crohn, malattia
Crohn
Nuove terapie per la malattia di Crohn
La malattia di Crohn, patologia caratterizzata da infiammazione delle mucose intestinali che può colpire tutto il canale alimentare, rientra, insieme alla colite ulcerosa, fra le malattie infiammatorie croniche intestinali. Si manifesta clinicamente con diarrea, malassorbimento, perdita di sangue con le feci, e può complicarsi con formazione di stenosi e fistole intestinali. L’incidenza della malattia di Crohn è in aumento, anche in Italia. Nella patogenesi della malattia sono chiamati in causa fattori ambientali, alimentari e microbiologici, insieme a fattori genetici che regolano il funzionamento della barriera intestinale e il controllo dell’infiammazione nell’immunità naturale. L’obiettivo della terapia è indurre e mantenere la remissione della malattia, prevenire le complicanze e migliorare la qualità di vita del paziente. Le terapie convenzionali per la malattia di Crohn, in particolare gli amminosalicilati, i corticosteroidi e l’azatioprina, hanno dimostrato una efficacia limitata e sono gravate da effetti collaterali nel 25÷30% dei pazienti. Negli ultimi anni si stanno affermando altri trattamenti, alcuni basati sull’utilizzo di steroidi in nuove formulazioni, altri sull’utilizzo di nuovi tipi di farmaci.
Beclometasone e budesonide rappresentano un gruppo di cortisonici ad azione topica o locale, caratterizzati da scarso assorbimento intestinale ed elevata metabolizzazione epatica con produzione di metabolici inattivi; hanno effetti collaterali significativamente ridotti ed efficacia comparabile alle convenzionali formulazioni. La budesonide, in particolare, ha dimostrato efficacia superiore alla mesalazina nell’indurre remissione clinica nei pazienti con malattia localizzata all’ileo e al colon destro.
I probiotici (lattobacilli, lieviti, streptococchi, bifidobatteri) sono studiati fin dal 1996 come trattamento alternativo o in associazione nei pazienti con malattia di Crohn di grado lieve. La ragione del loro impiego deriva dell’ipotesi che alcuni batteri intestinali e le tossine da essi prodotte, in soggetti geneticamente predisposti, possano alterare la barriera mucosa intestinale e stimolare una risposta infiammatoria, dando inizio al processo infiammatorio tipico della malattia. I probiotici sarebbero in grado di inibire competitivamente la crescita di tali batteri modificando la microflora intestinale. Inoltre sembrerebbero stimolare la risposta immunitaria e aumentare la coesione fra le cellule intestinali, migliorando l’integrità della barriera intestinale. Pur in assenza di dati definitivi diversi studi stanno valutando se tale terapia, in associazione ai farmaci già in uso corrente, possa essere efficace nell’indurre e mantenere la remissione della malattia.
I farmaci biologici rappresentano una categoria di farmaci in grado di interferire con le citochine (molecole in grado di accendere o di spegnere l’infiammazione) prodotte dal sistema immunitario; in particolare, la loro azione si esplica mediante l’inibizione selettiva delle citochine ad azione pro-infiammatoria, con conseguente blocco del processo infiammatorio a vari livelli. Queste terapie hanno mostrato efficacia in pazienti con malattia di Crohn refrattaria agli steroidi, o con fistole, e stanno modificando sensibilmente la gestione dei pazienti affetti da malattia infiammatoria cronica intestinale. Il farmaco biologico finora più studiato nella malattia di Crohn è l’Infliximab, un anticorpo monoclonale chimerico caratterizzato da una componente costante umana pari a circa il 75% e da una porzione variabile di origine murina pari al 25%. Infliximab agisce legandosi selettivamente a una citochina, denominata Tumor Necrosis Factor-alfa (TNF-α), che gioca un ruolo centrale nel danno immunomediato e nel processo infiammatorio, amplificando le risposte a stimoli infettivi e infiammatori. In seguito a tale legame, l’attività biologica della citochina viene neutralizzata. Studi controllati hanno dimostrato l’efficacia di infliximab nell’indurre e mantenere la remissione clinica in pazienti con attività di malattia moderato-severa. Infliximab è inoltre risultato efficace nelle forme fistolizzanti e nel ridurre manifestazioni extraintestinali quali le spondiloartropatie e il pioderma gangrenoso.
L’adalimumab è un anticorpo monoclonale ricombinante completamente umano, privo della componente murina e quindi con minore effetti collaterali legati a reazioni di sensibilizzazione rispetto a infliximab. Adalimumab agisce anch’esso neutralizzando il TNF-α, ma, a differenza di infliximab, che richiede una somministrazione endovenosa, viene somministrato per via sottocutanea. Il farmaco è risultato efficace nell’indurre e nel mantenere la remissione clinica nei pazienti affetti da malattia di Crohn ad attività moderata-severa. Accanto a Infliximab e ad Adalimumab, sono stati proposti, nel trattamento della malattia di Crohn, altri anticorpi monoclonali (Certolizumab pegol, Natalizumab).In considerazione del comune meccanismo di azione, tutti i farmaci biologici hanno simili effetti collaterali, comprendenti un aumentato rischio di infezioni opportunistiche (in particolare sono state descritte riattivazioni di infezione tubercolare), riacutizzazione di malattie virali, reazioni allergiche e di tipo autoimmunitario, esacerbazione di malattie demielinizzanti. L’introduzione nella pratica clinica della terapia con farmaci biologici ha certamente modificato la gestione della malattia di Crohn migliorando la prognosi dei soggetti che non rispondono alle terapie convenzionali. Nell’utilizzo di questi farmaci si raccomanda sempre un’attenta ed esperta sorveglianza di eventuali eventi avversi nel lungo termine.