate e, in modo più indiretto, del Tigri. In questo periodo prove di attività metallurgica all'interno del villaggio sottolineano l'importanza tradizionalmente avuta da questa regione ricca di giacimenti metalliferi nella produzione e nello scambio dei metalli del Vicino Oriente.
A partire dal Bronzo Antico ii, verso la metà del 3° millennio, la tradizione est-anatolica si riafferma definitivamente nel sito, dando luogo ad aspetti culturali propri della regione di M. ed Elazig e, nella seconda metà del 3° millennio (Bronzo Antico iii), a una nuova urbanizzazione di matrice anatolica con l'impianto di una sorta di cittadella fortificata. La situazione non sembra modificarsi sostanzialmente durante il Bronzo Medio (inizi del 2° millennio), anche se sono indiziati contatti con l'area centro-anatolica, che costituiscono forse la premessa dei successivi rapporti con il mondo ittita, quando la regione di M. diventerà la periferia orientale dell'impero. Una successione di porte urbiche a camera centrale di chiara ispirazione centro-anatolica conferma infatti l'affermazione dell'influenza ittita ad Arslantepe nel Bronzo Tardo i e ii (1500-1200 a.C.).
Dopo il grande sviluppo in epoca neo-ittita e assira si hanno presumibilmente dei periodi di abbandono del sito, e in età romana l'insediamento principale sembra localizzato nella vicina Eski Malatya (antica Melitene), che, fondata nel 1° secolo d.C., ebbe il suo pieno sviluppo sotto Diocleziano. Un villaggio databile tra 4° e 6° secolo è tuttavia ancora attestato ad Arslantepe, dove chiude la sequenza di abitati, se si eccettua una piattaforma in mattoni crudi, probabile base per un palazzo turco del 9°-10° secolo d.C. Vedi tav. f.t.
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