magnete
magnète [Der. del gr. Mág✄nes (líthos) "pietra di Magnesia (al Silipo)", lat. magnes -etis] [STF] [EMG] Denomin. data inizialmente a rocce naturalmente capaci di attirare oggetti di ferro, le prime delle quali Talete (6° sec. a.C.) riportò che fossero state trovate nei pressi della città di Magnesia al Silipo, ora capitale dell'omonima provincia turca sul mare Egeo; si tratta di rocce vulcaniche contenenti forti percentuali di minerali ferrimagnetici (principalmente magnetite) che avevano acquistato quella proprietà attrattiva per azione del campo magnetico terrestre durante la fase del loro raffreddamento e consolidamento dal magma effuso, cioè che avevano acquistato quella che oggi si chiama magnetizzazione termoresidua (v. paleomagnetismo: IV 441 f). Queste rocce magnetizzate furono poi chiamate m. naturali quando, a partire dal Medioevo, si cominciò a fabbricare m. artificiali, soprattutto per costruire bussole navali, strofinando fili di ferro su tali rocce, sempre nello stesso verso, e con altri accorgimenti tecnici gelosamente custoditi, e poi riunendo opportunamente i fili (in quest'arte eccelsero sino a tutto il 18° sec. spec. artigiani inglesi); si diffuse anche il termine calamita come sinon. di m. (e così per termini derivati: calamitare per magnetizzare, ecc.). Quando però, a partire da circa il 1820, si scoprì che era possibile ottenere mediante fili metallici percorsi da corrente elettrica (continua) gli stessi effetti dati dai m., la denomin. di m. artificiali fu data, appunto, a tali dispositivi elettrici e magnetici, che oggi chiamiamo elettromagneti (nel recente passato, anche elettrocalamite). Si scoprì presto che la capacità di diventare un m., cioè di attirare pezzi di ferro, era esclusiva di certi materiali (di ferro e di pochi altri elementi, e loro leghe: materiali ferromagnetici e ferrimagnetici) che fossero stati esposti, una volta per tutte, al-l'azione di un altro m. o di un elettromagnete. Scomparsi da lungo tempo ormai i m. tratti da rocce magnetizzate, come m., visti principalmente quali generatori di campi magnetici, s'intendono attualmente le due categorie degli elettromagneti (→ elettromagnete) o m. temporanei (le loro proprietà scompaiono infatti se s'interrompe la corrente elettrica che li alimenta) e dei m. permanenti o m. senza ulteriore specificazione, e cioè manufatti ferro- o ferrimagnetici sottoposti, una volta per tutte, a un procedimento di magnetizzazione. In linea generale, si tratta di circuiti magnetici (v. magnetostatica nella materia: III 594 c) nei quali agisce una forza magnetomotrice (elettromagneti: tale forza e quindi il campo magnetico nascono da sorgenti vettoriali derivanti dalla corrente elettrica che li alimenta) oppure non agisce una forza magnetomotrice (m. permamenti: il campo nasce da sorgenti scalari derivanti da una preventiva magnetizzazione). ◆ [EMG] M. a poli alternati: → ondulatore. ◆ [EMG] M. a U: v. magnetostatica nella materia: III 596 Fig. 8.1.1. ◆ [EMG] M. bipolare: v. fasci di particelle cariche: II 517 d. ◆ [FSN] M. deflettore: elettromagnete usato, per es., negli acceleratori di particelle per dirigere su un bersaglio un fascio di particelle cariche veloci: v. ottica delle particelle: IV 377 f. ◆ [STF] [EMG] M. indotto: denomin. di ogni corpo che, avvicinato a un m., si magnetizza sensibilmente: v. magnetismo: III 521 d. ◆ [STF] [EMG] M. lineare o a sbarra: v. magnetostatica nel vuoto: III 598 c. ◆ [FTC] [EMG] M. permanente: corpo, di varia forma (cilindrica, toroidale con traferro, a U, ecc.), ottenuto per lavorazione meccanica di materiale magnetico duro, cioè materiale ferro- o ferrimagnetico ad alto campo coercitivo, poi sottoposto all'azione di un campo magnetizzante: v. magnetostatica nella materia: III 596 e (anche per le caratteristiche del campo magnetico interno e di quello generato all'esterno); se ben conservato (in partic., chiudendone con un'ancora di ferro dolce le espansioni polari ed evitando sbalzi termici) mantiene molto a lungo la magnetizzazione impressa. ◆ [EMG] M. quasi toroidale: v. magnetostatica nella materia: III 596 Fig. 8.1.2. ◆ [EMG] M. superconduttore: generatore di un intenso campo magnetostatico quasi permanente in volumi abbastanza grandi (campi con induzione dell'ordine di 10 T, in qualche dm3), costituito da un avvolgimento toroidale (bobina) di materiale tenuto in condizioni di superconduzione (cioè a temperatura minore di quella di superconduzione e quindi in un termostato), nel quale viene lanciato, per induzione elettromagnetica, un impulso di corrente elettrica che lo percorre quasi permanentemente senza ulteriore alimentazione elettrica. Un problema che s'incontra nella realizzazione di m. superconduttori è la facilità con la quale s'innesca nel materiale di cui è fatta la bobina il processo di transizione dalla superconduzione alla conduzione normale, cioè si ripristina una resistenza elettrica sensibile; la transizione si presenta come un processo a catena, esaltato dalla bassissima conduttività termica e dal basso calore specifico del materiale, con conseguenti riscaldamenti e sovratensioni deleterie per la bobina. Questo inconveniente è stato superato immergendo molti fili del diametro tra 10 e 100 μm di materiale superconduttore (Nb₂O₃, leghe Nb-Zr, ecc.) in una matrice di rame molto puro e ben ricotto; in tal modo, se avviene la transizione in un filo, la corrente si distribuisce anche nella matrice che, per la grande capacità termica, impedisce che la temperatura salga oltre il valore critico; per la migliore conducibilità termica del rame, poi, il filo può raffreddarsi e richiamare così di nuovo la corrente, evitando la transizione di tutta la bobina. ◆ [EMG] M. temporaneo: (a) lo stesso che elettromagnete (v. sopra); (b) non comune, qualunque circuito percorso da corrente elettrica.