Vedi Madagascar dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Un tempo regno indipendente, il Madagascar, la quarta isola più grande al mondo, divenne una colonia francese nel 1896, ma riacquistò l’indipendenza nel 1960. Governato dal 1975 per quasi vent’anni da Didier Ratsiraka – militare di orientamento socialista – è caratterizzato da un sistema politico influenzato dal potere dell’esercito. Nelle tornate elettorali del 2002 e del 2009 l’esercito ha giocato un ruolo chiave nell’ascesa alla presidenza di Marc Ravalomanana e di Andry Rajoelina. Quest’ultimo, leader del movimento di opposizione Gioventù malgascia (nata nel marzo 2009 proprio con l’appoggio dei militari) ha costretto alle dimissioni e all’esilio Ravalomanana per poi assumerne la carica a 34 anni, violando tra l’altro anche la norma costituzionale che fissava l’età minima per la presidenza a 40 anni. Da allora Rajoelina è rimasto in carica senza il riconoscimento delle altre forze politiche e della comunità internazionale, che ha sospeso gli aiuti, a cominciare da Eu, Imf e Wb, oltre a Usa e Norvegia, i princiapli donatori nazionali. Il mancato rispetto da parte di Rajoelina del percorso pre-elettorale ha portato la Sadc a sospendere temporaneamente la membership del Madagascar. Nel novembre 2010 è stata inoltre approvata per via referendaria una nuova Costituzione che ha abbassato a 35 anni l’età minima per partecipare alle presidenziali. L’esito del referendum non è stato riconosciuto dai maggiori gruppi d’opposizione né dalla comunità internazionale, la quale premeva affinché Rajoelina indicasse quanto prima la data delle nuove elezioni e rinunciasse a parteciparvi. Le elezioni si sono tenute nel 2013 in due round (settembre e dicembre) e hanno decretato la vittoria di Hery Rajaonarimampianina, il candidato supportato da Rajoelina che nel governo precedente aveva ricoperto la carica di ministro delle finanze. Il nuovo presidente ha ottenuto nuovamente fondi Imf per 47 milioni di dollari, così come l’Eu ha concesso un pacchetto di aiuti pari a 135 milioni (seguita dall’Arab Bank of Development, che ne ha concessi 11). L’economia malgascia, maldestramente guidata negli ultimi decenni dai piani di sviluppo della Wb e dell’Imf, ha risentito della crisi politica interna e di quella economica globale: nel 2009 si è registrato un calo del turismo di oltre il 50% e una contrazione del pil del 5%. Nel 2010, un altro grave colpo all’economia è stato inferto dalla cessazione degli accordi di libero accesso al mercato estero stipulati attraverso l’African Growth and Opportunity Act (Agoa). La revoca era dovuta alla mancata ottemperanza dei requisiti previsti e ciò ha danneggiato il settore tessile che, proprio attraverso la convenzione, era riuscito a svilupparsi e a esportare i prodotti negli Usa. Vero pilastro, purtroppo inefficiente, dell’economia nazionale è l’agricoltura (che comprende pesca e silvicoltura), che produce oltre un quarto del pil nazionale e impiega l’80% della popolazione. Sebbene molti interessi internazionali si concentrino sull’isola, date le copiose risorse ittiche e forestali e il sottosuolo ricco di petrolio, quarzo, diamanti e oro, gli investimenti sono scarsi e il Madagascar continua a essere uno dei 12 paesi più poveri al mondo. Lo sviluppo risente dell’inadeguatezza delle infrastrutture, della vulnerabilità rispetto alle frequenti calamità naturali e della dipendenza alimentare. Circa la metà della popolazione malgascia vive con meno di un dollaro al giorno e il 40% delle famiglie soffre di malnutrizione cronica.