MADDALENA de la Tour d'Auvergne, duchessa di Urbino
Madeleine nacque intorno al 1500 da Jean (III) - 1467-1501; figlio di Bertrand (VI) e di Louise de la Trémoille -, conte d'Auvergne, di Lauragais e di Boulogne, e dalla principessa di sangue reale Jeanne la Jeune di Bourbon-Vendôme - figlia di Jean (II) conte di Vendôme e di Isabella de Beauvau -, il cui matrimonio, celebrato l'11 genn. 1495, era già stato allietato dalla nascita di Anne. Orfana ancora infante del padre, che morì il 28 marzo 1501, e poi della madre, che (risposatasi con François de la Pause, barone de la Garde, nel 1503) si spense il 22 genn. 1511, di M. si occupò la sorella Anne, promessa in sposa, fin dal 13 luglio 1505, a John Stewart duca d'Albany.
Sotto la tutela del cognato, per lignaggio e per dote M. era tra le nobili impalmabili in funzione delle esigenze tattiche e strategiche della Corona di Francia, pedina adoperabile nella tessitura - anche con apparentamenti matrimoniali - delle alleanze o quanto meno dell'allargamento della sfera d'influenza. Per questo Francesco I, il 19 sett. 1516, prospettava a Lorenzo de' Medici, nipote di Leone X e duca di Urbino, l'opportunità del suo accasamento "con qualche bella et buona dama di grande e grosso parentado e mia parente", a rafforzare, appunto, l'"amore" che tra loro intercorreva. Sebbene il giovane fosse lusingato dalla proposta, era necessario l'assenso del pontefice, il quale, per il nipote, non escludeva l'eventualità di prestigiose nozze spagnole. Tuttavia, il 18 ott. 1517, da Roma si ordinò al nunzio in Francia, il vescovo di Sebenico Giovanni Staffileo e, in subordine, all'oratore fiorentino Francesco Vettori, di concludere il "parentado" di Lorenzo, una causa - ammise il cardinale Giulio de' Medici, il futuro Clemente VII, - che al papa stava molto a cuore, più della stessa impresa antiturca. Nella lettera al nunzio, il nome della dama era lasciato "in albis", approvando tanto una figlia del re di Navarra Jean II d'Albret quanto M., ossia la "figliuola di monsignor di Bologna" e la cognata "del duca d'Albania": si rimetteva a Francesco I di scegliere "quella donna che sia più cara a lui" e, insieme, "più a benefitio de la casa nostra", quella medicea. Il sovrano, dunque, preferì M., la quale era cugina del conestabile Carlo di Borbone e passava per essere "très belle"; "bella et accompagnata da molte virtù et qualità", ripeteva a Roma il cardinale de' Medici, senza averla mai vista.
Il 16 genn. 1518 fu stipulato il contratto tra i procuratori di Lorenzo de' Medici, Staffileo e Vettori, e quelli di M., Jean d'Albret signore d'Orval e Artus Gouffier signore di Boisy. Nell'atto, si costituivano in dote gli "immobilia" di cui M. era "domina"; e il re Cristianissimo - in virtù della filiale devozione al papa e dell'amore per la "consanguinea" M. e pel duca d'Urbino - garantiva agli sposi e ai loro discendenti il reddito annuo di 10.000 lire tornesi. Dal canto suo, lo sposo era tenuto a donare a M. un "castrum aut palatium", oltre che ad assicurarle 4000 ducati aurei all'anno. Il matrimonio "per verba de presenti" ebbe luogo il 25 gennaio; mentre, con l'arrivo di Lorenzo ad Amboise per presenziare il 25 aprile da padrino "in nomine pontificis" al battesimo del delfino Francesco, si tenne la cerimonia delle nozze, il 2 maggio.
M. entrò in chiesa al braccio del sovrano. Seguì il banchetto in una gran sala del castello: a destra del re, "a mezo di la tavola", sedeva il duca, mentre M. aveva accanto la regina, Claudia di Francia, e la madre del re, Luisa di Savoia. Fu la stessa regina Claudia poi ad accompagnare M. al letto, dove l'attendeva Lorenzo per consumare il matrimonio, ciò che egli fece con lode "di haver bene laborato lo possesso". Iniziarono poi sei giorni di giostre, cene, balli a festeggiamento degli sposi. Esultante, Lorenzo de' Medici dichiarava di non avere sposato M. pei 10.000 tornesi "d'entrata", ma per entrare definitivamente nelle grazie del sovrano, per il quale caldeggiava che, da parte della S. Sede, gli si venisse incontro in tutte le questioni pendenti. Leone X, però, era irritatissimo del coinvolgimento della Sede apostolica nel proclamarsi il nipote "sviscerato" servitore della Corona di Francia: evitasse d'ora in poi - gli faceva scrivere - di farsi paladino degli interessi di Francia e non contasse sull'arrendevolezza pontificia.
Lasciata Amboise, il 28 giugno, la coppia soggiornò brevemente "in Avernia", dove il duca prese "possessione de li stati" di Maddalena. Il 22 luglio si metteva in viaggio per l'Italia: il 28 gli sposi erano a Lione; quindi - passando per Torino, Parma, Modena, Reggio - il 20 agosto a Bologna, per di qui entrare in Toscana, a rimettersi dalle fatiche del viaggio nelle ville medicee di Cafaggiolo e di Poggio a Caiano. In quest'ultima, il 3 settembre, M. fu visitata da Goro Gheri, il quale informò tosto Benedetto Buondelmonti dell'impressione positiva ricevuta: d'aspetto M. appariva "onestamente bella, graziosa" che "non potria esser più" e soddisfacente era pure l'indole malleabile, se non altro per la "gran reverentia" che "porta al duca". Il 7 settembre ebbe luogo l'ingresso solenne in Firenze.
Vestita alla tedesca, M. cavalcò attorniata da 40 giovani delle famiglie più illustri e fu accolta, in via Larga, alla porta del palazzo Mediceo, dalla suocera Alfonsina Orsini con una cinquantina di nobili donzelle; splendidi, nei tre giorni successivi, furono i pranzi, le musiche, le recite, i balli; e grandiosa, il 19, la giostra.
Incinta M., si sperò in un maschio cui avrebbe fatto da padrino il re di Francia. Bisognosa di quiete, durante la gravidanza M. appariva un po' "mal contenta" se il marito s'assentava, consolandosi colle risposte di questo alle sue timide letterine. Era docile, "benigna e gentile", annotava il 13 ottobre Gheri. E, per conformarsi all'ambiente, vestiva "all'italiana", dando prova di evidente "piacere" se le si assicurava che il vestito le donava. Intanto le condizioni di salute del consorte s'aggravavano irreversibilmente. Al "mal francese" - dal quale Lorenzo era "molto [(] oppressato" almeno dal 1516 - si sommava, par di capire, la tubercolosi. Vano l'adoperarsi dei luminari della medicina del tempo attorno a lui che, chiuso nelle sue stanze, non aveva più la forza d'alzarsi. In compenso "la grossezza" di M. procedeva "senza fastidio"; entrata nel nono mese, a vederla appariva star bene e di "buona cera". Il 13 apr. 1519, con "buon parto", M. dette alla luce una bimba, Caterina, la futura regina di Francia ed ereditiera per intero della contea avergnate alla morte senza eredi della zia Anne, nel 1524. La bambina fu battezzata, il 16 aprile, a S. Giovanni, assente il padre troppo malato e pure M., proprio quel giorno aggredita dalla dissenteria e dalla febbre. Il 26 M. era "grave" e le si somministrò "l'olio santo".
M. morì a Firenze il 28 apr. 1519, "per non essere ben purgata, da poi il parto", come riscontra Sanuto; perché "la poverina non era evacuata né purgata bene", come informava la corte di Francia Gheri.
Al decesso fu imputabile non la sifilide (malgrado la diffusa convinzione che il marito l'avesse contagiata), ma, piuttosto, la febbre puerperale allora micidiale, in una Firenze dove - come attesta Gheri - "assai" erano le partorienti che non sopravvivevano a lungo. M. fu sepolta l'indomani nella sagrestia di S. Lorenzo "senza fare onoranza" alcuna; il marito - in gravissime condizioni - non fu in grado d'assistere alle esequie. Ed era già morto, quando, il 7 maggio, il cardinale Bernardo Dovizi lo informava da Parigi che la morte di M. era spiaciuta a tutta la corte e in particolare alla regina, la quale con la duchessa si può dire fosse stata allevata e dalla quale "era cordialmente amata". Nella stessa lettera poi il cardinale assicurava Lorenzo che il re di Francia stava già pensando "di darve una altra bella e ricca consorte".
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