MADREPORE (lat. scient. Madreporaria; sin. Sclerodermata, Hexacorallia; impropriamente si usa anche, come sinonimo di Madrepore, il termine Corallarî, fr. Madrepores; ted. Madreporen, Steincorallen; ingl. Madrepores)
L'etimologia è incerta; secondo alcuni il nome deriva da mater "madre", secondo altri da μαδαρός calvo, "liscio" e πόρος "poro". Questo termine fu usato la prima volta da Ferrante Imperato (v.), che riconobbe la natura animale di questi esseri.
Col nome di Madrepore o Madreporarî s'indica un sottordine di Antozoi e precisamente di Attiniarî (Zoantarî), alcuni solitarî, ma in grande maggioranza formanti colonie o cormi con scheletro calcareo, i polipai, dei quali molti sono assai noti come costituenti delle rocce a coralli ossia dei banchi e delle isole coralline.
Il polipo dei Madreporarî è un tipico polipo di Antozoo (v. antozoi, attiniarî), con tentacoli semplici, i quali, molto spesso numerosi, disposti in più cicli, sono normalmente in numero multiplo di sei (Esacoralli), così come i setti mesenterici. Nei tentacoli si prolunga la cavità delle logge o camere, nelle quali la cavità gastrale è divisa dai setti mesenteriali che raggiungono la parete dell'esofago. Ma questo polipo, sia solitario, sia coloniale, quasi sempre fissato per la suola a un corpo solido, è di regola contenuto in uno scheletro calcareo a forma, più o meno evidente, di coppa: il calice.
Nella maggior parte delle madrepore i sessi sono separati, ma si conoscono anche specie ermafrodite, le quali sono quasi tutte dicogame per proterandria: nelle specie coloniali se ne hanno alcune monoecie, altre dioecie, senza dimorfismo tranne rare eccezioni.
La formazione e l'accrescimento dei polipai sono dovuti a processi di gemmazione o di scissione dei singoli polipi o zooidi, ma il polipo solitario, il fondatore della colonia, si origina per riproduzione sessuale. Quasi tutti i madreporarî sono vivipari: l'uovo fecondato permane e si sviluppa nella cavità gastrale, finché, formatasi una larva, questa esce dall'apertura orale del polipo. È questa una larva ciliata, piriforme, la planula (alla quale talora alghe unicellulari simbiotiche del gruppo delle zooxantelle conferiscono un color bruno), che nuota per qualche tempo finché, modificata alquanto la forma e la struttura, si fissa sopra un supporto sommerso e allora inizia la formazione dello scheletro calcareo, che si va completando col crescere del polipo.
Struttura dello scheletro calcareo. - Quando si esamini il calice calcareo completo di un polipo solitario, si nota come esso sia costituito da varî pezzi, dei quali i principali sono i seguenti: 1° la base o placca basale, pezzo calcareo, più o meno orizzontale, che sta fra la suola del polipo e il supporto, sul quale quello si posa; 2° la teca o muraglia, lamina calcarea assai spessa che, come un tubo cilindrico, o più spesso a tronco di cono, con la base maggiore in alto, chiuso in basso dalla placca basale, alla quale per il suo margine inferiore si salda, delimita la cavità del calice; 3° la columella, colonnetta calcarea, che s'innalza verticale dal centro della placca basale e occupa l'asse del calice; 4° gli sclerosetti, o più brevemente i setti, lamine calcaree, che sorgono verticali dalla placca basale e dal di dentro della teca si spingono con disposizione radiale verso la columella. I setti sono forse i pezzi calcarei più importanti. Sono stretti in basso, assai larghi in alto, verso l'orlo superiore della muraglia, che talora sorpassano (setti debordanti), sono disposti in più ordini e si trovano non in corrispondenza coi setti mesenterici (sarcosetti), ma alternati con questi, tra i due setti mesenterici della stessa coppia a sporgere nelle logge, sicché il loro numero è in relazione con quello dei tentacoli. Hanno il margine interno libero spesso dentellato e le due facee striate da solchi più o meno profondi. Da essi si originano altri pezzi calcarei, come le coste, serie longitudinali di rilievi o di spine, rilevate sulla superficie esterna della teca, formate dai margini periferici dei setti, che si prolungano al di fuori della teca: la pseudoteca, parete continua simile a una teca, formata dalla fusione delle porzioni periferiche dei setti; la pseudocolumella o columella settale, formatasi nell'asse del calice dalla fusione delle porzioni interne estreme dei setti; i pali, pezzi calcarei verticali, che spesso si trovano tra la columella e il margine interno dei setti, e che sono come apofisi dei setti stessi, ai quali sono attaccati per la base, mentre ne sono separati per quasi tutta la loro lunghezza.
Oltre a questi pezzi, se ne possono avere altri: una epiteca, lamina calcarea piuttosto sottile, che s'innalza nella placca basale all'esterno della teca; i dissepimenti, pezzi calcarei orizzontali, che vanno da un setto all'altro; le sinapticole, le tabulae, il significato delle quali non è ancora ben chiaro.
Tutti questi pezzi calcarei sono di origine ectodermica e sono segregati da cellule dell'ectoderma del polipo, dette calicoblasti. Ma solo seguendo la formazione dei pezzi del calice durante lo sviluppo del polipo è possibile comprendere la relazione che passa fra lo scheletro e il polipo.
La formazione dello scheletro s'inizia per l'attività dei calicoblasti della suola, con la secrezione di corpuscoli sferoidali di calcare, che si saldano a formare prima un anello, poi un disco, la placca basale. Ben presto sulla superficie della placca basale aderente alla faccia esterna della suola, si formano lamelle calcaree in disposizione raggiata, che crescendo spingono e incurvano in alto i tessuti molli della suola e vi determinano altrettante pieghe, le quali, per il continuo aumento in altezza e in spessore delle lamelle stesse, s'invaginano sempre più nell'interno delle logge della cavità gastrale del polipo. Ogni piega sollevatasi così dalla suola è formata di endod. erma, mesoglea ed ectoderma e, come una guaina, copre la lamella calcarea che, in tutte le sue superficie, è a immediato contatto con l'ectoderma. Da queste lamelle, che crescono in altezza e poco in spessore, per la continua attività dei calicoblasti, si formano i setti. Per un processo simile si origina la teca, la quale viene a formarsi in una piega, dentro alla colonna del polipo, sicché si forma, fra la superficie interna (endodermica) della colonna e la piega stessa, una galleria circolare, detta perimurale, tutta tappezzata di endoderma. La teca divide così il corpo del polipo in due porzioni, che da un punto di vista solo topografico possono essere distinte: una è la porzione extratecale, che comprende la colonna, la superficie a questa rivolta della piega tecale e la galleria perimurale, l'altra è la porzione endotecale. In alcune madrepore, dette Porina o Porose, la teca è perforata e le cavità delle due porzioni comunicano per molti canalicoli attraverso la teca stessa; in altre madrepore, dette Aporina o Aporose, la teca è imperforata e la suaccennata comunicazione avviene soltanto in alto al di sopra dell'orlo superiore della teca.
Con processi consimili entro pieghe tappezzate internamente da ectoderma si formano gli altri pezzi che si trovano nel calice.
Risulta evidente che tutto lo scheletro calcareo, il calice, è esterno al corpo del polipo; questo si adagia, si plasma senza lacerarsi, su tutti i pezzi calcarei, che possono determinare sporgenze più o meno forti nella cavità gastrale, ma tutte queste sporgenze restano coperte dalle parti molli. Nelle madrepore coloniali i calici possono essere più o meno trasformati per parziali fusioni e con la loro forma contribuiscono a dare diverso aspetto ai polipai.
Formazione delle colonie. - Queste, come accennammo, si formano per gemmazione o per scissione dei polipi. Nel primo caso, da una gemma, che può formarsi in posizioni diverse sul corpo di uno zooide e la cui cavità comunica con la cavità dello zooide stesso gemmante, si forma ben presto un altro polipo completo; nel secondo caso, si ha la scissione di un polipo in due lungo un piano che passa per l'asse maggiore della bocca, ossia lungo il piano principale di simmetria. Ma i due polipi che così si formano restano uniti per la parte inferiore del corpo, a costituire una sorta di Y. Nell'un caso e nell'altro, i polipi di nuova formazione si formano i loro calici. Nella gemmazione, il calice di nuova formazione resta attaccato al calice dello zooide gemmante, sicché i due calici sono uniti come i due zooidi. Nella scissione i pezzi del nuovo calice, che si formano dopo la scissione al disopra della biforcazione, si originano dalla scissione degli abbozzi dei corrispondenti pezzi, già esistenti. In alcune madrepore è più frequente la gemmazione, in altre la scissione, ma i due processi possono coesistere. A ogni modo, la maggiore frequenza dell'uno o dell'altro processo ha notevole influenza, insieme ad altri fattori, sulla determinazione della forma del polipaio. Nelle specie normalmente gemmanti si hanno prevalentemente polipai ramificati, nelle altre prevalgono i polipai lamellari, e i polipai massiccio-compatti. Tra questi ultimi ve ne hanno alcuni detti polipai a meandri, nei quali i calici sono tra loro più o meno parzialmente fusi a formare dei solchi calicinali.
Peraltro, nella formazione del polipaio entra spesso in giuoco un altro elemento. Nelle madrepore coloniali i singoli zooidi stanno in rapporto tra loro per il cenosarco, il quale, per l'attività di cellule secretrici del suo foglietto ectodermico simili a calicoblasti, può formare e forma un cenenchima calcareo di maggiore o minore potenza. Questo, in alcune madrepore, è molto sviluppato e viene a interporsi fra i calici degli zooidi, a saldarli insieme, e così contribuisce potentemente alla costituzione e alla forma del polipaio. Molti polipai massicci, di dimensioni talora imponenti, risultano formati dai calici dei singoli polipi e da questa massa calcarea intermedia, ove talora i calici sono quasi sommersi. Nella massima parte delle Madrepore lo scheletro calcareo non è formato da calcite, ma da aragonite e da pochissima sostanza organica (3-8%); peraltro dell'intimo processo di secrezione poco si conosce, come del resto poco ci è noto di tutta la fisiologia di questi Antozoi. Qualcosa sappiamo per osservazioni di viaggiatori naturalisti e di naviganti, che nel loro stesso interesse dovettero studiare la vita di questi animali. Si sa così che le forme solitarie hanno un accrescimento assai lento, in talune meno di un centimetro l'anno, mentre le forme coloniali crescono anche di 20-30 centimetri l'anno e forse più e, tra queste, i polipai ramificati crescono più rapidamente degli altri. Esse possono vivere assai a lungo e forse l'età di alcuni grandissimi polipai deve calcolarsi a qualche centinaio di anni. Come già dicemmo, le Madrepore si riproducono sessualmente e questo nelle specie tropicali avviene durante tutto l'anno, in altre soltanto in determinati mesi; grande importanza ha tuttavia la riproduzione asessuale per gemmazione e per divisione, nonché la facoltà di rigenerazione spinta ad alto grado.
Ecologia. - In generale i Madreporarî posano sopra un supporto solido sommerso in mare, che può essere di natura assai varia, a preferenza su fondi rocciosi, poiché nella sabbia e nel fango i polipai, crescendo e aumentando di peso, si affondano con la loro base. Essi prosperano soltanto in acque calde, con temperatura non inferiore a 20° C., nella zona bene illuminata, dalla superficie fino alla profondità di 20-30 m., o poco sotto, in acque limpide, mosse; vivono male in acque torbide con molti materiali in sospensione; spesso questi, depositandovisi sopra, determinano la morte di tutto o di parte del polipaio. L'acqua dolce, salvo poche eccezioni, li uccide, sicché formazioni coralline non si hanno in genere davanti alle foci dei fiumi. Ma le condizioni di ambiente hanno grande influenza su tutto lo sviluppo del polipaio e la stessa specie a seconda dell'ambiente marino più o meno adatto, può costruire polipai di forma diversa. Moltissimi Madreporarî, soprattutto le specie litorali, hanno colori vivaci: rosso, giallo, bruno, verde; ma in alcuni mari predominano banchi di un dato colore (Mar Rosso, banchi gialli), in altri, banchi di un colore diverso.
Da quanto si è detto sulle condizioni optimum di vita dei Madreporarî coloniali, riferendoci specialmente ai costruttori di rocce coralline, risulta che essi sono animali eurialini e stenotermi: salsedine e temperatura sono tra i più importanti fattori della loro distribuzione geografica. Questa è indubbiamente anche in rapporto con le correnti marine; le quali trasportano, se correnti calde, a notevoli distanze le planule, durante il periodo (da 2 a 23 giorni) della loro vita planctonica; ne arrestano la diffusione, se correnti fredde, e così si possono spiegare alcuni interessanti fenomeni, quale la mancanza di questi Antozoi sulle coste occidentali dell'America Meridionale, battute dalla fredda corrente di Humboldt. Ma salsedine e temperatura hanno la massima importanza: di polipai pullula il Mar Rosso, ove non sboccano fiumi e la salsedine è alta; ne mancano il Mar Baltico e il Mar Nero.
I Madreporarî sono in grandissima maggioranza confinati nelle zone tropicali dell'Oceano Pacifico, dell'Oceano Indiano e dell'Oceano Atlantico, e la zona più ricca di scogliere coralline può ritenersi compresa tra i paralleli 20° a nord e a sud dell'equatore, pressappoco tra le isoterme di superficie di 23°,5 C., ma la zona di dette scogliere si estende sino all'isoterma 20°,5 C. Peraltro, affermare che i Madreporarî coloniali siano forme tropicali o subtropicali, è inesatto, poiché banchi di madrepore viventi (gen. Lophohelia) sono stati segnalati sulle coste della Norvegia a 60° lat. N. Se si considerano poi anche i Madreporarî solitari può dirsi che essi sono diffusi in tutti i mari, sin sulle coste delle terre polari.
Circa la distribuzione batimetrica, mentre si può assumere l'isobata m. 50, come limite inferiore per la vita dei polipai, deve avvertirsi che i Madreporarî solitari vivono anche a profondità molto forti e che tra questi non mancano forme abissali.
Il centro delle formazioni coralline è nell'Oceano Pacifico, negli arcipelaghi della Polinesia (isole della Società, Paumotu, Samoa, ecc.), della Micronesia (Caroline, Marshall, ecc.) e della Melanesia (Figi, Nuove Ebridi, Nuova Caledonia: tra queste isole e la costa nord-orientale dell'Australia si stende appunto il Mar dei Coralli).
Costruzioni madreporiche. - Si distinguono tre tipi differenti di costruzioni madreporiche: le scogliere o banchi madreporici, le barriere madreporiche e gli atolli.
Le scogliere madreporiche si trovano sulla costa di alcune terre continentali o insulari a formare una specie di cintura, di larghezza assai varia, in immediata continuazione della costa, specialmente nei punti ove questa discende a ripidissima scarpata o a picco. Sicché queste scogliere, la cui parte superiore a bassa marea rimane a secco, fronteggiano, con la loro parete a mare, profondità di molte centinaia di metri: sono temuti frangenti corallini, dei quali esempî bellissimi si hanno nella Nuova Caledonia e nelle Filippine.
Le barriere madreporiche sono scogliere che si formano a una certa distanza dalla costa, sicché tra questa e la scogliera rimane un tratto di mare libero, un canale, talora una laguna, di larghezza e profondità varia: anche in queste formazioni la parete esterna è a picco. Lungo le coste nord-orientali dell'Australia, e precisamente nel Mar dei Coralli, si ha la Grande Barriera Australiana, lunga circa 2000 km., separata dalla costa da un canale profondo fra 20 e 100 m. e largo da 30 a 100 km., barriera formidabile, la quale di tempo in tempo deve essere spezzata in determinati punti per lasciare libero e sicuro il passaggio alle grandi navi.
Gli atolli sono scogliere coralline a forma di anello, vere isole, talora lontane da ogni terra, le quali circoscrivono una laguna, che può anche comunicare col mare aperto mediante un canale; se ne hanno numerosi negli arcipelaghi delle Maldive e delle Laccadive, delle Caroline, delle Figi e altrove (v. atollo).
In tutte queste formazioni coralline l'accrescimento dei polipai è molto maggiore verso il mare aperto, sulla parete a picco, ove l'acqua è più pura, aereata per il continuo movimento ondoso, e più ricca di plancton; ivi fra 10 e 15 m. di profondità si hanno i polipai in piena vitalità, ma al disotto dei 50 m., al massimo degli 80-100 m., non vi sono più polipi vivi, forse per la temperatura troppo bassa, fors'anche per la diminuita luce e l'aumentata pressione. Da questa constatazione, la necessità d'indagini sulla costituzione della parte profonda del basamento di molte di queste scogliere, e specialmente delle barriere e degli atolli, sulla loro formazione, indagini che hanno portato all'enunciazione di teorie diverse. In molti casi il basamento della scogliera corallina è costituito da calcare corallino, generalmente del Terziario e del Cretacico, ed è ormai opinione quasi universalmente accettata, e per alcune formazioni dimostrata (così per la Grande Barriera Australiana), che queste costruzioni sorgano su rilievi montuosi sottomarini.
Le formazioni coralline sono nella parte essenziale costituite da polipai di Madrepore, tra i quali molto importanti sotto questo punto di vista, quelli dei gen. Madrepora, Porites, Pocillopora, Acropora, Stylophora, Meandrina ecc., ma alla loro costituzione contribuiscono in vario grado molti altri organismi animali, quali le Millepore, i Briozoi e anche vegetali. Sul fronte a mare sono più numerosi i polipai di tipo massiccio, compatti; nella zona più interna, in acque più tranquille, predominano i polipai arborescenti.
Ogni scogliera madreporica forma un ambiente biologico del più alto interesse per il naturalista. In essa tutti i tipi animali, cui appartengono forme bentoniche, sono rappresentati con grande ricchezza di specie; abbondantissimi i Poriferi, gli Alcionarî, i Molluschi, i Crostacei, gli Echinodermi, e molti altri; numerosi i Pesci, alcuni dei quali abitano esclusivamente in tale ambiente. Questi comprendono anche specie commestibili; per gl'indigeni sono gradito alimento e oggetto di attivo commercio, le gigantesche Tridacne, il Trepang, oloturia commestibile, che, disseccata e conciata, viene dalle isole dell'Oceano Pacifico spedita fino in Cina, e il Palolo, che viene pescato alla superficie del mare in ottobre e novembre nelle isole Samoa, Tonga e nelle isole Figi.
Ma lo studio della biocenosi delle formazioni madreporiche è fonte inesauribile di osservazioni, del più alto interesse, sui bionti che la compongono, sui rapporti che legano tra loro i bionti e questi all'ambiente. Ivi vivono, in rapporto diretto con le madrepore, numerosi organismi animali e vegetali, parassiti, predatori, simbionti, commensali, saprofiti, i quali alla loro volta sono in rapporti consimili con altri organismi. Non pochi sono i nemici delle madrepore che o ne deformano (alcuni Crostacei), o ne danneggiano, o addirittura ne distruggono, tutto o in parte, lo scheletro (Spugne, Molluschi e altri animali perforanti in genere, Pesci), ma forse i più temibili sono alcune alghe filamentose che vivono endoparassite nel corpo molle dello zooide e l'uccidono. Peraltro molteplici sono i fattori biologici e fisici che rallentano l'attività costruttrice di questi Antozoi, le cui formazioni sono da considerarsi fra i più importanti costituenti della crosta terrestre.
Oggi si conoscono 5000 specie fossili e circa 2500 specie viventi di Madreporarî (v. sotto).
Classificazione. - La classificazione Delage e Hérouard suddivide le Madrepore in tre tribù, in cui trovano posto tanto le forme fossili che le viventi: 1. Aporina (o Madreporaria aporosa) con muraglia sempre imperforata, setti ordinariamente imperforati, cenenchima, quando esiste (ciò che è eccezionale) imperforato sempre, riproduzione per scissione piuttosto che per gemmazione; 2. Fungina (o M. fungida) con muraglia quasi sempre imperforata, in alcuni casi irregolarmente porosa, setti perforati, non sempre riuniti da sinapticole; cenenchima, quando esiste (ciò che è eccezionale) imperforato, riproduzione per scissione e per gemmazione; 3. Porina (o M. perforata), con muraglia sempre regolarmente perforata, setti perforati o non; cenenchima presente in tutte le forme coloniali e sempre poroso, riproduzione per gemmazione.
F. Pax, nel Handbuch der Zoologie del Kükenthal, suddivide invece l'ordine dei Madreporarî in varie famiglie: Guynidae, forme poco conosciute, forse da ascriversi ai Tetracoralli. Turbinoliidae, solitarie, con setti bene sviluppati, a margine intero; generi: Turbinolia M. Edw. et H. dell'Eocenico, e vivente; Caryophyllia Lam., forma fossile del Cretacico e vivente ancora in belle forme, riccamente colorate; Irochocyathus M. Edw. et H., forma pedicellata o libera, trocoide, a doppia corona di pali, columella fascicolare, fossile dal Lias, assai diffusa nello spazio e nel tempo; Lophosmilia praecursor del Triassico. Flabellidae, solitarie; genere: Flabellum Less., forma cosmopolita, fossile dell'Eocenico, e molto diffusa nel Miocenico. Anthemiphylliidae, con il solo genere Anthemiphyllia Pourt. Oculinidae, forme coloniali, ramificate o incrostanti; generi: Oculina Lam., Neohelia Moseley, Lophohelia M. Edw. et H. che forma banchi lungo la costa norvegese; Amphihelia oculata è il corallo bianco del Mediterraneo. Stylophoridae, col gen. Stylophora Schweizer, del Giurassico e vivente. Fungiidae per lo più solitarie e relativamente gigantesche; generi: Fungia Lam. del Pacifico, e altri coloniali come Halomitra Dana, Polyphyllia Blainv. Agariciidae solitarie o coloniali; generi: Siderastraea Blainv. dalle colonie massicce, convesse o piane, a calici subpoligonali, profondi, saldati per le muraglie, fossile dell'Eocenico e vivente; Psammocora Dana. Micrabacridae. Anabraciidae. Astraeidae, che comprende più di 50 generi, per lo più coloniali, fra cui ricordiamo: Astrangia M. Edw. et H., colonia dendritica, fascicolata o cespitosa, gemmante su un'espansione basilare, fossile dell'Eocenico e vivente nei mari americani e indiani; Cladocora M. Edw. et H., fossile dal Giurassico e vivente nel Mediterraneo; Thecosmilia M. Edw. et H., a polipai in colonie dendritiche e fissipare, a calici irregolari, fossile del Triassico e del Terziario; Rhipidogira M. Edw. et H., eleganti e bizzarre colonie flabelliformi, lamellari, contorto-plicate, a calici confluenti, fossile del Giurassico e Cretacico, ricompare nel Miocenico della collina di Torino con bellissimi esemplari; Goniastraea M. Edw. et H., colonie massicce a forma variamente convessa; Orbicella M. Edw. et H., forma cosmopolita e molto diffusa anche nel tempo, fossile abbondante nel Giura e vivente nei mari attuali. Seriatoporidae, cormi ramosi, lobati o massicci, con piccole celle cilindriche: Pocillopora Lam. dal Miocenico ai tempi attuali, Seriatopora Lam., pure vivente. Eupsammiidae (Balanophyllidae) forme isolate o coloniali, di cui ricordiamo i generi: Stephanophyllia Mich., Balanophyllia Wood, Dendrophyllia Blainv., Astroides Blainv., di cui A. calycularis è comunissimo sulle coste del Mediterraneo. Madreporidae, colonie per lo più ramose o lobose, raramente massicce o incrostanti; generi: Madrepora L. fossile del Terziario, con molte specie recenti; Montipora Quoy et Gaim.; Turbinaria Oken, Astraeopora Blainv. Poritidae, colonie massicce e incrostanti, più raramente racemose; generi: Porites Lam. fossile del Cretacico e vivente, costituisce spesso banchi e barriere; Goniopora Quoy et Gaim. Spongiomorphidae, tutti fossili, limitati al Triassico; generi: Spongiomorpha Frech, Heptastylis Frech, Stromatomorpha Frech. (V. tavv. CLVII e CLVIII, e tavv. a colori).
Paleontologia. - Gl'innumerevoli avanzi fossili che si riportano a questo gruppo in grandiosa e bizzarra varietà di forme, da tronchi lapidei rigidi e contorti ad ammassi calcarei compatti forniti di un'infinità di piccole celle - in qualche caso appena visibili al microscopio -, non hanno talvolta nulla che ricordi, anche lontanamente, le sembianze di un animale. Essi infatti sono gli scheletri di organismi che lasciarono le loro spoglie nei varî sedimenti marini, gli "animali fiori" che popolarono con più di tremila specie e con esuberanza di vita i mari di varie ere geologiche, sempre dove non giungeva l'ira delle tempeste.
Distribuzione geologica. - La successione geologica dei Madreporarî, detti anche Corallarî, appare con due serie ben distinte: la prima comincia col Silurico e si estende fino al Permico; la seconda s'inizia nelle scogliere coralline del Trias alpino e si continua fino ai giorni nostri. E a questa più recente serie che appartengono i Madreporarî, gruppo degli Antozoi che ha maggiore interesse per il paleontologo, annunziantisi con forme di passaggio, affini ai Tetracoralli, e ricordanti i Tabulati; f0rme chiamate perciò dal D'Orbigny col nome significativo di Tetracoenia e posti dal Duncan nel gruppo Tabuloida. L'osservazione del Duncan, che gli Esacoralli del Lias e alcuni del Trias non mostrano che con incertezza la disposizione esamerale, dà un'idea dei rapporti genetici che forse congiungono i due grandi gruppi di Corallarî.
Le diverse faune coralline si continuano, senza interruzioni né lacune, attraverso le ere geologiche: il rinnovellamento e l'evoluzione della fauna si operano così fino all'epoca attuale. Molte specie viventi si trovano già nel Pliocenico, un più piccolo numero scende fino al Miocenico, qualche forma dei nostri mari si rintraccia nei sedimenti del Cretacico. In generale si può asserire che i depositi corallini triassici e giurassici, da una parte, cretacici, terziarî e recenti dall'altra, formano due gruppi distinti, i cui diversi termini hanno tra loro interessanti analogie.
Il gruppo più semplice degli Esacoralli, i Favositopora, comprende forme esclusivamente paleozoiche congiunte al genere cretacico Koninckia e legate intimamente a forme tuttora viventi. Così la famiglia dei Poritidi, principalmente diffusa nei mari attuali, ha numerosi precursori fin dal Paleozoico (Protaraea) ed è rappresentata nei depositi mesozoici e cenozoici. La famiglia essenzialmente terziaria e recente delle Eupsammidae ha rami indiscussi fin dal Silurico (Calostylis). L'importanza delle Fungidae viventi, invece, è superata di molto dalle forme fossili, mentre alcuni gruppi contengono solo forme estinte, come le Cyclolitinae e le Thamnastraeinae. Le Astreidi hanno nel Mesozoico massima importanza, ma questa famiglia la già nei terreni paleozoici i suoi rappresentanti: (Paleastraeoida Dunc.) generi Heterophyllia, Battersbyia, ecc.
Distribuzione geografica. - Le Madrepore occupano nell'economia della natura un posto tra i più importanti. Dal Silurico al Neozoico, nelle più diverse regioni, a livelli stratigrafici diversi, i Corallarî cominciarono assai presto il poderoso lavorio delle loro costruzioni. Si può affermare, senza tema di errore, che i resti corallini hanno contribuito alla formazione di tutti i calcari marini, per una parte più o meno grande. È negli Stati Uniti e nel Canada che compaíono le prime forme di Madrepore fossili appartenenti alla fauna primordiale (genere Protaraea), forme che si ritrovano anche nel Silurico inferiore dei dintorni di Leningrado. Il Silurico superiore rivela depositi più abbondanti in Scandinavia, nelle province russe del Baltico, nei paesi del Galles e in Boemia, e, relativamente, in America a Kentucky e nel Canada; facies che si continua nel Devonico e nel Carbonifero, nei quali giacimenti, però, dominano quasi esclusivamente i Tetracoralli, gli Alcionarî, i Tabulati. Pochi ancora sono gli Esacoralli dei depositi permici ai quali appartengono rare forme isolate che si continuano e si evolvono, in più numerose e perfette forme, nel Trias alpino della Lorena, dell'Alta Slesia: i giacimenti di S. Cassiano contengono una ricca fauna coralligena a Montlivaultia, Calamophyllia, Rhabdophyllia, Thecosmilia, Microsolena, Isastrea, Astrocoenia. Tutti questi generi debbono aver popolato, con le loro forme eleganti, mari poco profondi. Secondo l'ipotesi del Richthofen, le potenti masse dolomitiche triassiche del versante meridionale delle Alpi, sono da ritenersi in parte come di natura coralligena (Riffdolomitici), e più recenti studî della Ogilvie hanno avuto lo scopo di rintracciare, se, e in quale misura, i banchi coralligeni entrino nella costituzione delle dolomie della Venezia tridentina. L'epoca giurassica inferiore (Lias) è relativamente povera ancora di Corallari: un centinaio di specie vissero negli strati inferiori della Gran Bretagna, del Lussemburgo, della Lorena, della Francia e appartengono a generi già noti dal Trias: tutte forme di mare piuttosto profondo. È nel Giura medio e superiore che debbono essersi verificate le condizioni più favorevoli allo sviluppo dei grandi recinti corallini che trovarono il migliore ambiente nell'Inghilterra, al nord e al mezzogiorno della Francia, nella Svizzera, nella Germania meridionale e in Galizia. Numerosi sono i generi che compaiono in queste potenti ed estese formazioni che, alla fine del Giura (Coralrag e Titonico), si estendevano in tutta la superficie alpina e carpatica: nel pensiero del geologo l'Europa è, in quest'epoca, un vasto arcipelago inabissantesi lentamente nei mari circostanti, arcipelago costruito, quasi per intero, da atolli, scogliere, barriere madreporiche. I caratteri paleontologici del Trias e del Giura si distinguono nettamente da quelli dell'epoca paleozoica; le forme predominanti essendo principalmente Astreidi e Thamnastreidi. Questa medesima facies si continua nel Cretacico inferiore, il quale però non contiene se non eccezionalmente recinti corallini, quali p. es. il bacino anglo-parigino e le Alpi. Nel Cretacico medio, invece, recinti corallini potenti si trovano nei Pirenei, nelle Corbières, Gosau ed in Ungheria con forme prosperanti accanto ad Hippurites, a Radiolites, Nerinee, Acteonelle. Il carattere paleontologico degli Esacoralli del Cretacico medio ha grandi analogie con forme di periodi più recenti, con abbondanza di Fungide, Poritidi e Astreidi, poco lontano da quanto si ritrova nei recinti corallini attuali; carattere che spicca maggiormente nel Cretacico superiore dei giacimenti Maestrichtiani di St. Pierre. Riguardo all'era cenozoica, il Paleogene porta tracce di potenti recinti nel nord dei Pirenei, delle Corbières, in Svizzera, nell'Alta Baviera, presso Nizza (La Mortola), nelle Alpi Marittime, nei dintorni di Vicenza (S. Giovanni Ilarione e Roncà), nel Friuli e nella Dalmazia: i giacimenti meglio conosciuti sono quelli italiani. Recinti analoghi si trovano in Crimea, nell'Egitto, nell'Arabia e nelle Indie Orientali. Predominano nei livelli terziarî eocenici le Astreidi con generi e specie numerosissimi. Più varie forme e più importanti depositi di recinti corallini presenta l'Oligocene: Oberbung, Dego, Sassello, Crosara, Montecchio Maggiore, Castel Gomberto, sono corallofaune classiche di questo periodo. Astreidi, Fungide, Poritidi, sono i gruppi predominanti in quest'epoea. Nel Neogene i recinti corallini divengono in Europa più rari e limitati al Sud: il sud-est della Francia, la Collina di Torino, il Bacino di Vienna, sono ricchi di forme affini o identiche a quelle dei mari attuali. Grandi forme a focaccia di Orbicelloidi indicano condizioni di vita e di ambiente assai favorevoli. Questa corrispondenza di genere di forme si perfeziona nel Pliocene: depositi di quest'epoca sulle rive del Mar Rosso, a Rodi, nel Giappone, ospitarono numerose specie ancora viventi nei mari circostanti.
Nella grande maggioranza dei casi, i recinti corallini attuali poggiano su basamenti di calcare corallino fossile raggiungente la potenza di centinaia di metri (Delage e Herouard): i resti di organismi contenuti in tale roccia risalgono al Terziario o al Cretacico. In questi casi i polipai del Quaternario formano, su quelli fossili, una crosta così sottile da costituire solo un dettaglio della configurazione del rilievo terrestre, tanto grande e tenace fu, al confronto, il lavorio degli animali di questo gruppo nel corso di centinaia di secoli.
Bibl.: H. Milne-Edwards e J. Haime, Recherches sur la structure et la classification des polypiers récents et fossiles, Parigi 1848-49; H. De Lacaze-Duthiers, Développement des Coralliaires, in Arch. Zool. expér. et génér., I-II, Parigi 1872-1873; K. A. Zittel, Grundzüge der Palëontologie, Monaco 1923; M. Duncan, A revision of the Families and Genera of the Sclerodermic-Zoantharia Edw. et H., in Journ. of Linn Soc. Zool., XVIII, Londra 1884; Y. Delage e E. Hérouard, Traité de Zool. concrète, II, ii: Les Coelentérés, Parigi 1901; F. Paix, in W. Kükenthal, Handbuch der Zool., I, Berlino 1923-25.