MACROBIO
. Scrittore latino, noto in generale, nel Medioevo, con questo solo nome, mentre consta che il suo cognome era Teodosio. Sappiamo che un M. fu nel 410 d. C. proconsole d'Africa, nel 422 praepositus sacri cubiculi; è quindi probabile che questo vir illustris abbia a identificarsi col nostro scrittore, il quale dovette fiorire nei primi decennî del 400. Neanche improbabile è ch'esso sia quel Teodosio, che è nominato come destinatario nella prefazione alle favole di Aviano. La sua patria si è supposta in Africa. Certo egli non è italico e neppure sembra greco di nascita, ma della lingua greca ha perfetta conoscenza. Di lui si conservano: 1. un commento al Somnium Scipionis ciceroniano; 2. un simposio: I Saturnali; 3. uno scritto grammaticale.
Il commento al Somnium Scipionis, in due parti, è dedicato dall'autore al figlio Eustachio. L'esegesi ciceroniana dà a lui l'occasione di profondere una dottrina, che è più o meno connessa all'argomento trattato. Le teorie sul microcosmo e sul macrocosmo platoniche, aristoteliche, pitagoriche, ecc., formano il substrato dell'opera; e il continuo riferimento al Timeo ha indotto i critici ad investigare se M. avesse direttamente attinto a quest'opera o a un commento di essa. Ne risultò il sospetto che egli avesse seguito piuttosto il commento di Porfirio o in originale o in una fonte latina intermedia e che si fosse servito anche delle Quaestiones vergilianae attribuite a Mario Vittorino.
I Saturnali rappresentano l'ultimo esempio d'un genere letterario, il simposiaco, che s'inizia con Platone. L'opera è divisa in 7 libri ed è dedicata anch'essa da Macrobio al figlio Eustachio. Sono dialoghi che l'autore suppone avvenuti fra persone colte durante i banchetti dei Saturnali e contengono notizie peregrine sui più svariati argomenti e citazioni di opere altrimenti ignorate.
La prima questione è quando può dirsi che incomincino i Saturnali; tra gli altri argomenti sono trattati: origine e uso della praetexta; origine e antichità dei Saturnali; del tempio di Saturno; del dio Giano; che non si deve disprezzare la condizione degli schiavi; della divisione dell'anno per opera di Romolo, di Numa; delle correzioni fatte in proposito da Cesare e da Augusto, delle Calende, delle Idi e delle None; che tutti gli dei sono ipostasi del sole; facezie e parole di spirito di diversi personaggi; precetti platonici sull'uso del vino; del lusso e dell'intemperanza di Quinto Ortensio; della predilezione che nel passato si ebbe per i pesci; delle leggi istituite dagli antichi Romani contro il lusso; delle specie diverse delle noci, delle mele e delle pere; in quale momento del pasto si debba filosofare; dei diversi generi del sarcasmo; che un nutrimento semplice è da preferire a uno complesso ed il contrario, che il vino per sua natura è più freddo che caldo, ecc. L'ultima questione è se l'uovo preceda la gallina o viceversa. Una questione del libro primo e i libri 3-6 sono dedicati allo studio dei caratteri e dei pregi delle opere virgiliane.
Lo stesso M. non pretende d'essere originale, anzi confessa di aver messo insieme i suoi Saturnali valendosi di opere di altri. Sue fonti principali furono naturalmente le Notti attiche di Aulo Gellio ed i Problemi simposiaci di Plutarco. Ma molte altre opere greche direttamente o indirettamente, molte altre opere latine consultò e utilizzò. È naturale che per la critica virgiliana si valesse dei commenti a Virgilio, specialmente di quello di Elio Donato.
Lo scritto grammaticale tratta della differenza e concordanza del verbo nel greco e nel latino. Ciò che riguarda il verbo greco concorda in gran parte col ‛Ρηματικόν di Apollonio Discolo, di cui M. può essersi valso direttamente o piuttosto in una rielaborazione tardiva. Ma fu pure pensato che fonte di M. fosse il Περὶ τῆς παρὰ ‛Πωμαίων ἀναλογίας di Didimo, in cui il greco e il latino erano insieme comparati. Tra i grammatici latini egli si valse di Probo.
Edizione di F. Eyssenhardt, Lipsia.
Bibl.: M. Schanz, Geschichte der röm. Litt., IV, ii, Monaco 1914, p. 1092; W.S. Teuffel, Geschichte der röm. Litt., III, 6ª ed., Lipsia 1913, par. 444; Sandys, A hist. of class scholarship, 2ª ed., p. 237 segg.; Wessner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIV, col. 170 segg.