MADRASAH
. Parola araba (al plurale madāris) che vale "luogo di studio, d'istruzione", e designa nei paesi musulmani varî tipi di scuole, di solito superiori almeno alle elementari. In senso tecnico particolare mádrasah (pronunziata medresé in turco, médersa nei dialetti arabi dell'Algeria, della Tunisia e della Tripolitania), è un istituto d'istruzione media e superiore per le scienze giuridico-religiose musulmane, collocato generalmente in apposito edificio e con un locale per la preghiera in comune. In esso gl'insegnamenti sono impartiti da professori regolarmente retribuiti a studenti alloggiati e nutriti per lo più nella madrasah e destinati a cariche religiose o anche amministrative. Fondatore della madrasah può essere un sovrano, un principe o un qualsiasi privato, che provveda agli edifizî e, mediante waqf (fondazioni pie), alle rendite necessarie per la vita dell'istituto.
La madrasah appare perfetta nei suoi caratteri materiali e pedagogici con la an-Niẓāmiyyah, scuola superiore fondata da Nịām al-Mulk, ministro della dinastia dei Selgiuchidi, a Baghdād nel 1067 d. C., allo scopo di favorire la teologia ortodossa secondo il sistema ash‛arita (v. al-ash‛arī). Presto essa fu imitata in tutto il mondo musulmano. La nuova istituzione era uno sviluppo e un perfezionamento ufficiale dei corsi di materie teologiche, giuridiche e loro sussidiarie, che già da oltre due secoli s'impartivano in modo privato nelle moschee, per iniziativa dei fondatori o protettori di esse, o anche nell'abitazione di maestri di grido. D'altro canto in Egitto e nell'Africa settentrionale i Fāṭimiti (909-1171), seguaci dell'eresia sciita, avevano istituito scuole, che potremmo chiamare di stato, per propagare le loro dottrine politico-religiose; cosicché l'iniziativa di Niẓām al-Mulk si può considerare come una reazione dell'ortodossia sunnita all'eresia sciita. Dopo Niẓām al-Mulk la madrasah ebbe una rigogliosa fioritura. In Egitto ed in Siria gli Ayyūbidi e specialmente Saladino le diedero una grande diffusione; lo stesso fecero poi i Sultani mamelucchi. Per lo più la madrasah singola provvedeva all'insegnamento del rituale religioso e del diritto secondo uno solo dei quattro riti (madhhab, v.) ortodossi; ma ve ne furono e ve ne sono alcune che abbracciano l'insegnamento secondo due o addirittura secondo tutti i quattro riti.
È naturale che, consistendo l'essenza della madrasah nell'organizzazione regolare dei corsi e del corpo dei professori e degli studenti, essa possa esistere anche senza un suo edificio speciale e aver sede in una moschea o in locali a essa adiacenti. Con l'affievolirsi delle lotte religiose-politiche le madrasah a sé stanti diminuirono di numero; dopo Saladino molte di esse divennero vere e proprie moschee e prendono il nome di Madrasah al-Gium‛ah o addirittura di Giāmi'o moschea; e appunto così al-Maqrīzī chiama le maggiori madrasah di Cairo.
La madrasah penetrò naturalmente anche nell'Africa settentrionale (al-Maghrib) con gli stessi caratteri e scopi; e ciò fin dal periodo degli Almohàdi (1130-1269); sennonché le più antiche conservate sino ad ora sono del sec. XIII e XIV. In Spagna sembra non fiorissero prima del periodo dei Nasridi di Granata (1232-1492).
L'intervento dello stato nella fondazione d'alcune madrasah non deve far supporre una dipendenza da esso nel senso a noi familiare: nell'ordinamento esse sono autonome, né esiste alcun riconoscimento ufficiale dello stato per gli attestati degli studî in esse compiuti. Le materie principali d'insegnamento sono l'esegesi coranica, i ḥadīth (v.) o tradizioni canoniche, il fiqh (v. islamismo, § 3) e inoltre le cosiddette scienze strumentali, come grammatica, retorica, ecc.: non la storia, la geografia, le scienze matematiche, fisiche e naturali, le lingue straniere.
L'influenza europea portò alla costituzione di tipi più moderni di madrasah. La prima riforma importante avvenne in India con la fondazione della Calcutta Madrasa (1752), per preparare funzionarî musulmani. Sorsero poi nella stessa India altre scuole della medesima natura, nelle quali s'introdusse lo studio dell'inglese e l'uso di libri di testo moderni. Questa via fu seguita anche da altri paesi; in Algeria la Francia si vale delle médersa di stato, fondate ad Algeri, a Tlemcen e a Costantina, per preparare qadi, mufti e funzionarî musulmani di varie specie, aggiungendo all'insegnamento delle materie religiose musulmane quello, certo non profondo, di discipline moderne. Molti di questi istituti sono rimasti immutati; ma in alcuni paesi, dopo la metà del secolo scorso, il loro insegnamento puramente tradizionale ha subito qualche riforma.
In Egitto il vecchio tipo della madrasah a sé stante finì con essere quasi del tutto soffocato dai corsi d'insegnamento nelle grandi moschee e da una lunga serie di provvedimenti governativi, iniziata nel 1895, che dà carattere ufficiale, alla dipendenza del ministero dei waqf, ai sette istituti teologici (ma‛āhid dīniyyah): al-Azhar (v.) al Cairo, Alessandria, Asyūṭ, Damietta, Dasūq, Ṭanṭā e az-Zaqāzīq. In Turchia la legge di laicizzamento del marzo 1924 chiuse le 479 medresé; esse furono sostituite con poche scuole governative dipendenti dal Ministero della pubblica istruzione e con la facoltà teologica dell'università di Costantinopoli.
La parola madrasah nei paesi arabi designa anche tutte le scuole di tipo europeo: primarie, secondarie, superiori. Invece alla scuola elementare di vecchio tipo indigeno (kuttāb, "école coranique" dei Francesi) non si applica mai il nome di madrasah.
Lo schema ideale della madrasah era costituito da un cortile aperto con due o quattro atrî (īwān o līwān) con vòlte ad arco acuto persiano, aperti dal lato del cortile, chiusi dall'altro; tra gli atrî erano praticate, generalmente in due piani, le celle d'abitazione. In Persia fu generalmente adottata la pianta classica con gli īwān disposti sugli assi principali, a mo' di croce, che influì decisamente sull'ulteriore evoluzione della moschea (Ispahan, Moschea del Venerdì; Baghdād, Mustanşiriyyah).
In Egitto e in Siria fu applicata solo eccezionalmente la pianta centrale e simmetrica della madrasah in uso nella Persia; spesso non vi fu che un solo īwān a vòlte, e quando ve ne erano parecchi, uno di essi aveva proporzioni più ampie e più imponenti. La più grandiosa del genere è la madrasah sepolcrale del sultano Hasan (1356-62) al Cairo, utilizzata come moschea, a forma di croce latina. Nell'Asia Minore si distinguono due tipi di madrasah entrambi di modeste dimensioni, l'uno con īwān preceduto da cortile, l'altro con sala a cupola e il bacino per abluzioni al posto del cortile aperto. Si trovano a Conia ancora alcuni notevoli esemplari del genere. Nell'Africa settentrionale la madrasah esercitò una influenza limitata sullo sviluppo delle forme architettoniche, rimaste del tutto legate alle moschee; i collegi vi costituirono una specie di forma intermedia tra la casa privata e la moschea.
Quasi sempre la madrasah, se non era unita a una moschea, era munita di proprio minareto, usati in Persia e nel Turkestan a decorare la facciata, come nelle moschee, e spesso elevati a coppie. La decorazione e l'arredamento della madrasah furono sottoposti alle stesse leggi vigenti per la moschea: si curava che il fasto dell'una non fosse inferiore a quello dell'altra. In Persia e nel Turkestan le madrasah furono decorate di mosaici in ceramica, in Egitto di marmo, in Marocco di stucco e nell'Asia Minore d'imponenti portali in pietra.
Bibl.: Articoli Architecture e Masdjid, nell'Encyclopédie de l'Islam; J. Ribera, La enseñanza entre los musulmanes españoles, Saragozza 1893 (ristampato nei suoi Disertaciones y opúsculos, I, Madrid 1928, pp. 229-359); id., Orígen del Colegio Nidamí de Bagdad, in Homenaje a D. Francisco Codera, Saragozza 1904, pp. 3-17 (ristampato ibid., I, pp. 361-383); M. van Berchem, Matériaux pour un Corpus Inscriptionum Arabicarum, I, Parigi 1903; A. C. Creswell, The cruciform plan of Cairene madrashas, in Bull. de l'Inst. franç. d'archéol. orient., 1922; G. Marçais, Manuel d'Art Musulman, II, Parigi 1927.