MAGI
Sacerdoti persiani dediti al culto del fuoco e depositari dell'insegnamento di Zoroastro. Secondo Mt. 2, 1-12, i M. giunsero a Betlemme guidati da una stella per adorare Gesù Bambino.Nella tradizione letteraria come nell'iconografia medievale dei M. convergono, spesso integrandosi o sovrapponendosi le une alle altre, fonti diverse per origine, natura e contenuto: la testimonianza, stringata ed essenziale, del Vangelo di Matteo, l'esegesi condotta dai Padri della Chiesa, i vangeli apocrifi e le leggende elaborate in Oriente dalle comunità cristiane, oltre alle opere di compilazione e sintesi come la Legenda aurea di Jacopo da Varazze, alla quale l'iconografia largamente attinse, e la Historia trium regum (1370 ca.), che compendia e conclude la speculazione medievale sui M. evangelici, scritta dal carmelitano Giovanni di Hildesheim con l'intento di legittimare l'autenticità delle spoglie dei M. traslate da Milano a Colonia nel 1164. Da ricordare anche la testimonianza di Marco Polo, che afferma di aver visitato nella città persiana di Sāva le tombe dei Magi.Il prestigio dei M., ben noti al mondo greco per i cospicui contatti con la scuola di Mileto, era ancora altissimo quando, tra il 50 e il 55, Matteo redasse in aramaico il suo vangelo, tradotto poco dopo in greco. L'evangelista, perciò, si limita a riferire della stella avvistata in Oriente, dell'incontro dei M. con Erode, dell'angelo apparso loro in sogno per dissuaderli dal tornare da Erode, infine del loro ritorno a un imprecisato paese d'origine. Re caldei discepoli di Balaam, come sostengono Origene, Girolamo, Basilio di Cesarea e Gregorio di Nissa, o saggi provenienti dalla Persia, come vogliono, tra gli altri, Prudenzio, Cirillo d'Alessandria e Giovanni Crisostomo, i M. sono comunque gentili, cioè pagani, che, con il loro omaggio, riconoscono al Bambino natura divina, in contrasto con i giudei, che non ammettono la regalità sovrannaturale di Gesù.L'osservazione del moto degli astri e dei fenomeni celesti era propria della tradizione mesopotamica e l'attesa di un salvatore, il Saoshyant, era maturata in area iranica, in seno alla religione mazdea, della quale i M. costituivano il corpo sacerdotale. Dell'attesa messianica riferita a un ambiente non cristiano fanno menzione i testi apocrifi (Protovangelo di Giacomo, redatto tra il sec. 2° e il 6°; Vangelo arabo dell'infanzia), nonché il cospicuo corpus di leggende elaborate in area siromesopotamica (Caverna dei tesori, datata al 500 ca., nota anche come Kitāb al-Majāll nella traduzione araba del sec. 10°) e iranica (Opus imperfectum in Matthaeum, Cronaca di Zuqnīn).Nella letteratura orientale (Vangelo arabo dell'infanzia) come in quella occidentale (Excerpta Latina Barbari, del 600 ca.) sono registrati i nomi dei M.: Baldassarre 'il protetto del Signore', Melchiorre 'il re della luce' e Gaspare 'colui che ha conquistato il farr', cioè una qualità luminosa che è conoscenza magica incommensurabile. Legato alla cristianità per l'episodio dell'adorazione del Bambino e anche per il viaggio in India dell'apostolo Tommaso, che secondo la tradizione orientale fu alla sua corte, Gaspare è da identificare con Gondofare, potente sovrano indo-partico formato alla cultura ellenistica e di profonda religiosità, come provano i simboli che compaiono sulle sue monete (Bussagli, Chiappori, 1985, p. 65ss.). Significativo è anche il numero dei M., che viene fissato a tre: tre sono i doni, tre è il numero perfetto e tre sono le razze umane (semitica, camitica, giapetica) che i M. rappresentano, a significare l'universalità del messaggio cristiano; inoltre l'autore delle Excerptiones patrum, testo del sec. 12° attribuito a Beda il Venerabile, definisce uno dei M. fuscus, mentre Baldassarre viene talora raffigurato come negro. I M. rappresentano anche le tre età dell'uomo (giovinezza, maturità, vecchiaia) in rapporto al tempo infinito, generatore d'ogni realtà, incarnato dal Bambino. Secondo la tradizione, infine, i doni dei m. fanno riferimento alla natura divina di Gesù: l'oro è un omaggio a Cristo sovrano dell'universo, l'incenso al Cristo sacerdote, la mirra - che per alcuni Padri della Chiesa prefigura la passione e la morte di Gesù - è simbolo del Cristo taumaturgo.La più antica raffigurazione dei M. evangelici risale all'arte paleocristiana, nella pittura catacombale (Roma, catacombe di Priscilla, cappella Greca, 220 ca.) e nella scultura dei sarcofagi. Nelle catacombe romane dei Ss. Marcellino e Pietro i M. sono solo due (290 ca.), in quelle di Domitilla ben quattro (sec. 4°). Dapprima il numero dei M. fu, dunque, variabile e solo più tardi si stabilì in tre. Nelle catacombe i M. già indossano le vesti orientali (berretto frigio, clamide, chitone raccolto alla vita da una cintura e anassiridi, i lunghi pantaloni dei cavalieri persiani), certo mutuate dai costumi degli orientali, ricorrenti sugli archi di trionfo romani, e dei sacerdoti del culto mitraico. Notevole fu l'influenza dei testi apocrifi: il Vangelo dello pseudo-Matteo (XVI, 1) afferma che i M. giunsero a Betlemme due anni dopo la nascita del Bambino e in S. Maria Maggiore a Roma nel mosaico dell'arco trionfale (sec. 5°) Gesù fanciullo riceve il tributo dei M. assiso su un trono tempestato di gemme. La natura regale di Gesù è enfatizzata nel mosaico (sec. 5°) di S. Apollinare Nuovo a Ravenna: i M. recano i doni, contenuti in bacili e scrigni d'oro, con le mani velate, secondo l'antica consuetudine persiana volta a preservare il sovrano da ogni possibile contaminazione.Avori renani e carolingi e miniature, come quelle della fine del sec. 12° contenute nel perduto Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg (già Strasburgo, Bibl. Mun.), provano come sulla testimonianza evangelica si costruisse, ben presto, un vero e proprio ciclo dedicato ai M., articolato in diversi episodi. Dal sec. 10° in poi, i M. assunsero definitivamente l'aspetto regale, con l'attributo della corona, distinguendosi per l'età diversa: il vegliardo canuto, l'uomo maturo, il giovane imberbe. Determinante fu, sul finire del sec. 12°, il contributo delle sacre rappresentazioni: spesso, proprio come recitano i drammi liturgici, uno dei M. è raffigurato con una mano levata, a indicare la stella (per es. in Francia nel timpano della cattedrale di Saint-Gilles-du-Gard, del 1180 ca., e nel portale settentrionale della cattedrale di Chartres, del sec. 13°), mentre nel testo di Giovanni di Hildesheim, come nelle più tarde miniature delle Très Riches Heures del duca di Berry (Chantilly, Mus. Condé, 1284), degli inizi del sec. 15°, è evocato l'incontro dei M., provenienti da paesi diversi, al trivio presso il monte Calvario. Sempre più, con l'affermarsi del Gotico internazionale, l'attenzione degli artisti fu attratta dal corteo dei M. e l'episodio dell'Adorazione divenne un pretesto per dispiegare una fastosa parata, alla cui guida sono i M., eleganti, raffinati principi cortesi, ormai dimentichi di ogni tradizione letteraria e privi di ogni valenza simbolica.
Bibl.:
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