Maciste all'inferno
(Italia 1925, 1926, bianco e nero/colorato, 108m a 20 fps); regia: Guido Brignone; produzione: Fert-Pittaluga; soggetto: Fantasio [Riccardo Artuffo]; fotografia: Massimo Terzano, Ubaldo Arata; effetti speciali: Segundo de Chomón; scenografia: Giulio Lombardozzi.
Pluto, re dell'inferno, invia sulla terra Barbariccia sotto le spoglie del dottor Nox per procurare anime e portare nel regno degli inferi Maciste, il quale vive in un paesetto di montagna. Quando Barbariccia, con altri cinque diavoli, gli arriva in casa, Maciste non ci pensa due volte e lo scaraventa fuori. Anche Graziella, una vicina di casa, resiste alle lusinghe del demonio. Barbariccia allora fa incontrare Graziella con un giovane ricco signore, Giorgio, che dopo aver ricambiato il suo amore la abbandona sola con un figlio. Maciste si reca al palazzo di Giorgio, lo costringe a tornare dalla ragazza e salva anche il bambino che Barbariccia aveva rapito e abbandonato nel bosco. In uno scontro con Barbariccia, Maciste cade in una trappola e viene spedito dritto all'inferno, dove è conteso tra la moglie di Pluto, la seducente Proserpina e la figliastra di lei, Luciferina: per un bacio dato a Proserpina, Maciste si trova trasformato in demonio. L'attrazione che prova per lui Proserpina ingelosisce Barbariccia, il quale, con il pretesto di moralizzare l'ambiente, organizza una rivolta contro Pluto. Maciste accorre in difesa del re dei demoni, sbaragliando i rivoltosi e umiliando Barbariccia. Pluto, riconoscente, libera Maciste dall'incantesimo e lo lascia libero di tornare sulla terra. Proserpina non si rassegna a lasciarlo andare e lo incatena a una roccia, vanamente provocandolo con nuove seduzioni. Il gigante buono verrà liberato la notte di Natale dalla preghiera del bimbo di Graziella, sposatasi con Giorgio.
Nell'esangue panorama del cinema italiano del 1926 ‒ solo ventidue titoli vengono sottoposti al visto di censura ‒ escono quasi contemporaneamente quattro film interpretati da Bartolomeo Pagano nel ruolo di Maciste, forzuto popolare, innocente e buono. Tra un Gigante delle Dolomiti dello stesso Guido Brignone, Maciste contro lo sceicco di Mario Camerini e Maciste nella gabbia dei leoni ancora di Brignone, spicca questo Maciste all'inferno, girato negli stabilimenti torinesi della Fert nella primavera del 1925 e per gli esterni nella valle dello Stura. Il film venne presentato, ancor prima di essere munito del visto di censura, a un concorso cinematografico tenutosi nell'estate del 1925 nell'ambito della Fiera di Milano, riportando un vasto successo di pubblico. Presentato subito dopo alla censura, venne stigmatizzato dalla commissione esaminatrice per le scene licenziose e conseguentemente bocciato nella stesura originale: ottenne il visto solo a marzo del 1926, quando l'originale metraggio di 2.502 metri venne ridotto a 2.475.
Maciste all'inferno è opera di uno scrittore di un certo estro, Riccardo Artuffo, che usava l'azzeccato pseudonimo di Fantasio. E il film risulta essere una autentica 'diavoleria', un impasto di grottesco e di sentimentale, di comico e di mirabolante, ove si riescono a fondere esperienze ormai lontane come quelle di Méliès e coeve come quelle di certi film tedeschi, addirittura prefigurando l'esplosione del fumetto dei primi anni Trenta, in un godibilissimo pastiche che mescola allegramente gotico luciferino e sensualità mediterranea. In questa vicenda, la lotta del Male contro il Bene (con ovvia vittoria di quest'ultimo) si complica di elementi soprannaturali, la rievocazione del mondo infernale si richiama alla classica tradizione delle tavole del Doré, ma come ridisegnate da uno sbeffeggiante cartoonist.
Guido Brignone, regista di non eccezionale levatura, appare qui come in uno stato di grazia: per creare il regno delle tenebre si affida alla abilità di quel mago dei trucchi che è Segundo de Chomón, il quale riprende dalle scenografie del bravo Giulio Lombardozzi ‒ costruzioni monumentali, antri paurosi, fumiganti spelonche ‒ dei quadri di una bellezza davvero infernale, rosseggianti di fiamme e densi di ombre, popolati da torme di diavoli cornuti. In tutta questa stregonesca fumisteria, dove impera un Plutone che ricorda il Mangiafuoco di Pinocchio, ci sono anche un Barbariccia di sapore caligaresco, delle infoiate diavolesse, cui prestano le loro conturbanti nudità attrici come Elena Sangro e Lucia Zanussi, e i tanti saltellanti sudditi dell'impero degli inferi. Maciste appare però il più spaesato, un colosso impotente di fronte a questo caotico affresco che talvolta sembra animarsi da una incisione medievale. Per la prima volta lo vediamo in seria difficoltà.
Stavolta non è lui, ma il film ad avere la meglio. La divertita accoglienza del pubblico, cui va sommato un corale consenso della critica, fecero di Maciste all'inferno uno dei pochi film italiani della fine del muto coronati da un successo di cui si era ormai persa l'eco.
Per puro scrupolo filologico, va ricordato un film del 1962 dallo stesso titolo ‒ ma la storia è completamente diversa ‒ diretto da Riccardo Freda, il quale utilizzò le grotte di Castellana, opportunamente affumicate, per simulare gli antri infernali. Più interessante, e ormai quasi leggendaria, la passione di Federico Fellini per il film con Bartolomeo Pagano, il primo che ricordasse d'aver visto, bambino, su uno schermo cinematografico: e in una testimonianza affettuosa resa al critico Dario Zanelli, il cineasta riminese raccontava come "quelle immagini mi sono rimaste impresse nella memoria. Tante volte, scherzando, dico che tento sempre di rifare quel film, che tutti i film che faccio sono una ripetizione di Maciste all'inferno".
Interpreti e personaggi: Bartolomeo Pagano (Maciste), Pauline Polaire (Graziella), Elena Sangro (Proserpina), Franz Sala (Barbariccia/dottor Nox), Umberto Guarracino (Pluto), Mario Sajo (Gerione), Domenico Serra (Giorgio), Lucia Zanussi (Luciferina), Felice Minotti, Andrea Miano.
M. Verdone, Il film atletico e acrobatico, in "Centrofilm", n. 17, gennaio 1961.
V. Martinelli, M. Quargnolo, Maciste e i giganti buoni, Gemona 1981.
Gli uomini forti, a cura di A. Farassino, T. Sanguineti, Milano 1983.
M. Dall'Asta, Un cinéma musclé, Crisnée 1992.
V. Martinelli, Il cinema muto italiano ‒ Gli anni Venti, Roma 1996.
Dante nel cinema, a cura di G. Casadio, Ravenna 1996.
A. Costa, I leoni di Schneider, Roma 2003.