MAIS (XXI, p. 970; App. II, 11, p. 252)
Durante il decennio 1950-59, la superficie coltivata a m. nel mondo ha subìto relativamente pochi e non sostanziali mutamenti. Infatti negli anni 1955-58 la superficie agraria coltivata a m. nel mondo (senza l'URSS) si è mantenuta sui 91 milioni di ha, cioè di un 6% superiore alla media quinquennale 1948-52 che era di 86 milioni di ha. Solo nel 1959 si ha un marcato aumento, dovuto specialmente all'America Settentrionale e Centrale, che porta la superficie coltivata a m. nel mondo a 97 milioni di ha, pari cioè al 13% in più della suddetta media (v. tab. 1).
Se confrontiamo però lo sviluppo della coltura del m. negli ultimi anni con la media prebellica 1934-38, questi aumenti percentuali sono un po' più elevati, essendo quella media di soli 84 milioni di ha. A questo riguardo è degno di rilievo il fatto che l'America Settentrionale e Centrale, l'America Meridionale e l'Europa, nel 1959, hanno praticamente la stessa superficie della media prebellica 1934-1938.
L'Asia e l'Africa hanno invece notevolmente aumentato la superficie a m. tra la media prebellica e il 1959 (l'Asia del 49% e l'Africa di ben 73%), ma dato il loro minor peso nella coltura mondiale del m., ne hanno provocato solo un aumento del 16%. In quanto all'URSS, la media prebellica e quella del 1948-52 sono praticamente uguali, pur avendo questo paese dopo la guerra incorporato notevoli territorî coltivati a mais. Dal 1955 in poi invece è manifesta una tendenza all'aumento della superficie coltivata anche in relazione al vasto piano per una maggiore produzione di carne e latticinî.
Ma il fatto più saliente che caratterizza tutto lo sviluppo della coltura del m. nell'ultimo decennio è costituito dall'aumento molto elevato dei rendimenti unitarî, raggiunto da molti paesi rispetto alla media sia prebellica, sia del 1948-52. Caso tipico a questo riguardo è il progresso della coltura del m. negli S. U. A., i quali tra la media 1936-40 e il 1958 hanno diminuito la superficie a m. del 19,2% e nello stesso tempo aumentato la produzione di ben 61,9%. La resa unitaria mondiale (senza l'URSS) nel 1959 raggiunse i 21,4 q per ha, contro i 13,1 nella media 1934-38 e 16,2 nella media 1948-52. Tutti i continenti registrano aumenti notevoli delle rese, eccetto l'America Meridionale che negli anni recenti ha avuto una serie ininterrotta di campagne maidiche particolarmente scarse. È notevole il primato (27,8 q per ha) dell'America Settentrionale e Centrale, raggiunto nel 1959, che è tanto più rilevante in quanto esso è stato realizzato su una superficie coltivata assai ingente (43 milioni di ettari). Sono forti gli aumenti della resa unitaria nel 1959 tanto rispetto alla media prebellica quanto alla media 1948-52 in Europa e nell'Asia.
Nel 1959 la produzione mondiale presenta un forte aumento rispetto alla media prebellica in tutti i continenti. Il continente più importante nella produzione del m., l'America Settentrionale e Centrale, registra nel 1959 una produzione di 119 milioni di t, contro 56 e 87 milioni nelle medie 1934-38 e 1948-52, ossia un aumento del 112% e 36%, rispettivamente. La produzione 1959 dell'URSS è stata del 28,1% inferiore a quella del 1958 a causa dei bassi rendimenti (13,8 q per ha, contro 23,3 nel 1958). La tabella 2 riassume i cambiamenti della coltura del m. nel mondo (senza l'URSS), rispetto alle due medie 1934-38 e 1948-52.
Per concorde parere dei tecnici agrarî, il fattore principale che ha determinato la possibilità del notevole aumento nei rendimenti unitarî è stato l'introduzione di sementi di m. ibridi su una scala sempre più estesa. Così, nel 1958, negli S. U. A., che sono il produttore più grande del mondo, quasi il 94% della superficie del m. era seminata a m. ibridi, mentre nello stato di Iowa, che costituisce il centro più importante degli S. U. A. in questa coltura, tutta la superficie a m. è oramai seminata con m. ibrido.
La maggior produttività di siffatte sementi si deve allo stato di eterosi in cui si trovano, raggiunto a seguito di pirecedenti fecondazioni inter se e incroci (semplici, doppî, tripli) tra i tipi autofecondati, opportunamente scelti dopo rigorose selezioni e prudenti valutazioni. Meno note, invece, per non dire ancora sconosciute, sono le cause d'ordine genetico che potenziano il fenomeno dell'eterosi, da alcuni genetisti attribuito a manifestazioni di superdominanza dovuta a interazione di geni allo stato eterozigota. La produzione dei m. ibridi a mezzo dell'ablazione delle infiorescenze maschili di una delle due forme incrocianti tende oggi ad essere soppiantata, in parte, dall'uso di un portaseme androsterile (per sterilità di natura citoplasmatica) seguito da adeguati incroci (semplici e doppî) atti a ristabilire la fertilità delle progenie. La coltura dei m. ibridi, specialmente di quelli a lungo periodo di vegetazione, si basa essenzialmente su una più larga fertilizzazione, organica e minerale, del suolo e una fittezza relativamente modesta delle piante nel m2 (4-5).
Per rendersi conto dell'importanza del m. ibrido nella produzione mondiale, basta pensare che i tecnici agricoli delle N. U. considerano l'uso del m. ibrido su scala sempre più estesa una delle leve capaci di portare la produzione mondiale del m. a quantità bastanti alla popolazione crescente del mondo. Negli S. U. A. si è riusciti a portare la resa unitaria da 16,3 q per ha nella media 1936-40 a esattamente il doppio (32,6 q) nel 1958.
Il m., che si coltiva in tutti i continenti da 580 di lat. nord fino a 400 di lat. sud, così che si hanno raccolti di m. in uno o nell'altro paese del globo in ogni mese dell'anno, è realmente una coltura che si presta a portare un contributo essenziale all'alimentazione della popolazione mondiale.
Per effetto congiunto dell'aumento eccezionale dei rendimenti unitarî del m. nel mondo e di un aumento relativamente più modesto della superficie (v. tabella 2), la produzione mondiale del m. supera la media 1934-38 di ben 89% e quella del 1948-52 del 50%. La tab. 3 contiene i dati della produzione mondiale per i paesi che producono d'ordinario oltre 100.000 t, per le medie 1934-38, 1948-52 e per i singoli anni dal 1955 al 1959. Una posizione preminente occupano gli S. U. A., la cui produzione supera la metà della produzione mondiale (senza l'URSS), eccetto per la media 1934-38. Essa rappresentò effettivamente il 48,1% della produzione mondiale nella media 1934-38, il 58,7% nella media 1948-52; per il periodo 1955-59, la quota parte della produzione degli S. U. A. è stata di 53%, 55,6%, 50%, 52,1% e 53,4%, rispettivamente.
Mentre per la media prebellica si era stabilita una graduatoria dei principali paesi produttori: S. U. A., Argentina, Brasile, Iugoslavia, URSS, Romania, per la media 1948-52 il secondo posto è occupato dal Brasile, seguìto da URSS, Iugoslavia, Messico, e l'Argentina occupava il sesto posto. Negli anni più recenti, la produzione argentina ha alquanto ripreso, ma si stabilisce una nuova graduatoria, con gli S. U. A. sempre al primo posto, seguìti a lunga distanza da URSS, Brasile, Iugoslavia e Romania. Notevoli progressi hanno fatto nella produzione mondiale negli ultimi tempi Messico, Italia, Unione Sudafricana, Ungheria e India.
Commercio. - Il volume dell'esportazione mondiale è sceso da 9.600.000 t nella media 1934-38 a sole 4.542.000 t nella media 1948-52. Negli anni successivi esso è stato in continua ascesa, per arrivare nel 1958 a 8.892.000 t (92,6% della media prebellica).
Prima della guerra, il primo incontrastato esportatore del mondo era l'Argentina, seguìta da Romania, S. U. A., Iugoslavia e Uinione Sudafricana. A quell'epoca, il 2° centro esportatore era il blocco danubiano (Romania, Iugoslavia, Ungheria e Bulgaria), seguito dall'allora Indocina e dall'Unione Sudafricana. Ora la struttura dell'esportazione mondiale è completamente trasformata. Mentre prima della guerra gli S. U. A. consumavano quasi completamente la loro ingente produzione ed esportavano solo quantità insignificanti, negli anni più recenti essi dominano il mercato mondiale ed esportano più della metà dell'esportazione mondiale.
Mentre nella media 1934-38 il contributo degli S. U. A. nell'esportazione mondiale era appena dell'8,3%, nel 1958 raggiunse il 51,2%. L'esportazione argentina, proprio al contrario, nella media 1934-38 rappresentava il 68,0% dell'esportazione mondiale, mentre nella media 1948-52 si ridusse al 23,5% e negli anni 1955-58 passò successivamente al 7,5%, 17,7%, 11%, 18,9%. La quota parte argentina è aumentata ancora sensibilmente nel 1959. Tra gli esportatori minori solo l'Unione Sudafricana ha migliorato continuamente le sue esportazioni tra il 1955 e il 1958, passando da 676.000 t nel 1955 a 1.080.000 t nel 1958. I paesi danubiani (Romania, Iugoslavia, Ungheria e Bulgaria) sono apparsi come esportatori irregolari nel periodo 1955-58, e solo nel 1958 essi hanno quasi raggiunto la loro posizione prebellica con 1.082.000 t (contro 1.156.000 t nella media 1934-38).
Per quanto concerne l'importazione del m., il cambiamento più significativo lo presentano ancora gli S. U. A., che nella media 1934-38 importarono 835.000 t, mentre nel 1948-59 essi figuravano con importazioni insignificanti. Proprio il contrario avviene per il Giappone, che da piccolo importatore nella media 1934-38 passa al rango di notevole importatore (196.000 t media 1934-38 e 914.000 t nel 1959). Gli importatori dell'Europa occidentale aventi un intenso allevamento di bestiame hanno per lo più conservato le loro posizioni tra 1934-38 e il 1959, con al primo posto il Regno Unito, la cui importazione di m. nel 1959 (2.971.000 t) è del 9,6% inferiore alla media prebellica. Il secondo posto è tenuto dai Paesi Bassi con 1.119 t, seguiti dall'Italia con 1.065.000 t, entrambi nel 1959. Tra gli altri notevoli importatori figuravano poi la Germania Occidentale, il Belgio, l'Austria e il Canada.
Prezzi. - I prezzi del m. registrano variazioni dall'uno all'altro paese produttore, e cioè a seconda dell'abbondanza della produzione del m. e degli altri cereali foraggeri (orzo, avena) e del grano da foraggio, ecc.
Se si esamina la serie dei prezzi del m. a Venezia, si osserverà che essi si sono mantenuti abbastanza costanti, oscillando intorno agli 8 centesimi di dollaro, con un massimo di 10,2 (1950) e un minimo di 6,7 (1957), per un kg. In Iugoslavia, nel periodo 1950-54, i prezzi si mantennero sul livello medio piuttosto basso di 6,8 centesimi di dollaro al kg, mentre dal 1955 al 1959 essi oscillavano intorno alla media di 9,1 centesimi. Questi sono i prezzi più alti raggiunti sulle 5 piazze considerate (v. tab. 5). Nei Paesi Bassi, paese nettamente importatore di m., dal 1953 al 1959 i prezzi si mantennero su una media di 6,5 centesimi. Questi prezzi sono alquanto più bassi di quelli italiani, e più vicini a questi che non a quelli iugoslavi. I prezzi degli S. U. A. sono prezzi di grande paese esportatore il quale è osservatore cauto di tutte le richieste mondiali di m. e, in qualche annata, anche dell'orzo offerto in concorrenza principalmente dall'URSS. Sotto la pressione costante dei grandi stocks di m., gli S. U. A. sono costretti a cedere le grandi quantità esportabili a prezzi relativamente bassi e attraenti per gli importatori. La media decennale 1950-59 dei prezzi è stata di 5,7 centesimi per kg. Ciò che è stato detto per gli S. U. A. va applicato anche all'Unione Sudafricana, con la differenza che i prezzi di quest'ultimo paese sono di molto inferiori a quelli degli S. U. A., oscillando intorno alla media decennale di 4,5 centesimi il kg.
Negli S. U. A. approssimativamente il 45% di tutta la produzione di granella di m. è destinato all'allevamento dei suini. Le autorità governative pubblicano statistiche mensili e annuali sul rapporto tra i prezzi dei suìni e quelli del mais (Hog-corn price ratio). Questo rapporto è espresso in numeri che indicano quanti bushels di m. occorrono per ottenere il valore equivalente di 100 libbre di suino a peso vivo. Questi rapporti hanno variato negli ultimi anni come segue: 13,7 (1950), 11 (1952), 15 (1954), 11,2 (1956) e 18,6 (1958). Numeri più elevati significano cioè prezzi di m. più bassi rispetto al prezzo dei suini; si noti che un bushel di m. equivale a 56 libbre, ossia a 25,401 kg, e una libbra a kg. 0,4535924.
Situazione italiana. - Nel decennio 1950-59, la superficie coltivata a m. è stata quasi costante, variando tra 1,2 e 1,3 milioni di ha. Quattro sono le regioni maidicole più importanti: tre nel nord dell'Italia, Lombardia, Veneto e Piemonte, che costituiscono la fascia maidicola dell'Italia (come il corn-belt degli S. U. A.), e a sud la Campania. Nella media 1956-58, il corn-belt italiano ha coltivato a m. ben 563.900 ha con una produzione di 2.289.000 t e un rendimento unitario di 40,6 q per ha. Se al corn-belt italiano si aggiunge anche la Campania, queste quattro regioni insieme, nella media 1956-58, hanno coltivato il m. su una superficie di 684.600 ha, con una produzione di 2.464.700 t e un rendimento unitario di 36 q per ha. Per questa stessa media triennale 1956-58, la superficie agraria che è stata coltivata a m. in tutta Italia è stata di 1.240.900 ha con una produzione complessiva di 3.525.100 t e un rendimento unitario di 28,4 q, per ha; per questo il contributo delle quattro regioni suddette è stato del 55,2% per la superficie a m. e del 69,9% per la produzione.
Il fatto più importante che ha rivoluzionato la coltura del m. anche in Italia è l'aumento della resa unitaria, in seguito all'impiego sempre crescente del m. ibrido per la semina. Mentre nel 1948 solo 51 t di m. ibrido vennero distribuite agli agricoltori, si arriva a 9.650 t nel 1959 (secondo i dati pubblicati dalla Stazione sperimentale di maiscoltura di Bergamo), e in quest'ultimo anno ben 372.000 ha vennero seminati a m. ibrido (31,1% della superficie totale di m. in Italia). La quota parte della produzione del m. dovuta alle sementi di m. ibrido, nel 1959, rappresentava ben il 51,5% della produzione totale.
I m. ibridi trovano un'area proficua alla coltivazione - per favorevoli condizioni d'ambiente (clima, terreno, pratiche colturali, ecc.) - nell'Italia settentrionale, specie nelle province di Cremona, Brescia, Bergamo, Mantova e Ferrara. Seguono le province di Milano, Torino, Pavia, Venezia e altre dell'Italia centrale, mentre nel Mezzogiorno e nelle Isole l'impiego dei m. ibridi risulta assai limitato poichè non sussistono i fattori propizî alla coltura di essi.
La tabella 6 mette in evidenza il costante aumento del rendimento unitario in Italia e, in particolare, il grande divario tra il rendimento dovuto a semine con m. ibrido e quello dovuto a semine con m. "nostrano". La statistica ufficiale italiana a partire dal 1957 ha cominciato una rilevazione nuova con due categorie di m.: "nostrano" e "ibridi", abbandonando la divisione di m. "primaverile" e "estivo", essendo quest'ultimo solo un'esigua parte del m. totale.
Il diagramma della produzione mette in rilievo il graduale sviluppo della produzione italiana, che passa da 1,92 milioni di t nel 1950 a più del doppio (3,85 milioni t) nel 1960, ricordando, come detto in precedenza, che la superficie del m. è rimasta durante tutto il decennio quasi invariata su 1,2-1,3 milioni di ha.
La tabella 7 presenta lo svolgimento del commercio d'importazione e d'esportazione (quantità e valore) suddiviso in "m. bianco" e "m. altro". L'importazione totale oscilla molto, ma con la tendenza netta all'aumento negli ultimi 4 anni, nonostante la buona produzione nazionale in questi anni. Ciò evidentemente è da mettere in relazione con l'intensificarsi della produzione carnea. Il "m. bianco" importato è un'esigua quantità rispetto al "m. altro", ma tutt'e due le varietà sono in aumento negli ultimi anni. I fornitori, che sono molto numerosi, hanno cambiato di anno in anno i quantitativi forniti. Così nel 1950, gli unici esportatori in Italia furono gli S. U. A., l'Argentina e la Bulgaria per il "m. altro" e il Congo belga per il "m. bianco". Nel 1951, gli unici fornitori sono stati gli S. U. A. e la Cina (17.000 t). Nel 1953, glii S. U. A. e l'Argentina figurano tra i principali fornitori di "mais altro". Col 1955 appare un nuovo fornitore, l'Unione Sudafricana, per tutt'e due le varietà di mais. Per tutti gli anni successivi, questo paese africano occupa i primi posti fra gli esportatori verso l'Italia insieme con l'Argentina. Un'esportazione di m. italiano di una certa importanza si ebbe nel 1954, i paesi acquirenti essendo l'Austria e la Svizzera, entrambi per "m. bianco" e "m. altro".
Bibl.: FAO, Production and Trade Yearbooks, 1958 e 1959, pubblicati rispettivamente nel 1959 e 1960; id., Monthly Bulletin of Agricultural Economics and Statistics, 1959 e 1960; id., National Grain Policies, 1959; Broomhall's Corn Trade News, edizione settimanale americana, 1958, 1959 e 1960; Istituto Nazionale di Economia Agraria, Annuario dell'Agricoltura Italiana, XIII, 1959; Istituto Centrale di Statistica, Sommario di Statistiche Storiche 1961-1955, Roma 1958; id., Annuario di Statistica Agraria, 1950 a 1960; Maydica, rivista della Stazione sperimentale di maiscoltura di Bergamo, annate I-V; U. S. Dep. of Agriculture, Agricultural Statistics 1959, Washington 1960; U. S. Dep. of Commerce, Statistical Abstract of the U. S., ivi 1960. Sull'importanza dei m. ibridi, soprattutto con riguardo all'Italia, v.: F. Crescini, Piante erbacee di grande coltura, Roma 1951; id., Genetica vegetale, ivi 1952; J. W. Gowen, Heterosis, Ames, Iowa, 1952; L. Fenaroli, Il cammino dei mais ibridi in Italia, in L'Italia Agricola, XCII (1955); id., Gli sviluppi della maiscoltura italiana dal 1948 al 1958, in Maydica, IV (1959); M. J. Lerner, The genetic basis of selection, New York 1958.