VENEREE, MALATTIE (XXXV, p. 46)
Il danno prodotto alla società dalle malattie veneree è difficilmente valutabile, dato il segreto che il più delle volte circonda tali affezioni e la conseguente mancanza di dati statistici esatti. Si è cercato tuttavia di stabilire, sia pure in maniera molto approssimativa, quale sia la reale diffusione di esse e quali le conseguenze sociali che ne derivano. Accurate indagini in questo senso sono state compiute in Italia da A. Crosti e da F. Lisi, che esposero i risultati ottenuti al XXX Congresso della Società italiana di dermatologia e sifilografia nel 1936. Le cifre che ne risultano sono impressionanti.
Alla sifilide sarebbe da attribuire infatti la morte di circa 30.000 individui all'anno per le forme acquisite, mentre un'analoga perdita annuale di vite umane si avrebbe in Italia per sifilide congenita, tenendo conto sia degli aborti e nati morti, sia dei soggetti deceduti dopo un periodo più o meno lungo di vita. La morbilità per sifilide, sempre secondo i suddetti autori, sarebbe dell'1,5-2% della popolazione, con 7-800.000 nuovi contagi ogni anno; i figli di luetici più o meno tarati ammonterebbero a 200.000. Se a questo si aggiunge l'elevato numero d'individui temporaneamente o permanentemente minorati per effetto della malattia, i notevoli oneri finanziarî che essa impone per essere adeguatamente curata e l'incalcolabile somma di piccole o grandi tragedie morali e familiari che ne derivano, si avrà un quadro abbastanza completo sull'importanza della sifilide nella nostra società.
Assai meno grave, ma certo non trascurabile, è il danno sociale conseguente all'infezione blenorragica. Il De Amicis, sempre nel 1936, calcolava che in Italia la percentuale dei soggetti contagiati di blenorragia è di circa il 36% per gli uomini tra i 15 ed i 44 anni, mentre oscilla tra l'8 e il 12% per le donne nello stesso periodo della vita. Tenendo conto poi della sterilità che consegue ad alcune complicazioni della blenorragia, sia nell'uomo sia nella donna, il De Amicis calcolava a circa 50.000 il numero annuale delle nascite mancate.
Si è tentato infine di valutare il danno economico prodotto dalle malattie veneree per la riduzione della capacità lavorativa dei soggetti che ne sono colpiti. Sugli 8.200.000 individui addetti in Italia al lavoro manuale in età compresa tra i 15 e 65 anni il Rivelloni calcolava (1936) una perdita annua di1.144.000 giornate lavorative per sifilide e blenorragia.
Limitata invece è l'importanza sociale delle altre due malattie veneree (ulcera venerea e linfogranulomatosi inguinale subacuta o quarta malattia venerea), sia per la loro minore diffusione sia per l'abituale mancanza di complicazioni di qualche gravità.
La guerra e l'agitato periodo del dopoguerra hanno avuto le loro ripercussioni sulla diffusione delle malattie veneree. Secondo una statistica dell'UNRRA, dal 1939 al 1945 la sifilide sarebbe aumentata di 7 volte in Danimarca, di 6 in Norvegia, di 3,5 in Finlandia, di 2,5 in Francia, di 2 in Inghilterra. È da notare però che, specie nei Paesi Baltici dove da tempo vige l'obbligo di denuncia e di cura delle malattie veneree, la morbilità per sifilide era ridotta, prima della guerra, a cifre bassissime. In Italia, se ci si basa sui dati statistici delle cliniche, degli ospedali e dei dispensarî antivenerei, si può dire che in complesso non è stato osservato un aumento molto notevole delle malattie veneree in seguito alla guerra; è da ritenere però che una parte non trascurabile dei nuovi contagi non sia stata rilevata, essendosi verificata durante il passaggio di truppe straniere in zone poco attrezzate dal punto di vista sanitario e dove spesso le donne rifuggono dalla visita medica, specie per affezioni giudicate vergognose. Se così è, le conseguenze di tale stato di cose non mancheranno purtroppo di farsi sentire negli anni futuri con un aumento dei casi di sifilide tardiva e di sifilide congenita.
Per quanto riguarda la blenorragia, l'uso dei sulfamidici e quello ormai comune della penicillina hanno senza dubbio migliorato la situazione poiché, anche se la malattia continua ad essere molto diffusa, i danni che ne conseguono sono certamente meno gravi di quelli che si osservavano qualche anno addietro, molto più rare essendo le complicazioni.
Anche la streptobacillosi di Ducrey (ulcera venerea e sue complicanze), dopo un temporaneo aumento osservato durante la guerra, accenna di nuovo a diminuire e viene d'altra parte facilmente dominata dalla cura sulfamidica, sia locale sia generale; quanto alla quarta malattia venerea, se ne è dovunque osservata in questi ultimi anni una notevole diminuzione, fino quasi alla scomparsa completa. Anche in tale affezione giovano grandemente i preparati sulfamidici.
Molto diffuse invece sono oggi le varie forme di uretriti non gonococciche (uretriti semplici, uretriti catarrali) che, insieme con alcune altre affezioni dei genitali, quali l'erpete, le balanopostiti, i condilomi acuminati ecc., vengono talora comprese nel gruppo delle cosiddette malattie paraveneree.
A differenza dalla gonorrea, le uretriti catarrali si manifestano generalmente dopo un periodo d'incubazione variabile, ma per lo più abbastanza lungo (10-20 giorni dal rapporto sessuale); non mancano tuttavia casi nei quali l'uretrite insorge indipendentemente da qualsiasi contatto venereo. Fin dall'inizio l'uretrite assume un carattere subacuto, con scarsa secrezione, più mucosa che purulenta, e lievi disturbi subbiettivi. L'andamento dell'affezione è variabile, osservandosi casi che regrediscono in breve tempo in seguito alle cure o anche spontaneamente, mentre il più delle volte la sintomatologia persiste, immodificata o con alternative di miglioramenti e peggioramenti per settimane o anche per molti mesi, senza tuttavia apportare sensibili disturbi all'ammalato. Frequente è un lieve interessamento dell'uretra posteriore e della prostata; relativamente rare invece le complicazioni di maggiore entità (prostatite acuta, orchiepididimite, ecc.). L'esame microscopico del secreto uretrale o dei filamenti che possono raccogliersi dalle urine dimostra talora la presenza di numerosi germi di vario tipo, ma non di gonococco; più spesso i germi sono scarsi o del tutto assenti e si osservano soltanto cellule di pus, epitelî uretrali e filamenti di muco. Difficile è la cura di tali forme morbose, che spesso resistono ai più svariati medicamenti sia locali sia generali, compresi i sulfamidici e la penicillina.
Per quanto riguarda infine i condilomi acuminati, un netto progresso terapeutico è rappresentato dall'uso della podofillina, che, applicata localmente in soluzioni oleose o glicero-alcooliche, provoca una rapida regressione delle masse vegetanti, insieme con una reazione infiammatoria della cute o della mucosa circostante.
Bibl.: Atti della XXX Riunione della S. I. D. E. S., Torino 1936; Atti della XXXV Riunione della S. I. D. E. S., Firenze 1947; I. Cappelli, Le infezioni sessuali, Milano 1943; E. Jeanselme e collaboratori, Traité de la syphilis, voll. 6, Parigi 1940.