Malatesta, Giovanni, detto Gianciotto
Secondogenito di Malatesta da Verucchio e di Concordia di Enrichetto, vide la luce presumibilmente attorno al 1245.
Il soprannome Gianciotto (Giovanni ‛ ciotto ', cioè " sciancato ") col quale fu più noto gli derivò forse da una deformazione per ferita subita in battaglia. Nulla è dato sapere dei suoi anni giovanili che con ogni probabilità trascorse a Rimini, seguendo nelle armi e nella politica l'esempio paterno e del fratello maggiore Malatestino. Infatti lo vediamo comparire solo nel 1275, quando portò aiuto a Guido Minore da Polenta, proprio allora impegnato a liquidare ogni resistenza all'interno di Ravenna, al fine d'insignorirsene. A questa circostanza va forse collegata la sua unione matrimoniale con Francesca di Guido Minore da Polenta, avvenuta, appunto, attorno al 1275; essa dovette suggellare un'alleanza politica fra le due potenti famiglie guelfe dei Malatesta e dei Polentani in funzione delle loro mire tiranniche. Nonostante la nascita dei figli Francesco e Concordia, tale unione si rivelò ben presto infelice per l'infedeltà di Francesca, divenuta amante del cognato Paolo: situazione che non tardò a precipitare nella tragedia. Infatti attorno agli anni 1283-1284 - come si ritiene dai più - G. vendicò l'adulterio, uccidendo la moglie e il fratello Paolo, sorpresi insieme.
D. fa pronunciare a Francesca, condannata nel secondo cerchio infernale assieme a Paolo e ai peccatori carnali, parole d'imprecazione contro G. per la sua sanguinosa vendetta: Caina attende chi a vita ci spense (If V 107).
Dopo la tragedia familiare G. non tardò a risposarsi con Zambrasina del fu Tebaldello Zambrasi da Faenza, dalla quale ebbe cinque figli: Malatestino, Guido, Ramberto, Margherita e Rengarduccia. Riprese inoltre con maggiore vigore la carriera politico-militare, già segnata nel 1276 dalla sua podesteria di Forlì; e contribuì in tal modo, assieme al padre e ai fratelli, all'affermazione della signoria malatestiana su Rimini e su altri centri della Romagna e della Marca Anconitana, ostacolando dapprima le forze ghibelline, respingendo poi l'autorità invadente dei rettori e legati papali. Per realizzare una tale politica dinastica G. si valse certamente della podesteria di Pesaro (1285 e 1291), di Rimini (1292), di Faenza (1292-1293), e infine ancora di Pesaro, ma con aggiunto il titolo di " capitaneus pro S. Romana Ecclesia " (1296-1304). A quest'anno si fa risalire la sua morte, avvenuta nella città di Pesaro.
Bibl. -P. Cantinelli, Chronicon, a c. di F. Torraca, in Rer. Ital. Script.² XXVIII 2, Città di Castello 1902, 58, 72, 73; L. Tonini, Della storia civile e sacra riminese, III, Rimini 1862, 255-259; P. Zama, I Malatesti, Faenza 1956, 21-30; J. Larner, The Lords of Romagna, Londra 1965, 37; M. Marcazzan, Il canto V dell'Inferno, in Lect. Scaligera I 101-186.