magnetismo
L’altra faccia dei fenomeni elettrici
In principio fu la calamita. Nell’antichità si conosceva una sostanza, la magnetite, capace di attirare a sé oggetti metallici; più tardi si osservò che anche la Terra mostrava proprietà magnetiche in grado di orientare un ago magnetizzato sempre nella stessa direzione. Nell’Ottocento la scoperta dell’esistenza di forze magnetiche dovute al passaggio di corrente elettrica ha permesso la costruzione dei motori e dei generatori elettrici. Infine, con le onde elettromagnetiche è stato possibile realizzare dispositivi di comunicazione a distanza, quali radio, televisione, telefoni cellulari
I fenomeni magnetici sono noti fin dall’antichità. La magnetite, sostanza così chiamata perché si trovava in gran quantità vicino alla città greca di Magnesia, riesce ad attirare oggetti metallici posti nelle vicinanze. Ogni pezzo di magnetite, chiamato anche magnete o calamita, possiede due poli, il polo nord e il polo sud. Il polo nord di un magnete attira il polo sud di un altro, mentre due poli analoghi si respingono tra loro.
Verso la metà del Quattrocento, si notò che un ago magnetico lasciato libero di muoversi vicino alla superficie terrestre ruotava fino a rivolgersi sempre verso un punto preciso della Terra, chiamato polo nord magnetico terrestre poco distante dal Polo nord geografico. Il nostro pianeta si comporta, quindi, come una grande calamita e questa sua proprietà è stata utilizzata per costruire la bussola, dove un ago magnetico è lasciato libero di ruotare e punta sempre il nord. La bussola è di enorme utilità per potersi orientare, specialmente in mare, dove non esistono altri punti di riferimento.
Nel 1820, durante alcuni esperimenti con i circuiti elettrici, ci si accorse che un ago magnetico ruotava su sé stesso quando era posto nelle vicinanze di un filo percorso da corrente e tornava nella posizione originaria solo se il flusso di cariche veniva interrotto. Fu così dimostrata l’esistenza di una stretta relazione tra i fenomeni elettrici e quelli magnetici. Sulla base di queste esperienze i fisici francesi Jean-Baptiste Biot, Félix Savart e André-Marie Ampère trovarono le relazioni esatte che legano l’intensità di corrente che attraversa un circuito e la forza magnetica prodotta dal passaggio di cariche. Ampère studiò la forza che agisce tra due circuiti percorsi da corrente, scoprendo che questa dipende dal prodotto delle intensità di corrente (aumenta all’aumentare della corrente) ed è inversamente proporzionale alla distanza tra i circuiti (diminuisce quando vengono allontanati); inoltre, è repulsiva se le due correnti scorrono nello stesso verso e attrattiva se scorrono in verso opposto.
Mettendo un po’ di limatura di ferro in prossimità di un filo percorso da corrente, la limatura si dispone a cerchi concentrici intorno al filo; anche gli aghi magnetici si orientano sempre lungo una circonferenza concentrica al filo. Ampère provò a compiere l’esperienza opposta. Costruì un circuito elettrico circolare, chiamato solenoide, e ne studiò gli effetti magnetici: al passaggio della corrente elettrica il solenoide si comportava esattamente come un magnete, mostrando un polo nord e un polo sud. Questo significa che le proprietà magnetiche non sono presenti solo in materiali ‘speciali’, come la magnetite, ma possono essere prodotte in laboratorio.
Un magnete o un solenoide generano un campo magnetico, cioè modificano le caratteristiche dello spazio circostante. La disposizione a cerchi concentrici della limatura di ferro mette in evidenza proprio l’esistenza di un campo di forze: le linee chiuse, chiamate linee di forza, escono da un polo ed entrano nell’altro e un ago magnetico tende sempre a ruotare fino a orientarsi lungo una linea di forza.
Le linee sono chiuse, a differenza delle linee di forza dei campi gravitazionali o elettrici. Nel caso elettrico, infatti, esistono separatamente le cariche positive e quelle negative, nel caso gravitazionale esiste una sola ‘carica’, la massa, mentre un magnete ha sempre due poli e le linee di forza escono da uno ed entrano nell’altro. A tutt’oggi non è mai stato osservato un monopolo magnetico (un polo sud o un polo nord isolato), sebbene alcune teorie fisiche ne prevedano l’esistenza.
Se vicino a un filo percorso da corrente (che produce una forza magnetica) viene posto un magnete, la repulsione magnetica può portare il filo ad allontanarsi dal magnete. Il grande scienziato inglese Michael Faraday sfruttò l’idea per costruire il progenitore del motore elettrico. Nel dispositivo di Faraday un tratto del circuito è composto da mercurio contenuto in una bacinella. Il mercurio è un ottimo conduttore e, essendo liquido, permette a un estremo del filo di muoversi senza però aprire il circuito, cioè senza interrompere il passaggio di corrente. Fino a quando passa la corrente nel circuito, il filo si muove e questo movimento può essere trasmesso, per esempio a un sistema di ruote. Ma Faraday fece di più: ipotizzò che fosse valido anche il contrario, cioè che la presenza di un campo magnetico generasse corrente elettrica in un filo conduttore. Riuscì a dimostrare che questo effettivamente avveniva nel caso in cui il campo magnetico variava nel tempo. Per esempio, se avviciniamo un magnete a un circuito e poi lo allontaniamo, il campo magnetico in cui è immerso il circuito varia e, attraverso di esso, passa corrente elettrica. In base a questo principio funzionano i generatori di corrente. Per esempio, come è possibile trasformare l’energia di caduta dell’acqua in elettricità, cosa che avviene nelle centrali idroelettriche? La caduta di acqua non viene utilizzata per far girare le pale di un mulino, ma per far muovere un magnete vicino a un circuito elettrico. La variazione di campo magnetico, dovuta al movimento del magnete, genera una corrente elettrica all’interno del circuito.
Se un campo magnetico è generato dalla presenza di correnti elettriche, come mai alcuni materiali, come la magnetite, presentano naturalmente caratteristiche magnetiche anche se non sono associati a correnti elettriche esterne? Nel 19° secolo, James Clerk Maxwell ipotizzò che questo fosse dovuto alla presenza di correnti elettriche all’interno dei materiali. Ai tempi di Maxwell ancora non si sapeva che la materia era formata da atomi e che in essi vi erano particelle cariche elettricamente, il cui movimento (che corrisponde proprio a minuscole correnti) si può paragonare all’esistenza di piccolissimi aghi magnetici. In alcuni materiali, come la magnetite, questi aghi si allineano tutti nella stessa direzione, cosicché i loro effetti si sommano e ne risulta un campo magnetico che si può osservare all’esterno. Materiali dotati di questa proprietà sono chiamati ferromagnetici. Nei materiali in cui, invece, gli ‘aghi’ atomici sono disordinati, i singoli effetti si annullano tra loro ed esternamente non si osserva alcun campo magnetico. In questo caso si parla di materiali paramagnetici.
Maxwell ragionò in questo modo: se un campo magnetico variabile genera un campo elettrico, dovrebbe essere vero anche il contrario. Un campo elettrico variabile dovrebbe generare un campo magnetico, la cui variazione a sua volta genererebbe un campo elettrico, e così via. Maxwell ritenne che questa continua alternanza di campi elettrici e magnetici potesse viaggiare nello spazio come un’onda si propaga nel mare e scrisse le equazioni che descrivono il comportamento di un’onda elettromagnetica. Da queste equazioni risulta che un’onda elettromagnetica si propaga sempre a una velocità fissata che, fu dimostrato in seguito, è uguale alla velocità della luce (circa 300.000 km/s). Le onde elettromagnetiche possono essere trasmesse e captate a distanza, permettendo la comunicazione senza fili, quella su cui sono basate, per esempio, tutte le telecomunicazioni.