MAGNA CURIA
. Nel Medioevo la parola Curia significò insieme (v. corte) la residenza sovrana, il seguito del capo dello stato, le assemblee bandite dallo stesso, alcune magistrature in origine direttamente dipendenti dal medesimo: nel regno di Sicilia, oltre a tali accezioni, significò anche lo stato stesso e l'organo centrale della pubblica amministrazione. Nel quale ultimo significato, a differenza che in Francia ove fu detta solo Curia regis, essa fu detta sotto i Normanni Magna, anzi Magna Regia Curia.
Dapprima, essa fu un consiglio che funzionava in permanenza presso il re, composto dai grandi officiali della corona (cinque: ammiraglio, senescalco, cancelliere, protonotario, camerario), di una serie di consiglieri regi e di molti funzionarî regi, e investito di funzioni direttive e consultive, politiche, amministrative, giudiziarie. Ma poi questo organismo unico non bastò più e il re ne suddivise le attribuzioni tra più persone, non più soltanto primati per nascita o per potenza, ma anche tecnici, i quali collaboravano con i primi, giuridicamente sotto la veste modesta di assessori o consiglieri, ma raggiungendo talvolta un'autonomia di fatto, se non di diritto. Ben presto, infatti, sotto Guglielmo II si ebbe una Magna Curia Rationum, supremo organo finanziario, alle dipendenze sempre più nominali del camerario, e una Magna Curia, la quale, allorché funzionava come corte di giustizia, era composta solo di giustizieri e maestri giustizieri, cioè di alti funzionarî, i quali già prima formavano la parte stabile e permanente della curia accanto ai vassalli laici ed ecclesiastici e ai grandi officiali suddetti. La distinzione continua sotto gli Svevi, allorché i grandi officiali dello stato divengono sette (vi si aggiungono il connestabile e il maestro giustiziere - quest'ultimo da officiale regionale passa a unico capo della giustizia), si stabilizza la Magna Curia finanziaria e si riorganizza nel 1244 la giudiziaria, composta del maestro giustiziere e di un suo luogotenente, di quattro giudici, dell'avvocato e procuratore del fisco e di officiali minori, con competenza di prima e seconda istanza e con funzioni ispettive, da esercitarsi d'ufficio, attraverso sedute da tenersi nelle varie provincie: dalle sue decisioni poteva, talvolta, però, appellarsi a tutto il corpo della Magna Regia Curia.
Sotto gli Angioini, continua la tripartizione: v'è la Magna Curia, complesso dei sette grandi officiali suddetti - ma a fianco si ha pure un consiglio segreto regio, che è il precedente del sacro regio Consiglio aragonese -; la Magna Curia dei maestri razionali, trasformata poi nella Camera della Sommaria; la Magna Curia del maestro giustiziere - al cui fianco sorgono, sotto Carlo I, dei giudici di appello, che giudicano in seconda istanza le cause già decise in prima da quel tribunale -, e nel 1304 una curia del gran senescallo, poi curia regale, poi curia ducale, poi curia della vicaria, la quale man mano acquista funzioni affini. Anzi, dato il duplicato dei due supremi organi giudiziarî, dal 1336 al 1345 fu abolita la Magna Curia giudiziaria, restando solo la vicaria, e nel 1420 furono legalmente e definitivamente identificate le competenze dei due tribunali. Infine, questi furono fusi da Alfonso I d'Aragona, pare, nel 1442, nella Gran corte della vicaria, la quale restò fino al 1808, come secondo tribunale del regno di Napoli, prima accanto al detto regio Consiglio e poi accanto alla regia Camera di Santa Chiara: così con la nuova organizzazione aragonese sparisce la Magna Curia nella sua triplice accezione: anche, in linea di fatto, nel primo significato, perché i grandi officiali del regno hanno sempre più mansioni meramente onorifiche.
Bibl.: G.M. Monti, Dal sec. VI al XV, Bari 1929.