MAINARDI, Andrea, detto il Chiaveghino
Nacque da Sepolcro (sconosciuto il nome della madre) a Cremona intorno al 1550, forse nella parrocchia dei Ss. Siro e Sepolcro (Cavalcabò, p. 88).
Diversi documenti (Zappieri Rossini, p. 478) ricordano altri figli di Sepolcro: Francesco Giuseppe (padre di Marcantonio, anch'egli pittore, nominato erede universale dal M. il 19 giugno 1600), Chiara e Giovan Battista, detto il Conte. Il soprannome curioso con cui venivano identificati i componenti della famiglia doveva suggerire la vicinanza della contrada Regina Teodolinda alla Cremonella, canale che raccoglieva i colatoi della città: la casa del M. si trovava probabilmente nel punto d'incontro fra il canale principale e un suo piccolo affluente (la chiavega).
Le prime informazioni relative all'attività pittorica del M. risalgono agli anni 1572-74, pur se contrastanti sono le notizie riguardo la sua formazione.
Fu allievo di Giulio Campi, secondo Orlandi, ma scolaro di Bernardino Campi secondo Lamo, seguito da Baldinucci che sembra confermare "l'impronta spiccatamente bernardiniana comune alla prima produzione dell'artista" (Guazzoni, 1985, p. 231); non è impossibile pensare a un passaggio dall'uno all'altro maestro. Il M. "dipinse molto in patria ed altrove" risultando a volte "mediocre pittore perché accostumato a lavorare per poco prezzo" e "assai frettolosamente", nonostante alcune opere lo dimostrino "buon seguace di Bernardino Campi" (Ticozzi). Più entusiasta, la voce dello storico e pittore Antonio Campi (Zaist, p. 56) che ne sottolinea "le molto lodevoli pitture a olio ed a fresco" dipinte con "molta diligenza ed industria".
La prima opera firmata e datata (1577) è l'affresco con la Madonna in trono fra i ss. Agostino e Nicola da Tolentino per la chiesa cremonese di S. Agostino, in origine nel coro, poi strappato e trasferito nella cappella del Ss. Sacramento.
Non ricordato da Zaist, è un lavoro che rivela un artista agli esordi, impegnato a fondere, non senza incertezze, elementi di cultura campesca e brani di sottile verismo descrittivo di chiara origine bresciana.
Opere legate a una stretta "ortodossia bernardiniana" (Guazzoni, 1985, p. 231) intessuta di blandi e composti gesti devozionali sono il Compianto su Cristo con s. Lorenzo (1581: Verolanuova, chiesa di S. Lorenzo) e la Crocifissione fra i ss. Bernardino e Caterina da Siena (1583: Picenengo, Cascina Luogo). In questa tela le tipologie fisionomiche risentono della lezione di Giulio Campi; mentre l'iconografia dello Sposalizio mistico di s. Caterina (1583: Calcio, chiesa di S. Vittore Martire) è mutuata dalla maniera di Antonio Campi (Rodeschini Galati).
Da queste prime opere si avverte che l'iniziale dipendenza del M. da Bernardino non esclude altre esperienze artistiche; ulteriore prova del suo ampio orizzonte culturale sono la Madonna del Rosario (1584: Genova, Galleria di Palazzo Bianco) e la Madonna e santi (1585: Cremona, chiesa di S. Agostino), tela influenzata dalla pittura lombardo-emiliana di G.B. Trotti detto il Malosso. Uno stretto rigore iconografico vigila ogni sua composizione, caratteristica peculiare e distintiva della sua maniera: una tendenza costante che negli anni lo farà interprete singolare (curiosa è la tipologia del leone dai tratti antropomorfi, scherzoso autoritratto, che spesso compare nei suoi quadri) di intricati programmi controriformistici.
Nell'Assunzione della Vergine e nella Madonna in gloria con le ss. Margherita e Marta (1586: Pandino, chiesa di S. Margherita) la fervente ispirazione religiosa traspare da calligrafie lineari e da preziosi cromatismi ancora derivati da Bernardino; ma alcuni indizi di un deliberato arcaismo suggeriscono sviluppi che nel decennio successivo faranno del M. un pittore al servizio di committenze schierate a difesa della fede cattolica e dei dogmi riconfermati dal concilio di Trento. Per intercessione del marchese cremonese E. Sfondrati, dipinse per i cappuccini di Busseto l'Immacolata Concezione e santi e l'Assunta fra i ss. Pietro e Paolo (1589: chiesa di S. Bartolomeo).
Queste opere emiliane fanno affiorare qualità più personali: i colori si fanno vividi e contrastanti, quasi laccati; mentre il segno dei contorni profila le figure con andamento angoloso, regolato da una simmetria compositiva dal sapore medievaleggiante che ricerca dettagli fantasiosi.
L'Incontro di s. Gioacchino e s. Anna (1590: Cremona, chiesa di S. Agostino), pala "composta da figure secche, allampanate, segnate a fatica" (Venturi, p. 787), indica la rimeditazione da parte dell'artista dei "fatti bresciani", soprattutto del Moretto (Alessandro Bonvicino), cui si unisce un suggestivo impatto della pittura fiamminga.
Metalliche finezze e citazioni del Sojaro (Bernardino Gatti) si leggono nell'Annunciazione (1591: Castellina, chiesa di S. Maria), a cui è stato accostato il Cristo Redentore, custodito nella stessa chiesa (1590 circa: Cirillo - Godi, p. 52). Al 1591 risalgono gli affreschi con Storie della Vergine (Cremona, S. Sigismondo, cappella della Madonna). Del 1593 sono il Battesimo di Cristo (Cremona, chiesa di S. Agostino), che riprende motivi campeschi sciolti in un "edulcorato garbo devozionale" (Guazzoni, 1985, p. 231) e la Carità di s. Facio (Cremona, ospedale Maggiore, chiesa delle Esequie) in origine nella chiesa detta del Foppone.
La tela indica una svolta nella produzione del M., che da una docile rielaborazione di moduli bernardiniani passa a un rapporto più aderente al vero; dopo il 1593 si spingerà verso una ricercata e realistica esattezza d'osservazione stimolata da incisioni d'Oltralpe circolanti a Cremona nel tardo Cinquecento.
Un aguzzo e pittoresco paesaggio alla fiamminga fa da sfondo al Crocifisso con santi e donatori (1594: Monticelli d'Ongina, collegiata di S. Lorenzo); un'iconografia complessa e rara di chiara matrice nordica anima il Cristo sotto il torchio (1594: Cremona, chiesa di S. Agostino), capolavoro del Mainardi.
Alle belle forme, ai ricchi vestiti, al colorito vivace della pala di S. Agostino, si oppone la modesta Madonna in gloria coi ss. Paolo, Giovanni Battista e Martino (1594 circa: Isola Dovarese, chiesa di S. Nicolò). Ancora ricordi campeschi animano la Decollazione del Battista (1595: Monticelli d'Ongina, collegiata di S. Lorenzo) e la tela con le Ss. Cecilia e Caterina (1598: Ospedaletto Lodigiano, abbazia gerolomina dei Ss. Pietro e Paolo), accompagnata da affreschi con storie delle Ss. Cecilia e Caterina (terza cappella a sinistra) e dei Ss. Gregorio Magno ed Antonio Abate (terza cappella a destra); mentre affreschi con Fatti della vita di s. Caterina (1600 circa: Cremona, chiesa di S. Pietro al Po) gli sono stati attribuiti sulla base di un'indicazione di Baldinucci (Guazzoni, 1985, p. 232). A questo periodo risale la collaborazione con il nipote Marcantonio, sodalizio che rende problematica la distinzione delle due mani. Una concitata drammatizzazione, l'immutato e secco grafismo irrigidiscono i panneggi e bloccano le forme in una sottile ed elegante stilizzazione come nella Presentazione di Gesù al tempio (1600: Fidenza, duomo, cappella del Sacramento), di cui esiste un disegno preparatorio (Godi, 1973, pp. 6 s.). Del M. sono pure le quattro storiette con Scene del martirio di s. Donnino (Fidenza, duomo) dipinte in collaborazione con il milanese Giovan Mauro Della Rovere, detto il Fiammenghino, con il quale a Fidenza realizzerà un S. Francesco (opera ricordata dalle fonti, collocata il 4 ott. 1605 nella cappella dei Consorziali: Cirillo - Godi, pp. 56 s.). Coeve sono quindici tele dei Misteri (1601: Codogno, chiesa di S. Biagio), che riprendono modelli malosseschi. Similitudini con la spettacolare iconografia del Torchio mistico si osservano nella Disputa della ss. Trinità (1602: Cremona, chiesa di S. Pietro al Po, sagrestia) e nella Disputa del sacramento (1604: Ostiano, chiesa di S. Michele Arcangelo), tema affrontato dal Pordenone (Giovanni Antonio Sacchi), dal Moretto e da Giovanni Battista Moroni, ma che, nelle forzate gestualità teatrali, ricalca ancora la maniera del conterraneo Malosso. Il 30 marzo 1602 il M. è pagato per il restauro (una ridipintura) del Gonfalone dell'Assunta (Cremona, duomo) ideato da Giulio Campi (Sacchi, p. 203).
Alla piena maturità artistica appartengono la Madonna del Rosario (1612: Spinadesco, collezione privata, ripr. in Guazzoni, 1985, p. 233), la Madonna del Carmine (1603: Soriso, chiesa di S. Giacomo), la Madonna in Gloria con i ss. Gerolamo e Giovanni Battista (1606: Ostiano, chiesa di S. Michele Arcangelo), pala intonata su gamme preziose, smorzate da un paesaggio grigio e svaporante, non più fiammingo ma lombardo, riproposto nell'Incoronazione della Vergine (1606 circa: Cremona, Museo civico). è datata 1576, ma è del 1609 la Discesa dello Spirito Santo (Cortemaggiore, oratorio di S. Giuseppe), una delle opere più riuscite e significative del M. che, pur contenendo tutti gli elementi chiave della sua pittura (su tutti l'ostentata ricerca di espressività), sembra riprendere un'incisione di Giovanni Iacopo Caraglio su disegno di Raffaello (Cirillo - Godi, pp. 58 s.) insieme con la coeva Sacra Famiglia coi ss. Lucia e Francesco (1609: Cremona, Museo civico) e al Martirio di s. Caterina (1612: Casalbuttano, chiesa di S. Giorgio). Chiudono la sua vasta produzione (molti i cicli di affreschi e le tele, anche di ambito privato, perduti, ricordati nelle fonti) la Circoncisione (1609: Rovereto, Museo civico), i Misteri del Rosario (1610: Azzanello, chiesa di S. Andrea: in tutto tredici telette; perse, la Flagellazione e l'Incoronazione di spine), la bella e visionaria Consegna della pianeta a s. Ildefonso (1610: Casalmorano, chiesa di S. Ambrogio), il Cristo Risorto (1611: Cremona, Centro pastorale) e l'Annunciazione (1613: Cremona, chiesa di S. Maria del Campo), ultima opera certa a oggi conosciuta.
Anche se non c'è testimonianza di una specifica attività ritrattistica del M., la critica, attraverso confronti puramente stilistici, gli ha recentemente attribuito due esemplari conservati nella Pinacoteca di Cremona: il Ritratto del cardinale Desiderio Scaglia e un Ritratto di gentildonna (Guazzoni, 1997, p. 89; Marubbi, 2003, pp. 174 s.).
Come risulta dai Libri mortuorum dell'ex parrocchia dei Ss. Siro e Sepolcro, il M. morì a Cremona il 28 febbr. 1617.
Fonti e Bibl.: G.B. Zaist, Notizie istoriche de' pittori, scultori ed architetti cremonesi, Cremona 1976 (contiene A. Lamo, Parere sopra la pittura, [1584], I, p. 91; G. Bresciani, La virtù ravvivata de' cremonesi insigni nella pittura, architettura, scultura et mathematiche. Parte IV [1665], III, pp. 216 s.; A.M. Panni, Distinto rapporto delle dipinture che trovansi nelle chiese della città e sobborghi di Cremona [1762], II, pp. 53, 58 s., 83-85, 89, 97, 132, 142; G.B. Zaist, Notizie istoriche [1774], I, pp. 55-57); F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), VII, Milano 1811, p. 575; P. Orlandi, Abcedario pittorico, Bologna 1704, p. 74; L. Lanzi, Storia pittorica dell'Italia (1789), IV, Firenze 1834, pp. 122, 124; S. Ticozzi, Diz. dei pittori dal rinnovamento delle belle arti, fino al 1800, II, Milano 1818, p. 10; G. Grasselli, Abecedario biogr. dei pittori, scultori ed architetti cremonesi, Milano 1827, pp. 157-159, 262; F. Sacchi, Notizie pittoriche cremonesi, Cremona 1872, pp. 203 s., 300 s., 339, 346; A. Cavalcabò, Le vicende dei nomi delle contrade di Cremona, Cremona 1933, pp. 88, 104; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, Milano 1933, pp. 787, 920 s.; G. Godi, Fortuna dei pittori cremonesi nel Parmense e nuove ascrizioni, in Aurea Parma, LVI (1972), 2-3, pp. 146-148; Id., Due disegni per due pale del duomo di Fidenza: profilo del Chiaveghino e del Lucchi, in Proposta, I (1973), 1, pp. 6-8; M.C. Rodeschini Galati, Presenze cremonesi, milanesi e cremasche (1570-1630), in I pittori bergamaschi. Il Seicento, II, Bergamo 1984, pp. 6, 28; G. Cirillo - G. Godi, Fra Parma e Piacenza, un itinerario di pittura cremonese nel territorio Pallavicino, in Parma nell'arte, 1985, nn. 1-2, pp. 51 s., 56-59; V. Guazzoni, A. M. detto il Chiaveghino, in I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal., Cremona), a cura di M. Gregori, Milano 1985, pp. 231-237; A. Zappieri Rossini, Regesto dei documenti, a cura di R. Miller, ibid., p. 478; V. Guazzoni, Dopo i Campi, in Pittura a Cremona dal romanico al Settecento, a cura di M. Gregori, Milano 1990, pp. 50-53; Da Bernardino Campi al Malosso, in Cremona. Museo civico Ala Ponzone. Origini e collezioni, a cura di V. Guazzoni, Cremona 1997, pp. 88 s.; La Pinacoteca di Cremona. Il '500, a cura di M. Marubbi, Milano 2003, pp. 172-175; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 575.