ENNODIO, Magno Felice (Magnus Felix Ennodius)
Poeta e oratore latino cristiano, nato in Gallia, probabilmente ad Arles. Dopo la morte dei genitori, fu educato nell'Italia settentrionale da una zia, ch'egli perdette sedicenne, allorché Teodorico scese in Italia (onde la nascita è da porre nel 473 o 474). Trovò quindi "una casa ricchissima per censo e per religione" che lo accolse; poco dopo si fidanzò (o sposò? cfr. Eucharisticum, ed. Hartel, p. 400, l. 20 segg.; ed. Vogel, p. 304, l. 2 e l'apparato) con una ricca giovinetta. Ma poi si diede al sacerdozio (anche la donna entrò in religione) prima presso il vescovo Epifanio di Pavia, poi presso Lorenzo di Milano. Così poté partecipare alle discussioni intorno alla contrastata elezione di papa Simmaco e allo scisma laurenziano. A Milano E. stette fino circa il 513; lo troviamo poi incaricato da papa Ormisda di due missioni a Costantinopoli (per ottenere la piena adesione dell'imperatore Anastasio ai decreti di Calcedonia): ivi subì traversie, per cui i papi Nicolò I e Giovanni VIII lo considerarono come un confessore della fede ortodossa. Era allora vescovo di Pavia, ove morì il 17 luglio 521.
Gli scritti d'E. furono raccolti, non da lui, seguendo all'ingrosso l'ordine cronologico; il Sirmond (seguito dal Hartel, ma non dal Vogel) li ordinò in categorie: Epistulae (297, in 9 libri), Opuscula (Panegirico a Teodorico, Libellus pro synodo, Vita di Epifanio, Vita di Antonio [eremita sul lago di Como e a Lérins], Eucharisticum, Paraenesis didascalica, Praeceptum de cellulanis, Petitorium quo absolutus est Gerontius, Benedictio cerei I e II), Dictiones e Carmina (176 in due libri, il primo di poesie varie, il secondo di epigrammi). L'elaboratissimo Panegyricus dictus clementissimo regi Theoderico ricorda le azioni di questo re fino al 504 e si può porre nel 506 o 507, parallelo cioè al decisivo intervento del re in favore di Simmaco. A un momento anteriore ci riconduce il Libellus adversus eos qui contra synodum scribere praesumpserunt, risposta all'Adversus synodum absolutionis incongruae, d'un partigiano di Lorenzo, scritto in protesta contro il primo sinodo romano che aveva assolto il papa da ogni accusa; E. vi sostiene che il papa non può essere giudicato da nessuno (cfr. p. 316 ed. Hartel). L'Eucharisticum (o Eucharisticon) de vita sua è un ringraziamento e una confessione a Dio per la salute ricuperata da E. in seguito alle preghiere da lui rivolte al martire Vittore; vorrebbe arieggiare nel sentimento e nello stile (non senza reminiscenze, specie là dove il barocchismo è maggiore: de manu linguae meae confessio ista procederet, ed. Hartel, p. 398, l. 5-6, cfr. Aug., Conf., V, 1, 1 e XII, xii, 13) le Confessioni di S. Agostino. Le lettere sono dirette a varî personaggi, tra i più importanti del tempo (anche a donne, tra cui la sorella Euprepia). Delle Dictiones, alcune sono discorsi d'occasione, composti anche per altri; le più, esercitazioni scolastiche su temi convenzionali (p. es. 16, In eum qui proemii nomine vestalis virginis nuptias expostulavit; 26, Verba Menelai cum Troiam videret exustam), non di rado scritte da E. per favorire giovani amici. Nelle poesie, benché una volta protesti contro le falsità degli antichi e invochi lo Spirito Santo (I, 1x, vv.1-50), E. non sdegna di rappresentare Apollo, Venere, le Muse: nell'epitalamio per Massimo (I, 1v), Amore si lamenta con Venere dell'ascetismo introdotto dal cristianesimo. Il poeta più imitato è Virgilio; i sette mediocri inni religiosi arieggiano quelli di S. Ambrogio.
In sostanza, E. è retore più che poeta; desideroso d'impressionare con la ricchezza delle immagini e la sonorità della frase riesce lambiccato e contorto e dimostra che non ha nulla di suo da dire: nemmeno nelle lettere, scritte anch'esse per fornire modelli di stile. Ma - a parte il valore storico di qualche scritto, come la Vita d'Epifanio - egli fornisce la prova dell'attrazione che le tradizioni classiche (sia pure ridotte alla retorica) esercitavano ancora al suo tempo.
Ediz.: Il miglior codice è il Bruxellensis 9845-47, sec. IX; ed. principe, Monumenta S. Patrum orthodoxorapha, Basilea 1569, p. 269 segg.; A. Schott, Tournai 1611; J. Sirmond, Parigi 1611; G. Hartel, Vienna 1882 (Corpus Scriptor. Eccles. Latin., VI); F. Vogel, Berlino 1885 (Monumenta Germ. Histor., Auct. antiquiss., VII).
Bibl.: L. Duchesne, Observations sur quelques passages du Libellus pro synodo d'E. de Pavie, in Rev. de phil., VII (1883), p. 78; F. Magani, Ennodio, Pavia 1886, voll. 3; L. A. Ferrai, Il matrimonio di E., in Arch. stor. lomb., s. 2ª, X (1893), p. 948; C. Cipolla, in Arch. stor. ital., s. 4ª, XI (1883), pag. 353 segg. (sul Panegirico); F. Voge, Chronol. Untersuch. zu E., in Neues Archiv der Gesell. f. ält. deutsche Geschichtsk, XXIII (1898), p. 51; A. Dubois, La latinité d'E., Diss., Parigi 1903 (cfr. P. Rasi, in Boll. soc. pav. di st. pat., III, 1903); P. Rasi, Dell'arte metrica di M. F. E., in Boll. soc. pav. di st. pat., II (1902), p. 87 e IV (1904), p. 153; id., in Rend. R. Ist. lombardo, s. 2ª, XXXV (1902), p. 335 e XXXVII (1904), p. 957; R. Cessi, in Arch. soc. rom. st. pat., XLII (1919), p. 195 (per il Libellus); M. Schanz (C. Hosius, G. Krüger), Gesch. d. röm. Literatur, IV, ii, Monaco 1920, pp. 131-148.