SALVETTI, Maddalena
– Nacque a Firenze il 25 marzo 1557 da Salvetto e da Lucrezia Niccolini, entrambi appartenenti a nobili famiglie che avevano ricoperto le più alte cariche nella Repubblica fiorentina.
Non abbiamo notizie sulla sua formazione che, trattandosi di una donna, sarà avvenuta in qualche convento o a casa sotto la guida di un precettore privato. Nel 1582 sposò Zanobi Acciaioli, appartenente a una famiglia molto potente in passato, ma ancora tra le prime di Firenze, la cui dimora, situata tra borgo SS. Apostoli e il lungarno, andò distrutta nell’agosto del 1944. Zanobi fu un solerte funzionario del granducato e fu anche cavaliere di S. Stefano. La coppia ebbe un unico figlio, Mario, nato il 25 agosto 1583, che seguì la carriera del padre. Gli impegni familiari non impedirono a Maddalena di proseguire negli studi, cosa molto rara, anche dopo il matrimonio. Acquisì, infatti, una profonda cultura non solo in campo letterario, ma anche filosofico e teologico, insieme alla perizia nel comporre versi, apprezzata in primo luogo da Pietro Angeli da Barga detto il Bargeo, umanista e rettore dello Studio pisano, figura chiave del tardo umanesimo nella Firenze della seconda metà del Cinquecento, grazie al quale Salvetti ebbe modo di mantenere un costante contatto con la cultura del tempo. Queste rare qualità intellettuali integravano quelle più tipiche per una donna, ossia la bellezza fisica e l’abilità nel governo della casa. Nel 1590 pubblicò la sua opera più importante: le Rime toscane in onore di Cristina di Lorena e del granduca Ferdinando I, il cui matrimonio era stato celebrato l’anno precedente.
Tra le molte poesie scritte per l’occasione, le Rime toscane spiccano per la profondità dei contenuti e la cura della forma e realizzano una lirica oggettiva secondo una poetica teorizzata, oltre che da Annibale Caro e Ludovico Castelvetro, dai fiorentini Luigi Alamanni e Benedetto Varchi, adatta a un’alta poesia celebrativa praticata negli stessi anni anche da Torquato Tasso e Gabriello Chiabrera.
Nelle cento liriche per Cristina e nelle quarantacinque per Ferdinando, Salvetti esalta secondo lo spirito della Controriforma il carattere religioso del potere e il ruolo salvifico dei granduchi di Toscana, attraverso la ripetizione della lode in una sorta di panegirico barocco. L’imitazione della tradizione da Dante e Francesco Petrarca fino al Tasso è rivissuta tuttavia in modo personale, grazie anche alla diversa situazione dell’io lirico femminile che attribuisce a questa condizione le tradizionali affermazioni di impotenza a rappresentare una realtà così elevata; per cantare Cristina, un essere eccezionale al pari di Beatrice, la poetessa ricorre spesso a situazioni dantesche, invocando l’aiuto di Dio stesso, concepito secondo una visione aristotelico-tomistica come motore del mondo. Petrarca d’altra parte fornisce tutto l’armamentario delle metafore, affermatesi poi nella tradizione, che riguardano le qualità fisico-morali della donna o la castità rappresentata dal mito di Dafne, rivissuto secondo la rigida morale controriformistica. Le rime per Ferdinando sono incentrate sul mito dell’età dell’oro, motivo tradizionale, a partire da Virgilio, nell’esaltazione dei regnanti, che porterà la pace non solo in Toscana, ma anche in Italia e in Europa; grande spazio assume anche il mito di Ercole benefattore dell’umanità, in cui si identifica il granduca, simbolo ricorrente negli stessi anni a Firenze anche nelle arti figurative.
Queste rime contribuirono non poco a consolidare la sua fama, come dimostra il fatto che l’urbinate Cornelio Lanci le dedicò nel 1591 la commedia La Niccolosa perché «l’emendi, e riduca a tale, ch’[egli] con il suo nome in fronte, n’acquisti eterna gloria» (edizione a stampa appresso Bartolommeo Sermartelli, Firenze 1591, pp. 3 s.). Nel 1600 comparve a Bologna il Tempio, una raccolta di poesie in onore del cardinale Cinzio Aldobrandini, nipote del papa Clemente VIII, cui collaborarono i poeti italiani più in vista come Tasso, Chiabrera, Gasparo Murtola, Claudio Achillini. Tra le quattro poetesse incluse spicca Maddalena Salvetti, presente con ben dodici liriche.
La sua disposizione all’encomio si dispiega attraverso un artificio squisitamente barocco che salda le dodici liriche intorno alla metafora del Sole, con cui è indicato l’illustre personaggio, già impiegato nella produzione precedente per i granduchi di Toscana, ma che qui trova un uso più pregnante nel nome del cardinale Cinzio, epiteto di Apollo-Sole nato alle falde del monte Cinto.
Poco dopo pubblicò quattordici Poesie liriche spirituali, dedicate alla nuova granduchessa Maria Maddalena d’Austria, consorte di Cosimo II, che trattano temi tipici della religiosità controriformistica come il venerdì santo, il libero arbitrio, l’onore, la meditazione del Crocifisso, la devozione per l’angelo custode e, soprattutto, l’inconsistenza dei beni terreni a cui bisogna rinunciare in nome dei valori celesti.
Secondo la testimonianza del marito, Maddalena avrebbe composto una Breve memoria della nobiltà della casa degli Acciaioli e dei personaggi più segnalati di essa, ma Domenico Moreni (Bibliografia ragionata della Toscana, Firenze 1805, t. II, p. 170) afferma che l’autore potrebbe essere un membro della famiglia, il cavalier Vincenzo Acciaioli, e quindi Salvetti avrebbe portato solo un contributo alla stesura del testo.
Negli ultimi anni di vita la poetessa si proponeva di comporre un poema epico, ambizione di ogni scrittore del tempo e a maggior ragione di una scrittrice, che doveva rappresentare la sua definitiva consacrazione poetica. Ma, colpita da una grave malattia che doveva portarla alla morte, poté redigere solo i primi tre canti, che furono però pubblicati dal marito su sua esplicita richiesta nel 1611 con il titolo di Il David perseguitato ovvero fuggitivo.
La dedica a Maria Maddalena d’Austria contiene alcune dichiarazioni di poetica che situano il testo nel solco della Gerusalemme liberata, per la scelta dell’argomento storico e dell’unità di azione, sia pure con opportune digressioni in modo che all’intento didattico si unisca il diletto.
Fondamentale nel poema è l’elemento encomiastico; infatti, la guerra contro i Filistei impone a Saul, privo dell’aiuto di David costretto da lui alla fuga, di cercare alleati anche in Occidente. Così da Fiesole accorre il re Italo, dalle cui nozze con una Amazzone discenderanno, secondo la profezia della Sibilla, i Medici così chiamati perché destinati a guarire Firenze.
La scrittrice è segnalata in vari repertori dal Seicento fino al Novecento, soprattutto in quelli che si occupano di scrittura femminile. Le qualità stilistiche, non comuni in una donna, furono apprezzate ancora agli inizi dell’Ottocento quando, in un clima di rinnovato classicismo, il bibliofilo Gaetano Poggiali propose le sue opere per arricchire il vocabolario della Crusca.
Morì a Firenze il 4 marzo 1610.
Opere. Rime Toscane della Maddalena Acciaioli gentildonna fiorentina in lode della sig. Cristina di Loreno gran duchessa di Toscana. Rime Toscane della Maddalena Acciaioli Salvetti gentildonna fiorentina in lode del serenissimo don Ferdinando Medici terzo gran duca di Toscana, Stampata in Firenze, Per Francesco Tosi 1590; Rime, in Tempio all’illustrissimo e reverendissimo signor Cinzio Aldobrandini, cardinale San Giorgio nipote del sommo pontefice Clemente VIII, Bologna, Presso gli eredi di Gio. Rossi 1600, pp. 249-260; Il David perseguitato o vero fuggitivo poema eroico della Maddalena Salvetti Acciaiuola gentildonna fiorentina, Firenze 1611; Poesie liriche spirituali, ibid., pp. 53-66; Breve memoria della nobiltà della casa degli Acciaioli e delli personaggi più segnalati in essa, ibid., pp. 67-72. Dodici sonetti, due madrigali e una canzone che fanno parte delle Rime Toscane furono pubblicati in Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo, raccolti da Luisa Bergalli, parte seconda, Venezia 1726, pp. 101-110; due sonetti e una canzone sempre delle Rime Toscane si trovano in Scelta di sonetti e canzoni de più eccellenti rimatori d’ogni secolo raccolte da Agostino Gobbi, quarta edizione, Venezia 1739, pp. 268-274.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Raccolta Sebregondi, Acciaioli 8a-b; Firenze, Biblioteca nazionale: G. Cinelli Calvoli, Toscana letterata ovvero storia degli scrittori fiorentini, Magl. IX, 67, vol. II, p. 1198; A.M. Biscioni, Giunte alla Toscana letterata, Magl. IX, 77, 1-3; Opera di Santa Maria del Fiore, Archivio storico delle fedi di battesimo, Registro 231, fg.176.
C. Lanci, Esempi della virtù delle donne, Firenze, appresso Francesco Tosi, 1590, pp. 2-4, 15 s., 192, 204 s., 227, 251 s.; C. Bronzini, Della dignità e nobiltà delle donne, Settimana prima, Giornata quarta, Firenze 1625, p. 119; I. Gaddi, De scriptoribus non ecclesiasticis Graecis Latinis Italicis, Florentiae 1667, p. 2; G.M. Crescimbeni, Comentari intorno alla sua Istoria della volgar poesia, II, 2, libro V, Roma 1710, p. 289; G. Negri, Historia degli scrittori fiorentini (1722), Sala Bolognese 1973, p. 391; L. Bergalli, Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo..., Venezia 1726, p. 288; G. Mazzuchelli, Gli scrittori d’Italia, I, 1, Brescia 1753, pp. 47 s.; D. Poggiali, Serie di testi di lingua stampati che si citano nel vocabolario degli accademici della Crusca, II, 3, Livorno 1813, pp. 87 s.; Enciclopedia biografica e bibliografica italiana, s. 6, I, Poetesse e scrittrici, a cura di M. Bandini Buti, Roma 1941, p. 14; C. Ugurgieri della Berardenga, Gli Acciaioli di Firenze nella luce dei loro tempi (1160-1834), Firenze 1962, pp. IX-XII; B. Basile, Introduzione a T. Tasso, Rime, I, Roma 1994, pp. XXIX-XXXX; P. Marongiu, M.S. Acciaioli poetessa al servizio del potere nella Firenze della Controriforma, in Critica letteraria, 2015, n. 167, pp. 322-342.