MAIELLA (A. T., 24-25-26 bis)
Gruppo montuoso dell'Appennino Centrale, il più importante dopo quello del Gran Sasso, del quale può, sotto l'aspetto orografico, considerarsi come la continuazione, a sud del solco segnato dalla valle del Pescara. Esso è assai nettamente delimitato a nord da questa valle, a sud e a sud-est da quella dell'Aventino (Sangro), a ovest dall'incassata valletta dell'Orte che lo separa dal Morrone e da una serie di piani carsici (Campo di Giove, Pian Cerreto, Quarto Santa Chiara); a est è fiancheggiato da rilievi minori, declinanti verso l'Adriatico. L'asse principale del gruppo ha direzione meridiana. La cresta si eleva già verso l'estremo sud, a 2136 metrì nell'erto M. Porrara, poi si deprime nel Guado di Coccia (1650 m.), per poi elevarsi di nuovo nel M. Tavola Rotonda (2404 metri), che una ripida schiena collega alla zona culminale, costituita dalle cime del M. Amaro (2795 m.), la più alta, dei monti Tre Portoni (2663 metri), Acquaviva (2737 m.) e Pesco Falcone (2646 m.). Questa zona culminale, incavata da bei circhi glaciali e da profondi valloni, ha aspetto selvaggio per quanto le manchino le creste acute e le forme pittoresche dell'alta montagna. Parecchie altre cime superiori a 2000 m. si susseguono a nord fino alla Majelletta (1995 m.), poi la montagna digrada rapidamente e si spiana verso il Pescara. Notevoli sproni si staccano dalla zona culminale verso E., scendendo ripidi sull'Aventino (M. Tari, 1452 m. s. m.; M. Martellese, 1252 m.; M. d'Ugno, ecc.).
La montagna consta di pile potenti di calcari del Cretacico e soprattutto dell'Eocene (calcari nummulitici), fasciati in basso da formazioni argillose terziarie, sviluppate soprattutto nella valle dell'Orte. Data la ripidità dei pendii, specialmente a SE. e a E., ma anche a NO., l'erosione ha inciso nel calcare valloni profondi, selvaggi, come quelli dell'Orfento, di Selvaromana, di Serviera, di Macchia Lunga e S. Spirito, di Taranta, ecc., che formano una caratteristica del gruppo. Questi valloni sono peraltro in gran parte asciutti, specie nella parte alta, a causa della struttura calcarea, che favorisce la circolazione sotterranea; le sorgenti sono numerose e copiose sotto i 1700 m. Per la stessa ragione frequenti sono le grotte, come quelle del Cavallone (detta anche della Figlia di Jorio) e del Bove presso Lama dei Peligni, la grotta Canosa sul versante SE. del M. Amaro, la grotta Caprara sul fianco del M. Cavallo ecc.
Coperta di neve nelle aree più elevate, durante molti mesi dell'anno, la Maiella non ha oggi peraltro ghiacciai o nevai permanenti; ebbe tuttavia, durante l'era glaciale, un notevole sviluppo di lingue ghiacciate, che scendevano verso N. nelle valli dell'Orte e dell'Orfento e anche a S. (vallone Macchia Lunga); ne sono testimoni soprattutto i copiosi depositi morenici in basso, i circhi in alto.
Il bosco, che un tempo rivestiva gran parte delle aree culminali, è ora ridotto a pochi lembi (faggio, leccio, in basso; pini in alto) e non va oltre i 1700 m.; più in su sono pascoli, noti per la varietà delle erbe aromatiche e per la ricchezza dei fiori; al di sopra di 2200 m. appare peraltro la roccia nuda e desolata.
Parecchi centri abitati sorgono alle falde della Maiella, specialmente a O. e a SE.; i più elevati sono Campo di Giove (1064 m.) e Roccacaramanico (1050 m.). Non vi sono abitazioni isolate permanenti più alte (se si eccettui la stazione di Palena, 1270 m.), mentre frequenti sono le dimore estive dei pastori (stazzi). Nel Medioevo le numerose grotte servirono spesso di rifugio a eremiti; frequenti vi sorsero anche i monasteri, come la celebre abbazia di S. Salvatore a Maiella, il Magellanum Monasterium nel quale fu educato il giovane Desiderio, poi papa Vittore III, il monastero di S. Liberatore in Valle Alento e l'abbazia di S. Martino in Valle sul Verde.
Il cuore della montagna è tuttora assai impervio, elevati e malagevoli i valichi (guadi) da O. a E.; per tale carattere, e anche per i nascondigli offerti dalle grotte e dai profondi valloni, la Maiella servì di rifugio in epoche di brigantaggio. Oggi una bella strada carrozzabile risale dalla valle del Pescara a Caramanico e di qui a S. Eufemia e Roccacaramanico, discendendo per il Guado di S. Leonardo (1265 m.) a Pacentro; quivi si raccorda alla strada da Sulmona a Campo di Giove e Pescocostanzo. Per le ascensioni sul M. Amaro e sulle prossime cime servono come punti di partenza preferibilmente Caramanico e Lama, un rifugio alpino è proprio sotto la cima dell'Amaro.
Bibl.: F. Sacco, Il gruppo della Maiella, in Mem. R. Accad. delle scienze di Torino, LX (1909), pp. 1-39, con carta geologica al 100.000.
Il monastero di S. Spirito della Maiella.
Fin dal sec. XII abbiamo notizia di questo cenobio, che, circondato da numerosi romitorî scavati in gran parte nella roccia, si eleva sopra uno degli estremi contrafforti della Maiella, il Morrone. Esso deve la sua rinomanza a San Pietro Celestino, il famoso Celestino V (v.): quivi egli s'era ritirato, verso il 1242, a vita eremitica e vi aveva di poi istituito l'ordine dei celestini (v.); quivi lo trovarono i legati del conclave di Perugia, venuti ad annunziargli la sua elevazione al pontificato, e quivi egli trascorse altri due mesi, dopo "il gran rifiuto", nel 1292. Per concessioni di pontefici, fra cui lo stesso Celestino V, per munificenze dei re di Napoli e di potenti casate abruzzesi, per oblazioni di fedeli, i possessi terrieri e i proventi del cenobio, nonché la giurisdizione canonica e civile del suo abate, divennero grandissimi e contribuirono a far tralignare la pia istituzione dalla rigida regola datale dal fondatore.
Anche gli edifici subirono, soprattutto nei secoli XVI e XVIII, trasformazioni e restauri, che alterarono profondamente la linea severa dell'antica abbazia costruitavi da Carlo II d'Angiò. La soppressione e l'incameramento dei suoi beni, ordinati da Giuseppe Bonaparte nel 1807, furono l'inizio dell'abbandono in cui venne a cadere il vetusto monumento; del decoro artistico di esso serba tuttora magnifica testimonianza precipuamente la cappella di casa Caldora, ch'è adorna di affreschi e di monumenti sepolerali pregevolissimi.
Bibl.: M. Inguanez, Le belle pontificie di S. Spirito di Morrone, conservate nell'archivio di Montecassino, in Gli archivi italiani, V (1918); A. Lubin, Abbatiarum Italiae brevis notitia, Roma 1693; P. Piccirilli, Gli affreschi della cappella Caldora in S. Spirito di Sulmona, in Arte, XV: id., L'abbazia di S. Spirito e l'eremo di Pietro Celestino sul Monte Morrone, in Monumenti architettonici sulmonesi, ecc., Lanciano 1901; V. Zecca, Memorie artistiche istoriche della Badia di S. Spirito sul Monte Maiella, Napoli 1858; F. Lo Parco, Attraverso gli Abruzzi. All'abbazia di S. Spirito e agli eremi di P. del Morrone (a proposito di un viaggio di P. Paolo Parzanese nel 1838), Napoli 1913.