MACCHINE GUERRESCHE
. Antichità e Medioevo. - Le macchine di uso esclusivamente militare si sogliono classificare in: macchine incendiarie; macchine infernali; macchine ossidionali.
Macchine incendiarie. - Si chiama con tal nome quel complesso di artifizî usato per incendiare le cose nemiche. Primo, per antichità, fra questi artifizî, fu il fuoco greco; a cui si possono aggiungere il barile ardente, la falarica, la pignatta di fuoco, la racchetta, il razzo, ecc. Se ne dà la definizione alle singole parole.
Macchine infernali. - Appartengono alla categoria delle macchine incendiarie, ma sono più potenti e non hanno soltanto il compito d'incendiare, ma quello di distruggere con qualunque mezzo. È specialmente nella seconda metà del Cinquecento e nel Seicento che gl'ingegneri militari si sono sbizzarriti a inventare macchine infernali di grande mole.
All'assedio di Anversa (1584-1585), furono impiegate le più colossali e strane macchine infernali. Ebbe rinomanza quella del mantovano Federico Giannibelli, contro lo sbarramento di Callao, che chiudeva Anversa dalla parte del mare. Consisteva in quattro barconi, pieni di polvere, coperti di pietre da mulino e di lapidi sepolcrali (per fare intasamento), di bombe, di balle di stoppa e di fieno e legnami resinosi impeciati, ecc. I barconi, muniti di un apparecchio di orologeria che a tempo calcolato doveva fare scoppiare le sostanze esplosive, furono spinti verso lo sbarramento; di essi, uno, preso dai gorghi, calò a fondo e non produsse che una densa colonna di fumo; due, spinti dal vento e dalla corrente, si ruppero sulle rive senza produrre danni; il quarto, il maggiore di tutti, arrivò contro gli sbarramenti, scoppiò a tempo, aprì una larga breccia e produsse danni gravissimi. Le macchine infernali del Giannibelli erano, dunque, specie di brulotti, e brulotti furono pure usati all'assedio di Gaeta nel 1861 (v. brulotto). All'assedio di Ostenda (1601-1604) furono, da ingegneri italiani, inventati: i candelieri portatili, il barcone del Targione, la bilancia, ecc. tutte macchine che si possono classificare fra le infernali.
Hanzelet nella Pyrotechnie descrive una macchina di sua invenzione, la quale consisteva in un carretto, caricato di granate, bombe, polvere, che doveva essere abbandonato su una strada; quando il nemico se ne fosse impossessato, e lo avesse messo in movimento per trascinarlo seco, gli artifizî sarebbero scoppiati.
Macchine ossidionali. - Erano macchine che s'impiegavano nell'assedio delle piazze prima delle bocche da fuoco; possono essere distinte in quattro categorie: 1. quelle destinate a lanciare proiettili nella piazza, cioè macchine da gitto, o artiglierie; 2. quelle destinate a battere in breccia le mura, che potrebbero chiamarsi macchine da percossa; 3. quelle che venivano adoperate per approssimarsi al coperto al recinto difensivo e prepararne l'assalto che possono essere definite macchine d'approccio; 4. quelle infine per favorire l'assalto, o macchine d'assalto.
Nell'antichità i prirni costruttori di macchine da guerra furono gli Assiri, che usavano per l'attacco delle piazzeforti, oltre alle scale e ai grandi scudi da assedio adoperati anche dagli Egiziani, perfezionati arieti mobili e protetti. In occidente, l'ariete sarebbe comparso la prima volta all'assedio posto dai Cartaginesi a Cadice, la cui data è però incerta (500). In Grecia, macchine da guerra (arieti e testuggini) sono ricordate per la prima volta all'assedio posto dagli Ateniesi a Samo (439) e poi nella guerra del Peloponneso. Con il progresso della meccanica nell'età ellenistica, si portarono molti perfezionamenti alle macchine da guerra. Alla scala a mano fu sostituita la scala su carrello che si alzava con un contrappeso (σαμβύκη). Fu resa più precisa ed energica l'azione della trave dell'ariete (v.). Si usavano anche grossi trapani da muro (τρύπανον). Grande diffusione ebbero dal secolo IV a. C. in poi le torri mobili, che si costruirono anche di proporzioni grandiose; esse erano dette anche ἑλεπόλεις, "prendicittà". Quelle costruite a Tiro dagl'ingegneri di Alessandro erano alte circa 53 m.; ancora più alte sarebbero state quelle usate da Demetrio Poliorcete.
Le macchine da tiro furono introdotte nel mondo greco nei primi anni del sec. IV, quando Dionisio il Vecchio chiamò a sé molti ingegneri per apprestare macchine per la guerra contro i Cartaginesi. Una categoria di queste macchine utilizzava la forza di propulsione di un grande arco, adattato su un sostegno, teso a mano o meccanicamente e mantenuto in tensione sino al momento opportuno mediante un congegno a dentatura (γραστραϕέτης "che si montava premendo contro il ventre", arcuballista). Molto maggior rendimento davano le macchine a torsione (tormenta). Queste constavano di solito di due bracci rigidi e separati, i quali con una delle loro estremità venivano immessi in due fasci di fibre (di solito equine, ma potevano servire anche i capelli di donna) tese, mentre alle altre due estremità si fissavano i capi di una corda o fascia, che aveva la funzione della ecrda dell'arco. Con un meccanismo si torcevano i due fasci di fibre e si tirava quindi la corda come in un arco. È il tipo della catapulta (καταπέλτης, catapulta). Queste macchine si distinguevano in ὄργανα εὐϑύτονα per il tiro con grossi giavellotti e in ὄργανα παλίντονα, che lanciavano di solito proietti di pietra. I παλίντονα d'assedio lanciavano di solito proietti da un talento (circa 26 kg.) e si parla di proietti anche di 3 talenti. Pare che alcune macchine avessero una portata fino a 500 m. circa. C'erano poi macchine a torsione che lanciavano il proietto mediante un solo braccio verticale, come gli onagri o scorpioni. Ctesibio tentò di costruire anche macchine ad aria compressa.
Nel Medioevo alle macchine nevrobalistiche se ne aggiunsero altre, pure da gitto, fondate sull'azione o sull'impiego di contrappesi, che si potrebbero chiamare lit0b0le, come i trabocchi, i mangani, le briccole, e che servivano per lanciare pietre, palle e tonnelletti incendiarî, barili di materie putride e asfissianti e persino carogne e asini vivi. Si usarono anche catapulte, balliste, arcoballiste per lanciare pietre e palle e anche grossi dardi ordinarî, e dardi incendiarî, sbarre di ferro arroventate, aste guarnite di stoppa e di fuoco greco simili a razzi: queste ultime avevano, rispetto a quelle a contrappeso, il vantaggio che potevano essere puntate, come le bocche odierne. E se coi trabocchi e coi mangani era possibile tenere il tiro arcato entro un piano verticale, con le arco-balestre si eseguiva tiro di lancio in tutte le direzioni; i loro proietti erano capaci di rovesciare intere file di soldati, di rompere le macchine, di recidere le corde, di rovesciare mantelletti e palificate.
Antichissime sono le macchine d'approccio (che, a rigore, escono dalla categoria delle armi) come i mantelletti, i muscoli, i gatti e le vigne; e quelle di assalto propriamente dette come le scale, le sambuche, le elepoli, le gru, i tolleni, ecc. Per il loro uso vedi fortificazione.
Età moderna. - Con la diffusione delle armi da fuoco, le macchine da gitto e da percossa vennero gradatamente sostituite dalle bombarde, e poi, secondo le necessità, dalle colubrine e dai cannoni da batteria, che, raggiungendo i loro effetti da distanza, rendevano anche inutili le macchine d'approccio. Così le macchine guerresche, dopo un non breve periodo d'impiego promiscuo con le artiglierie, vennero interemente abbandonate per tutto l'evo moderno. Ricomparvero, però, durante la guerra mondiale, alcune forme di macchine da gitto, che venivano utilizzate per lanciare da posizione coperta e da breve distanza, con tiro curvo, bombe metalliche di vario peso, e anche barilotti di legno, carichi di potente esplosivo.
Di tali macchine, chiamate comunemente lanciabombe, alcune erano a funzionamento puramente meccanico e utilizzavano come forza motrice per il lancio la tensione di molle metalliche, per lo più elicoidali, con svariatissimi meccanismi di carica, di arresto e di scatto, oppure utilizzavano la forza centrifuga, come nel lanciabombe Minucciani, che aveva anche una notevole celerità di lancio. Molto più numerosi e anche più potenti erano i lanciabombe pneumatici, nei quali la forza propulsiva era data da aria compressa in bombole e condotta, per mezzo di brevi tubazioni, a una camera di un tubo di lancio, dove, con dispositivi di vario genere, veniva lasciata istantaneamente espandere. I lanciabombe presentavano, sulle bombarde e su altre analoghe armi a carica di lancio esplosiva, il vantaggio di essere silenziosi e di non dare vampa allo sparo, ciò che rendeva più difficile l'individuazione della loro postazione da parte del nemico, che altrimenti l'avrebbe scoperta facilmente, data la grande vicinanza che in taluni punti esisteva fra le trincee opposte. Queste caratteristiche, unitamente ai vantaggi derivanti dalla possibilità di eseguire il tiro curvo da posizioni coperte o defilate, contro posizioni analoghe, dalla possibilità d'impiegare bombe con involucri leggieri e con cariche di scoppio di esplosivi potenti, che per la loro eccessiva sensibilità non avrebbero potuto essere impiegati nei proietti d'artiglieria, sottoposti a fortissime accelerazioni alla partenza del colpo, e infine anche dall'economia di esplosivo per le cariche di lancio, di cui erano necessarî ingenti quantitativi giornalieri per le armi da fuoco, rappresentano il motivo del ritorno a questi mezzi bellici antiquati, imperfetti, ingombranti e talvolta anche delicati, come quelli pneumatici. (V. anche bombarda: VII, p. 367).
In ogni modo, l'importanza di queste macchine, nel quadro generale dei mezzi e delle azioni belliche, è rimasta assai limitata. Macchina militare della massima importanza è invece il carro armato, che riunisce in misura notevole, in un unico elemento, la potenza di fuoco e di urto, la capacità del movimento su terreno vario e la protezione (v. carro: IX, pp. 166-170).
All'adozione su larga scala di queste macchine per il combattimento risponde il concetto di "meccanizzazione delle forze", che si differenzia dalla "motorizzazione", in quanto questa prevede l'impiego di veicoli automobili ordinarî nel solo campo logistico-strategico, per il trasporto rapido e, se il caso, a grande distanza di truppe che abbandonano i veicoli stessi per combattere nel campo tattico.
Nella meccanizzazione si vede il mezzo per evitare la cristallizzazione delle operazioni nella guerra di trincea, perchè dà modo di vincere la superiorità che la difensiva aveva acquistato con la grande efficacia delle armi automatiche combinate con l'ostacolo.
Il carro armato, o carro d'assalto, macchina offensiva per eccellenza, presenta però delle qualità negative, che ne limitano le possibilità d'impiego e impongono sempre il concorso di altre truppe, specialmente della fanteria: nessuna attitudine alla difesa, all'occupazione e al mantenimento delle posizioni conquistate; scarsa visione di combattimento; difficoltà di tiro esatto in movimento; dipendenza dalla natura del terreno (i terreni di montagna, boschivi o paludosi rendono assai difficili o anche impossibili i movimenti di masse di carri armati); difficoltà di defilamento e di occultamento, anche a causa del rumore, e quindi vulnerabilità; rapido logoramento, e quindi necessità d'ingenti rifornimenti immediati. Durante la guerra mondiale i carri armati, impiegati in unione alla fanteria per lo sfondamento delle linee di trincee, avevano scarsa velocità e scarsa autonomia, e, in causa anche della poca mobilità della fanteria, che li seguiva a piedi, il successo, quando fu raggiunto, rimase limitato alle prime linee, e in ogni caso ne mancò lo sfruttamento.
Secondo il concetto maturatosi dopo la guerra, complessi di truppe meccanizzate e motorizzate dovrebbero essere atti non soltanto allo sfondamento delle organizzazioni difensive della guerra di trincea, fino alle linee più arretrate, e allo sfruttamento del successo, dilagando a tergo delle posizioni, ma anche a essere impiegate nella guerra di movimento per l'avanscoperta, per la protezione dei fianchi, per la copertura di radunate e di movimenti, per larghi aggiramenti e incursioni nel territorio nemico, per l'inseguimento, e come riserve prontamente e rapidamente spostabili.
Per l'esecuzione di tali compiti, oltre ai carri più o meno pesanti per lo sfondamento, occorrono carri veloci e di grande autonomia; oltre alla fanteria e alla cavalleria anche artiglierie di una certa potenza per vincere resistenze a cui si mostrassero inadeguate le mitragliatrici e i cannoni di piccolo calibro dei carri armati; artiglierie contraerei, reparti di zappatori; servizî di comunicazioni, specie radio; servizio chimico e di sanità, rifornimenti, riparazioni, ecc.
Le discussioni, gli studî e le esperienze pratiche, che si conducono da varî anni in tutti gli stati, mirano a determinare la forma più conveniente per l'impiego delle truppe meccanizzate e motorizzate a stabilire cioè se esse debbano essere costituite in grandi unità indipendenti, in numero maggiore o minore rispetto alle altre di costituzione ordinaria, oppure essere distribuite fra tutte le grandi unità dell'esercito, come truppe ausiliarie, e così pure a stabilire il grado di motorizzazione e meccanizzazione da adottarsi nei diversi casi. È questo un problema che interessa tutta la compagine dell'esercito e la cui soluzione dipende da numerosi fattori, dei quali hanno importanza determinante la natura del terreno nei probabili teatri di operazioni, le circostanze politico-militari del paese, e le sue risorse economiche, finanziarie e industriali.
Per conseguenza nelle formazioni sperimentali, che vennero realizzate nei varî paesi per esercitazioni e manovre, si possono rilevare molte combinazioni, che rispecchiano appunto la tendenza particolare vigente in ciascun paese, in base alle condizioni suaccennate e alle esperienze fatte in precedenza. Nella Gran Bretagna si ebbe dapprima le tendenza alla meccanizzazione integrale di grandi unità e sorse anche una scuola che propugnava la meccanizzazione di tutte le forze, che avrebbero così costituito un piccolo esercito di mestiere pronto a essere lanciato sul continente e nelle colonie al momento del bisogno; in seguito, però, si sperimentarono unità miste meccanizzate e motorizzate. Negli Stati Uniti d'America, si sperimentarono unità miste con grande tendenza a mantenere la massima importanza alla fanteria e alla cavalleria non motorizzate, di cui le truppe meccanizzate dovrebbero rappresentare un mezzo ausiliario ripartito in tutte le grandi unità. In Francia si tende alla motorizzazione generale delle grandi unità, con completamento di truppe meccanizzate, ma si sono sperimentate anche divisioni leggiere o di cavalleria, in cui entravano in larga misura truppe a cavallo. Nel "Corpo celere" italiano, attorno a una massa di cavalleria, si raggruppano battaglioni di ciclisti e di motociclisti, batterie a cavallo e a traino meccanico, e reparti di carri armati leggerissimi e veloci. Esso risulta, perciò, misto di truppe ordinarie, di unità motorizzate e di unità meccanizzate.