MALASPINA
. Celebre famiglia marchionale italiana. Coeredi dell'immensa Terra Obertinga, in Toscana, contitolarì della Marca della Liguria Orientale e della Marca di Langobardia (o d'Italia), i M., divisisi nei primi del sec. XI dagli Estensi, Pelavicino e Massa-Corsica, ritennero in comune con queste linee il placito marchionale, fissando più particolarmente il loro potere nei comitati di Luni, Genova, Tortona, Bobbio, Pavia, Piacenza, Parma, Cremona; incerta è l'origine della loro dominazione in Sardegna, che la tradizione ricollega con le spedizioni genovesi-pisane del secolo XI contro i Saraceni. Dei primi dinasti di questa linea escono in luce nella storia d'Italia il capostipite Oberto Obizzo, uno degli eroi della lotta arduinica, incarcerato da Enrico II, con i suoi congiunti, nel 1014, dopo la tentata sollevazione di Roma, e il suo pronipote Alberto (l'eponimo della casata), seguace di Lotario II nelle spedizioni di Roma e delle Puglie (1136), oltre che noto per le sue guerre lunigianesi col vescovo Andrea, pacificate dai boni homines lucchesi, nel 1124.
Nel corso del sec. XII l'espansione comunale lentamente respinse e accerchiò i M. nelle alte valli dell'Appennino, fra il passo deì Giovi e i valichi della Garfagnana e del Modenese; nel quale arco montano, a cavaliere delle grandi vie romane e romee che salivano dalla Maritima ligure e toscana a Parma, Piacenza, Tortona e Pavia, essi fondarono un singolare organismo politico-territoriale, unificato e garantito da una valida rete di fortificazioni stradali; qui si difesero strenuamente, su duplice fronte, prendendo viva parte alle fazioni esterne e interne dei comuni assedianti.
Obizzo il Grande personifica la lotta durissima contro il comune genovese, di fronte a cui risolleva le antiche pretensioni della Marca, capeggiando una vera rivolta feudale nella Riviera di Levante (1172-1174), non senza intervenire nelle guerre marittime fra Genova e Pisa; in Lombardia, entra con abile giuoco nella grande lotta fra i comuni e l'impero; capitano dei Milanesi, dapprima, ed eroico difensore di Tortona (1164), volge al partito contrario e segue in più campagne l'imperatore, salvandolo, nel 1167, dalle minacce dei Pontremolesi; aderisce infine alla Lega Lombarda, nel 1168, e milita in essa fedelmente fino alla pace di Costanza.
Con Moroello, Obizzo, Alberto il Poeta, figli di Obizzo il Grande, si accentua e si conclude la lotta con i Piacentini, minaccianti da antico la tenuta marchionale nelle valli del Taro, della Nure, della Trebbia e nel ridotto stesso dei marchesi, in valle Staffora (dove questi avevano splendida corte, nel castello d'Oramala visitata dai primi trovadori d'oltralpe); sostenuti dall'alleanza parmigiana, guerreggiano unitamente, i M., in lunga campagna, complicata dall'intervento dei maggiori comuni emiliani e lombardi, contro Piacenza (1181-1194); la pace, imposta da Enrico VI, reca ai figli di Obizzo la perdita definitiva di Pietracorva, dei castelli di Val di Taro, di Grondola, in Val di Magra, onde il comune di Piacenza ha finalmente libero il passo verso Genova e la Toscana.
La generazione successiva, rappresentata da Guglielmo e da Corrado l'Antico, accetta la forzata concittadinanza piacentina, combatte a fianco di questo comune e in altre leghe, contro Pavia (1200-1213), s'introduce nelle guerre reggiano-modenesi (1202); contro Genova che, ormai padrona della Riviera, incalzava i M. nei loro dominî lunigianesi, tentano Guglielmo e Corrado le ultime prove in Val di Vara (1215-1218); Guglielmo appare in Sardegna invasore del giudicato di Gallura. Nel terzo decennio del sec. XIII, succeduto a Guglielmo il figlio Obizzino, capostipite dei futuri marchesi dello Spino fiorito, questi e Corrado, indeboliti nelle vecchie tenute dell'Appennino tortonese e bobbiese, costretti, per la maggior parte dei loro superstiti castelli, al vassallaggio verso i grandi comuni, cacciati, col partito dei nobili, dalla città di Piacenza, trovano rifugio in Lunigiana.
Già Obizzo il Grande e i suoi figli avevano vigorosamente iniziato la riconquista dell'antico predio familiare, risalente all'eredità di Oberto I, conte di Luni, diminuito lungo il sec. XII dalla espansione del comitato vescovile, delle minori consorterie feudali, dei comuni. Nei primi del Duecento, Alberto il Poeta e i suoi nipoti Guglielmo e Corrado, forti di una cessione ottenuta dagli Estensi, avevano aperto le ostilità nella bassa Val di Magra, incontrandovi però la resistenza armata del vescovo Gualtieri, a capo d'un folto stuolo di milites e soccorso dalle forze dei comuni; la pace conclusa all'Aulla, nel 1202, integrata da successive convenzioni, aveva stabilito un modus vivendi che convalidava il nuovo insediamento dei Malaspina in Lunigiana.
Nel 1221, Corrado e Obizzino potevano dunque fare centro delle tenute lunigianesi nel dividere fra loro il retaggio comune; toccando a Corrado (da cui la linea dello Spino secco) la porzione alla destra della Magra, con Villafranca sulla sinistra, e con i beni e diritti in vescovato di Brugnato e in territorio genovese; a Obizzino (linea dello Spino fiorito) la restante sponda sinistra, fino alla Garfagnana e alla Versilia; i feudi della Val Padana e della Sardegna, egualmente divisi, figurarono, nelle successive ripartizioni, come appendici dei feudi lunigianesi (salvo il riapparire, in tarda età, di alcune separate linee lombarde).
Nonostante la divisione, i Malaspina continuarono a difendere solidalmente i loro interessi lunigianesi (specie nelle riardenti lotte contro il vescovo); la politica italiana li pose invece in campo opposto, tenendo fede all'impero Corrado l'Antico, presente alla battaglia della Vittoria, dove fu scudo al vinto imperatore (1248), militando Obizzino nella Lega Lombarda, con suo figlio Bernabò, che affrontò le scorrerie di re Enzo e, dalla rocca inespugnabile di Groppo S. Pietro, suscitò la riscossa dei guelfi in Lunigiana e Garfagnana (1247); il quale Bernabò, peraltro, sposata nel 1260 la nipote di Federico II, Maria d'Antiochia, divenne nemico ai guelfi e particolarmente al vescovo Guglielmo di Luni, quale fierissimo partitante dell'impero e seguace di Manfredi.
Nel 1262 la casata dello Spino secco si suddivide nei quattro rami di Mulazzo, Mulazzo-Val Trebbia, Villafranca, Giovagallo, e similmente, nel 1275, quella dello Spino fiorito, nelle linee di Filattiera, Olivola, Verrucola. Senza abbandonare del tutto il campo di Lombardia, nella seconda metà del sec. XIII, i M. sono attratti nelle grandi fazioni comunali toscane. Combatte per i Pisani, in Sardegna, Franceschino, figlio di Corrado; i suoi fratelli Guglielmo, Federico e Manfredi sono con i guelfi a Montaperti (1260); il figlio di Manfredi, Moroello "vapor di Val di Magra" (Dante, Inf., XXIV) è il gran condottiero dei guelfi neri, nella guerra di Pistoia (1302-1306) e in altre imprese; Franceschino d'Olivola, figlio di Bernabò, assume il comando generale della Taglia guelfa, in Empoli (1304).
Con la calata di Arrigo VII, si ritrovano al seguito dell'imperatore Moroello di Val Trebbia, Franceschino di Mulazzo, Spinetta il Grande della Verrucola; con i Fiorentini, il "nero" Moroello. Sono però ancora uniti, guelfi e ghibellini, nella vecchia contesa col vescovo di Luni, al cui dominio feudale dànno gli ultimi colpi, nei primi del Trecento. Con la pace procurata per essi da Dante, a Castelnuovo (1306), tutte le riconquiste fatte dai M., nel corso del sec. XIII, venivano implicitamente convalidate.
L'espansione malaspiniana continua, breve tempo, per opera di Spinetta il Grande, il quale, dopo l'aspra vicenda delle sue lotte con Castruccio Castracane, da cui fu spogliato quasi interamente dei suoi stati, morto questo, riuscì a dilatare i suoi dominî nella Lunigiana orientale e in Garfagnana, e persino a insignorirsi della capitale vescovile, Sarzana (1334-1343); uscì dalle avventure di Spinetta la più valida creazione politica dei Malaspina in Lunigiana, il marchesato di Fosdinovo, dal quale ebbe origine poi il principato di Massa.
Nella seconda metà del sec. XV e nei primi del XVI, ridotto all'estremo frazionamento il dominio malaspiniano, i Genovesi, continuando a occidente la loro avanzata in Val di Vara e nella bassa Val di Magra, sgretolavano diversi marchesati usciti dal maggiore feudo di Mulazzo; a oriente i Fiorentini, entrati dalla Garfagnana in Val d'Aulella, favoriti dalle dedizioni spontanee delle popolazioni, assorbivano (secoli XV-XVII) buona parte dei marchesati dello Spino fiorito, e cioè, successivamente, Verrucola, Castiglione del Terziere, Bagnone, Rocca Sigillina, Filattiera, Corlaga, nonché Lusuolo, Groppoli, Terrarossa, dello Spino secco. I superstiti feudi malaspiniani durarono, sotto la diretta sovranità dell'impero, fino alla Rivoluzione francese; il congresso di Vienna, poi, regolò la loro sorte, attribuendoli alla duchessa Maria Beatrice di Massa.
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