MAGONE
. Generale cartaginese, il più giovane dei tre figli di Amilcare Barca. È menzionato per la prima volta nel 218 a. C., quando partecipò, sotto gli ordini del fratello maggiore Annibale, all'invasione dell'Italia. Ci viene detto che contribuì validamente al passaggio del Rodano per opera dei Cartaginesi, ma qui forse il suo nome è sostituito a torto a quello di Annone dato dalla tradizione più fededegna. Con sicurezza sappiamo che inseguì con la cavalleria i Romani dopo la battaglia del Ticino. Partecipò poi alla battaglia della Trebbia, dove gli venne affidato l'agguato famoso, la cui importanza però sembra fosse dagli antichi assai esagerata. Combatté nel 216 a Canne, comandando col fratello il centro cartaginese. Dopo Canne avrebbe consigliato ad Annibale la marcia su Roma, ma il consiglio, la cui storicità è incerta, è ascritto dalla tradizione più sicura a Maarbale. Annibale, dopo essersene servito nella sottomissione dell'Italia meridionale, lo mandò a Cartagine per annunziare il successo e chiedere aiuti. La vittoria riportata nel 215 dagli Scipioni sull'Ebro contro Asdrubale Barca indusse i Cartaginesi a inviare M. con notevoli rinforzi non in Italia ma in Spagna.
Qui peraltro le sorti della guerra non cambiarono perché Asdrubale dovette esserne richiamato per fronteggiare la ribellione di Siface in Numidia. Gli Scipioni procedettero vittoriosamente fino a Castulone e Ursone, dove svernarono (212-11), ma ora, pacificata la Numidia, tre eserciti cartaginesi agli ordini di Asdrubale figlio di Amilcare, di Asdrubale figlio di Gisgone e di M. si concentrarono contro i Romani, il primo contro il campo di Cn. Scipione, gli altri due contro quello di Publio. Publio uscito dal suo campo (primavera 211) per attaccare Indibile che conduceva rinforzi spagnoli ai Cartaginesi, fu durante il combattimento assalito da Asdrubale e M. e perì con le sue truppe. Allora i tre eserciti si riunirono contro il campo di Cn. Scipione. Scipione cercò di fuggire nascostamente, ma fu raggiunto, battuto e ucciso. I duci cartaginesi ricuperarono il territorio a sud dell'Ebro e passarono anche a nord di esso; non riuscirono però a cacciare i Romani dalle loro basi fra l'Ebro e i Pirenei, per quanto possa esservi molta esagerazione nei racconti delle vittorie che allora i Romani avrebbero riportato Sugli avversarî. Comunque, il dissenso fra i tre duci e la mancanza d'iniziativa furono fatali ai Cartaginesi quando sopravvenne (210) nella Spagna il giovane P. Scipione poi detto Africano. Egli riuscì subito (209) a impadronirsi di Cartagena, quindi sconfisse (208) Asdrubale Barca, profittando della lontananza dei colleghi. Asdrubale prese la via d'Italia e i Cartaginesi si ridussero in Spagna alla difensiva, ma questa difensiva non fu felice. Essi avevano diviso di nuovo i loro eserciti nel 207 e Scipione, mandando Silano contro M. nella Celtiberia, mosse egli stesso contro Asdrubale di Gisgone nella Betica M. fu battuto da Silano ma poté raggiungere Asdrubale; entrambi furono sconfitti da Scipione nella battaglia di Ilipa o Silpia, che non fu risolutiva per sé stessa, ma per la disastrosa ritirata che le tenne dietro. I duci cartaginesi si rifugiarono a Cadice, donde M. cercò di apprestare la resistenza. Asdrubale di Gisgone essendo tornato in Africa, M. che era rimasto comandante supremo in Spagna inviò Annone a contrastare nella Betica l'avanzata romana. Ma Annone fu battuto e M., vedendosi ormai ristretto alla sola Cadice, tentò di là con tutte le forze una sorpresa su Cartagena, che non gli riuscì. Dopo di che riprese la via di Cadice. Cadice peraltro gli chiuse le porte, preferendo venire in tempo a patti con Roma. E M., messi a morte i magistrati gaditani che gli avevano annunziato questa deliberazione dei loro concittadini, si ridusse, con tutto quel che gli rimaneva di forze di terra e di mare, nelle Baleari dove passò l'inverno del 206-05. Alla primavera del 205 sbarcò con tutte le forze in Liguria impadronendosi di Genova e afforzandosi poi con l'appoggio degl'Ingauni in Savona. Questa diversione però, se mirava davvero a soccorrere Annibale almeno indirettamente o a tenere lontani i Romani dall'Africa, non raggiunse né l'uno né l'altro intento. Su tale impresa a ogni modo e sulla fine stessa di Magone le notizie che abbiamo sono assai incerte e contraddittorie. La versione più probabile pare questa: che M., avanzatosi nel paese degli Insubri, ivi fosse battuto dai Romani e costretto a ripiegare attraverso i passi delle montagne liguri sopra Savona. Qui trovò l'ordine di tornare in Africa per partecipare con Annibale all'estrema difesa della patria minacciata da Scipione. Imbarcatosi con le sue forze motì nel tragitto per effetto delle ferite riportate nella battaglia (203).
Fu ufficiale valoroso e fedele alla patria e al fratello Annibale. Gli mancava peraltro la capacità per i posti di comando. A tale incapacità sua si deve in buona parte se i Cartaginesi perdettero la guerra di Spagna e con essa e per effetto di quella perdita la seconda guerra punica.
Bibl.: T. Friedrich, Biographie des Barkiden Mago, Vienna 1880; C. Neumann, Das Zeitalter der punischen Kriege, Breslavia 1883; K. Lehmann, Die Angriffe der drei Barkiden auf Italien, Lipsia 1905; O. Meltzer-U. Kahrstedt, Gesch. d. Karthager, III, Berlino 1913; G. De Sanctis, St. dei Romani, III, ii, Torino 1917; E. Pais, Storia di Roma durante le guerre puniche, II, Roma 1927; B.L. Hallward, in Cambridge Ancient HIst., VIII, Cambridge 1930.