malattia
Stato di sofferenza di un organismo in toto o di sue parti, prodotto da una causa che lo danneggia, e il complesso dei fenomeni reattivi che ne derivano. Elemento essenziale del concetto di m. è la sua transitorietà, il suo andamento evolutivo verso un esito, che può essere la guarigione, la morte o l’adattamento a nuove condizioni di vita. La m. è un processo che consta di un concatenamento di manifestazioni essenzialmente consistenti in: alterazioni prodotte dalla causa di m.; fenomeni reattivi, locali (dei tessuti) o generali (febbre, manifestazioni vasomotorie, ecc.); processi riparativi o di adattamento. Le classificazioni delle m. sono diverse: le più comuni sono basate su criteri eziologici (m. infettive, parassitarie, cronico-degenerative) oppure di sede (m. della pelle, degli occhi, del sistema nervoso, m. mentali); su criteri sociali (m. del lavoro; m. professionali). In base al decorso le m. si distinguono in acute e croniche; secondo che abbiano origine dall’interno dell’organismo o dall’esterno, in endogene ed esogene; con riferimento alla modalità di trasmissione, in acquisite, ereditarie, congenite. La nomenclatura nosologica non segue regole fisse: per le m. infiammatorie si utilizza il nome dell’organo colpito cui si aggiunge il suffisso -ite (polmonite, ecc.); per le malattie degenerative quello -osi (per es., artrosi, ecc.); nome dell’autore o degli autori che per primi le hanno descritte (m. di Hodgkin, ecc.); la località in cui l’affezione è stata riscontrata per la prima volta o risulta essere particolarmente diffusa o esclusiva (per es., m. di Bornholm); il segno clinico più saliente; l’agente o il momento eziologico fondamentale.