CALCOLATRICI, MACCHINE (fr. machines à calculer; sp. máquinas de cálculo; ted. Rechenmaschinen; ingl. calculating machines)
Rientrano oridnariamente sotto la denominazione di macchine calcolatrici, tutte le macchine o apparecchi destinati alla esecuzione di calcoli matematici, siano essi aritmetici, algebrici, infinitesimali.
In corrispondenza le macchine si dividono in tre categorie:
1. macchine calcolatrici aritmetiche, destinate alla esecuzione delle operazioni dell'aritmetica: somma, sottrazione, moltiplicazione, divisione ed eventualmente elevazione a potenza, estrazione di radice, ecc. Sono queste le macchine calcolatrici di maggior diffusione a cui viene esteso d'ordinario il nome di calcolatrici.
2. macchine calcolatrici algebriche, destinate alla determinazione dei valori di alcune funzioni e alla risoluzione di alcune equazioni o sistemi di equazioni. Hanno diffusione m0lto più limitata delle precedenti;
3. macchine calcolatrici infinitesimali, principalmente integratrici, (meno diffuse le differenziatrici) destinate alle operazioni del calcolo infinitesimale e principalmente all'integrazione e alla risoluzione di alcune equazioni differenziali. Fra queste sono di uso abbastanza frequente nella tecnica i planimetri che eseguono la integrazione delle aree di superficie piane qualunque; meno frequenti tutte le altre.
Cenno storico. - Dispositivi per rendere più agevole e rapida l'esecuzione dei calcoli erano conosciuti fin dalla più remota antichità. Presso i Greci, i Romani, e di recente tra i Giapponesi, i Cinesi e i Russi era diffuso ad esempio l'abaco, generalmente conosciuto (figura 1) che contiene in embrione il principio delle odierne calcolatrici per addizione.
I primi veri apparecchi calcolatori risalgono tuttavia ad alcuni secoli fa (la macchina di Pascal è del 1642) ma solo nel secolo scorso cominciarono ad acquistare una notevole diffusione pratica e subirono gradualmente quei perfezionamenti che li hanno resi rispondenti alle esigenze pratiche.
Fra gli apparecchi per l'esecuzione dell'addizione i primi tipi, che risalgono al sec. XVIII, erano costituiti da regoli, ciascuno diviso in 10 parti, i quali venivano giustapposti, spigolo contro spigolo (fig. 2; regoli Caze 1720): tali sistemi possono considerarsi direttamente derivati dagli abachi dei Greci e dei Romani, rispetto ai quali presentano il vantaggio di evitare di dover contare le singole sferette. Sistemi analoghi furono costruiti con anelli concentrici o con nastri mobili su opportune rotelle, al principio del sec. XIX.
Più antichi sono i primi sistemi di apparecchi per la moltiplicazione: risalgono al 1617 i bastoni di Nepero, che si possono considerare quasi come costituenti delle colonne mobili della tavola pitagorica. Numerosi altri sistemi a cilindri paralleli, a tamburo, ecc. furono ideati nei secoli successivi; lo stesso sistema dei bastoni di Nepero venne perfezionato in seguito (Génaille e Lucas 1885) fino ad arrivare all'aritmografo Bollée (1895), moltiplicatore e addizionatore, che consente già l'esecuzione di tutte le operazioni dell'aritmetica, benché con rapidità minore e senza i mezzi di controllo delle odierne calcolatrici.
La prima moltiplicatrice per addizioni successive è dovuta a Leibniz (1671); in essa si trova il traspositore, caratteristico delle macchine calcolatrici più recenti. Successivamente furono studiati molti altri tipi di macchine calcolatrici, s'introdusse l'uso dei tasti (per la prima volta intorno al 1860) dando così le macchine a tastiera, accanto a quelle con apparato di impostazione a leve, che sembra fosse già conosciuto dal Leibniz.
Questi tipi di macchine possono considerarsi come le progenitrici dirette delle odierne calcolatrici aritmetiche, le quali ne costituiscono il perfezionamento.
Il problema del calcolo meccanico delle funzioni e della risoluzione delle equazioni è stato studiato anch'esso fin dai tempi più antichi. Così il metodo applicato da Lill (1867) per la determinazione delle funzioni (e conseguenti risoluzioni delle equazioni) a mezzo di poligonali ad angoli retti, per la determinazione di funzioni del tipo
(fig. 3) è lo stesso su cui si fondano apparecchi per la risoluzione delle equazioni di terzo grado già noti agli antichi e attribuiti a Platone e ad Eratostene.
Il problema anche prima che dal Lill era stato studiato e risolto con altri metodi sin dalla fine del sec. XVIII (A. de Segner, Rowning), e fu poi studiato più intensamente nel sec. XIX, realizzandosi la costruzione di molti tipi di apparecchi, basati alcuni sul principio già esposto, altri su principî diversi, sull'equilibrio dei sistemi di corpi (le cosiddette bilance), sull'impiego di correnti elettriche, ecc. Di questi apparecchi, gli ultimi, fondati sull'impiego dell'elettricità, datano dalla fine del sec. XIX e hanno continuato ad avere nuove soluzioni (Revessi; v. bibl.).
Tutte queste macchine algebriche, sia per la determinazione dei valori delle funzioni, sia per la risoluzione delle equazioni, hanno trovato tuttavia sempre scarsa applicazione. Alcuni dei concetti da esse sfruttati sono stati lasciati al calcolo grafico (ad es. quelli del tipo Lill per la risoluzione delle equazioni con le poligonali a lati ortogonali), ma anche in esso sono stati scarsamente applicati a causa della relativa complicazione che presentano di fronte agli ordinarî sistemi numerici.
Passando infine agli apparecchi integratori, lo studio di questi è molto più recente; si attribuisce all'ingegnere bavarese Hermann (1814) la costruzione del primo apparecchio del genere; allo stesso periodo risalgono altri apparecchi analoghi. Poco successivi sono gli integrafi, il primo dei quali si attribuisce al Coriolis (1836). Il planimetro di Amsler risale al 1854.
Da questo periodo in avanti sono numerosi gli studî sull'argomento e gli apparecchi costruiti, fino ai più recenti.
Macchine aritmetiche.
Servono per effettuare le varie operazioni aritmetiche. Esse sono talvolta semplicemente sommatrici; più di frequente invece consentono di eseguire le quattro operazioni fondamentali e possono anche essere usate per l'esecuzione delle potenze, per estrazioni di radici, calcoli d'interessi, sconto, ecc.
Parti principali delle macchine aritmetiche. - Le calcolatrici hanno generalmente come organi principali (figg. 4 e 5, calcolatrici Facit e Rheinmetal), un apparato d' impostazione, a leve o a tastiera, su cui si compongono i numeri che entrano nelle operazioni; un totalizzatore, che registra i risultati; e un contagiri, che nella moltiplicazione compone uno dei fattori, nella divisione riporta il quoziente, e nella somma numera gli addendi; degli organi di rinvio, intermedî fra l'apparato d' impostazione e il totalizzatore, e fra esso e il contagiri, servono per la trasmissione del moto dal primo agli altri due; totalizzatore e contagiri sono riuniti normalmente a costituire il carrello, scorrevole in senso trasversale.
Accanto a questi organi principali, che possono prendere varia forma nei varî casi e qualcuno dei quali può a volte mancare, ne esistono poi degli altri secondarî, necessarî per dare i varî movimenti accessorî, per permettere le riduzioni a zero dell'apparato d'impostazione, del totalizzatore, del contagiri, per impedire la variazione del senso di rotazione della manovella quando il giro è cominciato, ecc.
L'apparato d'impostazione può essere a leve o a tastiera: il tipo a leve è il primo in ordine di tempo, usato inizialmente nelle macchine Odhner, poi nelle Brunsviga, Facit, ecc.; il secondo tipo, più recente, usato nelle Kuhrt, Rheinmetall, Monroe, ecc., è anche impiegato nelle sommatrici scriventi.
L' apparato d' impostazione a leve, detto anche a corsoi, è costituito (fig. 6) da un albero a, che si collega all'estremo con la manovella principale della macchina, e porta, rigidamente calettati, un certo numero di dischi, ognuno corrispondente a una delle colonne di numeri da 1 a 9, riportata sul quadro di impostazione. Da un settore periferico di ognuno di questi dischi, mediante il movimento delle rispettive leve, agenti attraverso sistemi a eccentrico, si possono fare sporgere dei denti, in numero eguale alla cifra che si vuole impostare: disponendo cioè, su una qualunque colonna del quadro d'impostazione, la leva di fronte al 6, dal corrispondente disco si vengono a fare sporgere 6 denti. Dopo la composizione di un numero, quindi, i dischi dell'apparato d'impostazione riproducono, coi denti sporgenti, le varie cifre che compongono il numero stesso, prese nella loro successione.
Il totalizzatore b è costituito da un albero fisso, che porta, folli, un certo numero di rocchetti dentati, ciascuno con dieci denti; ogni rocchetto porta solidalmente un disco, recante sulla periferia i numeri dallo 0 al 9; una finestra praticata sul coperchio della macchina, permette di vedere una cifra per disco. Nella posizione iniziale compare alla finestra una successione di zeri.
In corrispondenza di ogni disco dentato dell'apparato d'impostazione, si trova un rocchetto dentato del totalizzatore; questi ricevono il movimento da quelli attraverso i rocchetti dell'albero di rinvio c.
Data la costituzione degli organi descritti, è evidente che, dopo composto un numero sull'apparato d'impostazione, un giro di manovella, nel senso dell'addizione e della moltiplicazione (che corrisponde sul totalizzatore a quello dei numeri crescenti), fa compiere un giro all'albero dell'apparato d'impostazione, e fa rotare i rocchetti, e i dischi del totalizzatore, di numeri corrispondenti alle cifre composte sull'apparato d'impostazione; viene così registrato sul totalizzatore, se esso era prima a zero, il numero composto sull'apparato di impostazione.
Quanto al contagiri, d, esso serve a contare i giri della manovella, e prende quindi movimento dall'albero di questo. Esso è del tipo comune, e può essere, o no, a passaggio di decine. Nel primo caso ogni dischetto (corrispondente alle unità di un certo ordine e portante sulla periferia i numeri da 0 a 9) è munito di un risalto laterale, il quale ad ogni giro (cioè ogni 10 unità di quell'ordine) fa procedere il dischetto contiguo di un decimo di giro (cioè di 1 unità dell'ordine immediatamente superiore).
Nelle macchine a tastiera il procedimento è analogo, differendo esse dalle precedenti solo per l'apparato d'impostazione: in esse (v. p. es. la fig. 7, relativa alla Comptometer per cui si veda avanti) a ogni colonna di tasti corrisponde una leva a, sollecitata da una molla, b, a restare nella posizione di riposo, corrispondente allo zero. I varî tasti, abbassati contro il piano c, premono sulla leva a diverse distanze dal suo fulcro, attraverso aste diversamente lunghe, e ne determinano quindi l'abbassamento di angoli crescenti per i tasti dall'i al 9. In tal modo dopo la composizione di un numero gli abbassamenti delle diverse leve corrispondono rispettivamente alle varie cifre del numero composto, prese nella loro successione. La trasmissione del movimento al totalizzatore avviene poi attraverso un apparato di rinvio; analoga a quella di prima è la funzione del contagiri.
Oltre agli organi precedenti, come già si è detto, ne esistono altri accessorî, diversi nei varî tipi di macchine. Notevole fra questi l'indicatore della cifra impostata, costituito da un albero portante un sistema di rocchetti e dischi con la periferia numerata: questi, ricevendo il moto dai rocchetti dell'apparato d'impostazione, consentono di volta in volta di controllare ogni numero impostato (fig. 8, macchina Nova Brunsviga). In qualche macchina, ha luogo anche, attraverso opportuno meccanismo, la reimpostazione automatica, sul quadro d'impostazione, del risultato di una qualunque operazione, ottenuto al totalizzatore; ciò ne evita l'impostazione a mano e quindi consente maggiore rapidità dove occorra eseguire delle moltiplicazioni di più fattori.
Esecuzione delle principali operazioni. Addizione. - Effettuate tutte le riduzioni a zero, s'imposta il primo addendo mediante le leve o i tasti: rotando la manovella nel senso dell'addizione, il numero viene registrato dal totalizzatore. Effettuata quindi la cancellazione del primo addendo dall'apparato d'impostazione, s'imposta il secondo addendo, e rotando la manovella nel senso dell'addizione, si vengono a spostare in avanti i varî dischi del totalizzatore, di numeri corrispondenti alle rispettive cifre del secondo addendo; si ha così al totalizzatore la somma dei due addendi. Procedendo analogamente si ha la somma di più addendi: il contagiri dà il numero degli addendi.
Un movimento speciale viene compiuto nel totalizzatore al passaggio delle decine: quando un disco del totalizzatore, arrivato al 9, viene spinto avanti, esso torna allo zero, o eventualmente l'oltrepassa, e deve perciò, subito dopo, spostarsi di 1 il disco successivo del totalizzatore, corrispondente alle unità immediatamente superiori. Precisamente, nel passaggio del primo disco dal 9 allo zero, un perno laterale, di cui esso è munito, agisce, attraverso organi intermedî, su un dente del disco successivo dell'apparato d'impostazione; questo dente sporgendo dalla periferia dal disco, al completarsi della rotazione della manovella, fa rotare di 1 il disco corrispondente del totalizzatore, dando così il voluto passaggio di decine.
Sottrazione. - Impostato il minuendo e registratolo sul totalizzatore con un giro di manovella nel senso dell'addizione, s'imposta il sottraendo e si gira la manovella in senso inverso al precedente (senso della sottrazione e della divisione): al totalizzatore viene registrata la differenza. Il passaggio di decine avviene in maniera analoga alla precedente.
Quando il sottraendo è minore del minuendo, o, comunque, quando in seguito a sottrazioni successive si arrivi a una differenza negativa, il passaggio oltre lo zero, e la corrispondente uscita dei 9 sui dischi di sinistra del totalizzatore, son segnalati da un campanello. Il numero che comparisce è allora il complemento della differenza cercata (se esso è 999.999.732 la differenza è 268).
Moltiplicazione. - Impostato uno dei fattori sull'apparato d'impostazione, sì gira la manovella nel senso dell'addizione in modo che sul contagiri compaia la cifra delle unità del secondo fattore: si ha così al totalizzatore, per successive addizioni, il prodotto del primo fattore per il numero che rappresenta le unità del secondo.
Spostato allora il carrello (totalizzatore e contagiri) di un posto verso destra, si gira la manovella tante volte quante sono le decine del secondo fattore; queste decine compaiono allora sul contagiri a fianco delle unità, mentre al totalizzatore comparisce il prodotto del primo fattore per il numero costituito dalle ultime due cifre del secondo fattore. Procedendo in maniera analoga mediante successivi spostamenti a destra del carrello e compiendo ogni volta con la manovella un numero di giri eguale alle rispettive cifre che compongono il secondo fattore, si avrà in complesso al contagiri il secondo fattore e al totalizzatore il prodotto.
Divisione. - Il dividendo s'imposta verso la sinistra dell'apparato di impostazione così da consentire il massimo numero di cifre nel risultato; registratolo sul totalizzatore, e riportato a zero il contagiri, s'imposta il divisore in modo che la sua prima cifra di sinistra sia sulla stessa colonna di quella del dividendo. Si gira la manovella nel senso della sottrazione finché non si supera lo zero (e suona quindi il campanello): poiché ciò indica che si è ecceduto nel sottrarre il divisore, occorre tornare di un giro indietro. Si sposta allora il carrello di un posto verso sinistra e si ripete la stessa operazione e così via: infine il contagiri dà il quoziente e il totalizzatore il resto.
Operazioni successive; semplificazioni; operazioni varie. - Per eseguire successivamente più operazioni, a esempio somme e sottrazioni, o somma di più prodotti, ecc., si procede mantenendo ogni volta, al totalizzatore il risultato, e proseguendo, dopo le necessarie riduzioni a zero. In modo intuitivo si può anche procedere per le operazioni semplificate: moltiplicazioni per numeri prossimi a potenze di 10 (ad es. 9997) possono ottenersi sottraendo dal prodotto del moltiplicando per questa potenza di 10, più volte il moltiplicando stesso (prodotto per 10.000 e sottrazione di tre volte il moltiplicando); divisioni per un divisore comune possono eseguirsi come moltiplicazioni per l'inverso di quel divisore, impostato sull'apparato d'impostazione; elevazione a potenza, come prodotti di potenze di ordine inferiore, ecc.
Calcolatrici di tipo speciale; machine scriventi. - Calcolatrice Comptometer". - Ha il totalizzatore fisso anziché scorrevole e manca di contagiri. L'apparato d'impostazione è a tastiera e corrisponde allo schema della fig. 7. Abbassando i tasti, si abbassa la leva, e quindi il settore, di angoli corrispondenti rispettivamente a 1, 2... denti. Abbandonando i tasti, le leve, richiamate dalla loro molletta nella posizione di equilibrio, azionano, attraverso il settore e l'albero di rinvio, i rocchetti e i dischi del totalizzatore, su cui viene registrato il numero impostato (la trasmissione del moto è evitata, durante l'abbassamento del tasto, dalla presenza di un nottolino d'arresto).
L'addizione è compiuta come nelle macchine ordinarie, impostando sulla tastiera successivamente i varî addendi: l'impostazione va fatta utilizzando le cifre grandi che si trovano segnate sui tasti (le piccole, complementi a 9 delle grandi, servono per la sottrazione).
Per la sottrazione, dato il senso di rotazione unico dei rocchetti, il minuendo deve essere impostato con le cifre grandi, il sottraendo con le piccole, considerandone peraltro diminuita di 1 la cifra delle unità. Nell'esecuzione, che è compiuta quindi come somma del minuendo col complemento del sottraendo, occorre seguire alcune avvertenze che complicano un po' l'uso di questo tipo di macchina.
Dalla costituzione del totalizzatore, fisso, e tenendo conto del senso unico di rotazione dei rocchetti, possono dedursi le modalità di esecuzione, necessariamente complesse, della moltiplicazione e della divisione; ades., per la prima occorre battere il primo fattore tante volte quante sono le unità del secondo; poi spostandosi, per tutte le colonne, di un posto a sinistra, batterlo tante volte quante sono le decine del secondo fattore, e così via per le altre cifre che compongono il secondo fattore.
Macchine automatiche. - Esistono calcolatrici (elettriche) completamente automatiche, in cui, eseguita l'impostazione dei numeri e delle virgole, l'operazione viene compiuta tutta automaticamente. Altre (semiautomatiche) richiedono in parte, anche durante le operazioni, l'intervento dell'operatore. Molti tipi moderni di macchine sono studiati in modo da poter essere azionati sia elettricamente, sia a mano. (La fig. 9 riproduce una calcolatrice elettrico-automatica).
Sommatrici scriventi. - Si distinguono in macchine a tastiera grande, e a tastiera piccola; servono normalmente per addizioni e sottrazioni, ma possono usarsi in modo ovvio per moltiplicazioni, moltiplicando le unità di un fattore per l'altro, le decine per l'altro fattore moltiplicato per 10 ecc., e sommando (le moltiplicazioni per numeri di una cifra sono agevolate da un tasto che consente di ripetere un numero più volte senza ricomporlo ogni volta).
La tastiera delle prime è analoga a quella delle ordinarie sommatrici: in esse a ogni colonna corrisponde una leva portacaratteri, che durante il giro della manovella registra il numero impostato; alla fine delle operazioni il risultato, indicato dal totalizzatore, è registrato dall'apparato scrivente quando venga premuto un apposito tasto. Un altro tasto serve per dare al totalizzatore il movimento in somma o in sottrazione.
Le sommatrici a tastiera piccola hanno solo 10 tasti variamente disposti. In esse i varî numeri devono essere impostati completandoli con tanti zeri a destra della virgola quanti ne occorrono perché tutti abbiano lo stesso numero di cifre decimali. In queste calcolatrici, un carrello, comprendente un certo numero di colonne di cifre da 0 a 9, si sposta, a ogni battuta, di uno spazio verso sinistra, analogamente a quanto avviene nelle macchine da scrivere. In esso viene quindi, per successive battute, impostato il numero voluto; al successivo giro di manovella questo numero viene trasmesso, come d'ordinario, al totalizzatore e alle leve portacaratteri: le operazioni avvengono del resto in maniera normale. Pregio del tipo a tastiera piccola, è l'avere i tasti raccolti, ciò che consente una grande rapidità.
Macchine moltiplicatrici. - Le calcolatrici ordinarie consentono di eseguire la moltiplicazione come somma di successivi addendi: non esistono invece moltiplicatrici vere e proprie, che eseguano, con un solo giro dì manovella, il prodotto di due numeri qualunque. Si hanno tuttavia alcune macchine (Millionnaire) che permettono, con un solo giro di manovella di ottenere il prodotto di un numero qualunque per un numero di una sola cifra: esse rientrano nella categoria delle automatiche.
Macchine da scrivere combinate con calcolatrici. - A rendere più spedite molte operazioni contabili, registrazioni di fatture, ecc., servono alcuni tipi di macchine (Remington) risultanti dalla combinazione di una macchina da scrivere con i meccanismi per l'addizione e la sottrazione. Esse consentono sia la scrittura comune di lettere e di numeri, sia la somma o la differenza di questi, che, eseguita direttamente dalla macchina, viene riportata dall'operatore sulla carta attraverso opportune operazioni dopo essere stata rilevata sul totalizzatore.
Macchine algebriche.
Sono destinate al calcolo dei valori di alcune funzioni algebriche e alla risoluzione di alcune equazioni o sistemi di equazioni. Hanno scarsa diffusione a causa della loro relativa complessità in confronto coi risultati che se ne possono ottenere.
Apparecchi per la risoluzione di equazioni o sistemi di equazioni. - Alcuni di essi sono costituiti da sistemi di aste metalliche mobili che, fissate opportunamente fra loro, consentono la determinazione delle soluzioni in maniera analoga a quanto si fa negli ordinarî abachi cartesiani. Costituiscono gli apparecchi più antichi per la risoluzione delle equazioni (metodo di Segner, apparecchio Rowning).
Gli apparecchi di Lill ed Arnoux eseguono invece i calcoli a mezzo di poligonali a lati rettilinei e angoli di 90°, sfruttando gli stessi principî del calcolo grafico generalmente noti per la risoluzione delle equazioni di secondo e terzo grado.
Gli apparecchi a bilancia si basano sulla considerazione che il primo membro dell'equazione
può rappresentare il momento statico rispetto a un punto, scelto come origine delle coordinate, di un sistema di forze opportune, applicate a punti presi a distanze convenienti da esso.
Si possono applicare delle forze proporzionali ognuna a xn-m a punti dell'asse delle ascisse ognuno a distanza dall'origine eguale al coefficiente am corrispondente nell'equazione considerata; è quanto viene fatto nelle bilance a liquido (Meslin; fig. 10), in cui ad ogni termine xn-m corrisponde un cono, sagomato in modo che, immeiso nell'acqua fino a un'altezza x dal vertice, il volume immerso è eguale a xn-,m; se ogni cono di ordine n − m viene sospeso al gioco di una bilancia a distanza am dal suo fulcro e i varî solidi vengono immersi gradualmente entro l'acqua, i livelli che danno luogo all'equilibrio del giogo consentono di determinare le radici dell'equazione proposta Lo stesso principio dell'equilibrio dei mo1nenti statici permette di costruire una bilancia da usarsi in aria.
Degli apparecchi fondati sull'uso dell'elettricità, quello di Wright (1909) è basato sull'impiego di speciali resistenze a corsoio e di indici di contatto. Ogni resistenza (fig. 11-a) è munita alla base di una scala logaritmica E, solidale con essa, e può scorrere dinnanzi ad un'altra scala logaritmica È fissa. La resistenza è costituita in modo che se il contatto avviene in corrispondenza alla graduazione p della scala E, la resistenza inserita nel circuito è uguale ad R/p, chiamando con R la resistenza complessiva. Se poi facciamo scorrere la scala E sino a che la graduazione p coincida con l'origine della scala E′ e facciamo avvenire il contatto in corrispondenza alla graduazione q di E′, la resistenza inserita sarà R/pq e lascerà passare una corrente di intensità E pq/R. I collegamenti vengono stabiliti uno mediante un morsetto fisso f, l'altro mediante l'indice di contatto. Quest'ultimo (fig. 11-b) è costituito da un filo metallico GP che può rotare intorno al punto G formando con la riga II′ un angolo ϑ arbitrario; il contatto è stabilito nel punto P; la riga può scorrere lungo la sua direzione dinnanzi ad una scala logaritmica SS′ disposta in modo che GH sia uguale ad SJ = h log x. Si ha HP − GH tang ϑSJ tang ϑ, cioè h log q = HP = h tang ϑlog x = h log xtangϑ; ne segue q = xtangϑ. Dato quindi un monomio Axn, se prendiamo p = A e tang ϑ - n l'intensità di corrente che attraversa la resistenza sarà (E/R)pq = (E/R) An. Inserendo in parallelo in un circuito un numero di tali resistenze uguale a quello dei termini che compaiono nell'equazione (figura 12), l'intensità della corrente che attraverserà il circuito sarà
L'annullarsi di questa ultima (ciò che si verifica con un ponte di Wheatstone) indica una soluzione dell'equazione data.
Macchine per il calcolo delle funzioni. - Alcune di queste sono costituite da sistemi di aste articolate fra loro: principî per la costruzione di macchine destinate al calcolo delle funzioni si possono trovare del resto in alcune delle macchine già viste per la risoluzione delle equazioni o dei sistemi dí equazioni.
Altri apparecchi (Torres) sono invece costituiti da sistemi di dischi portanti sulla loro periferia graduazioni logaritmiche: si comprende facilmente come mediante essi si possano determinare delle espressioni del tipo xm e quindi con successive operazioni, delle espressioni algebriche la cui forma più generale può essere
Numerose sono le macchine studiate per eseguire il calcolo delle funzioni, come quelle per risolvere le equazioni; data la scarsa diffusione, delle une e delle altre si rinvia peraltro alle pubblicazioni speciali sull'argomento (v. Bibl.).
Macchine integratrici.
Sono destinate all'esecuzione delle operazioni più semplici del calcolo integrale. Le più comuni sono quelle designate col nome di planimetri, che servono per la determinazione delle aree di superficie piane. Poco diffuse. dato il loro scopo più limitato, sono quelle che vanno sotto il nome di integrometri, destinate al calcolo di integrali speciali, e di integrafi, che eseguono il tracciamento delle linee integrali di diagrammi assegnati. Ecco i principî cinematici su cui si basa la teoria del planimetro:
Rotella integratrice. - Se una rotella poggia su un piano e il suo asse si sposta parallelamente a sé stesso, la rotella rotola senza strisciare, e la sua rotazione dω è legata all'elemento ds di retta percorso dalla relazione ρdω = ds, chiamando con ρ il raggio della rotella: se l'asse si muove nel senso della sua lunghezza, la rotella striscia senza rotare. Facendo seguire alla rotella un cammino qualunque (fig. 13) lo spostamento elementare si può decomporre in uno secondo l'asse, che non dà rotazione, ed un altro normale ad esso, a cui corrisponde la rotazione ρdω = ds2 = ds sen α; integrando a tutto il cammino s se ω1 è la rotazione corrispondente a una suddivisione dell'orlo della rotella e questa ha rotato di n suddivisioni, avremo nρω1 = ʃs ds sen α.
Asta di lunghezza costante. - Consideriamo un'asta di lunghezza l (fig. 14) che si sposti in un piano descrivendo con gli estremi due curve C e C′. Dalla posizione A A′ l'asta venga in BB′; lo spostamento si può decomporre in una traslazione che porti l'asta nella posizione BB1 ed in una rotazione dϕ intorno al punto B (fig. 14). L'area descritta sarà quindi dA = lds sen a + 1/2 l2 dϕ e se una rotella di raggio ρ ha per asse l'asta AA′, sarà dA = lρdω + 1/2 l2dϕ. Nel planimetro la curva C′ è il contorno dell'area da misurare e la curva C (direttrice) è o un cerchio (planimetro polare) o una retta (planimetro lineare).
Planimetro polare. - Il planimetro polare di Amsler è essenzialmente costituito da un'asta aA articolata in B col braccio polare BO (v. fig. 15). Il punto A descrive il contorno dell'area da misurare, il punto B descrive la direttrice (cerchio che ha centro nel punto fisso O detto polo) in a è disposta la rotella con l'asse parallelo ad A a. Poniamo
L'area elementare ABA′B′ ha per valore dA - l ds sen a + 1/2 l2 dϕ; l'area aa′ B′B ha per valore dA1 = ads sen a − 1/2 a2 dϕi = a ds′ sen a′ + 1/2 a2 dϕ; risulta ds sen a′ + adϕ e, sostituendo, dA = lds′ sen a′ + dϕ (al + 1/2 l2) e. integrando, A = n ρ ω1 l + (al + 1/2 l2) ϕ + C.
Se il polo è esterno alla curva, tutta l'area data sarà stata descritta dall'asta; avendo l'angolo ripreso il medesimo valore, A = nρω1 l sarà la misura dell'area data; se il polo è interno alla curva l'angolo ϕ varia da o a 2π e l'area data sarà uguale all'area descritta più l'area del cerchio polare: area = A + πL2 = n ρ ω1 l + π(l2 + 2 al + L2). Tanto ρω1 l quanto π(l2 + 2 al + L2) sono costanti date per ogni apparecchio.
L'uso del planimetro polare si deduce ovviamente dalla descrizione fattane; basta fissare il polo O (fig. 16) in modo che la punta A possa descrivere il contorno dell'area da misurare; percorso il detto contorno, si rileva il numero di giri compiuti dalla rotella integratrice; di questo numero le unità e le decine vengono lette alla vite perpetua K, le frazioni sulla graduazione portata dalla rotella stessa con l'aiuto di un nonio. Perché lo stesso planimetro possa servire a misurare aree di valore molto diverso, il braccio principale nella sua parte BA può essere allungato o accorciato secondo i casi: alle singole dimensioni corrispondono naturalmente diversi valori delle costanti suddette.
Planimetro lineare. - Quando il punto B debba muoversi su una retta, esso, sempre mediante un sistema di cerniera cilindrica, può essere collegato a un carrello a due ruote rugose, che viene mosso in una determinata direzione. Il punto A deve descrivere ancora in questo caso il contorno dell'area da misurare. Planimetri di questo tipo servono per la determinazione di aree di superficie molto lunghe e strette, quali possono essere soprattutto quelle di diagrammi descritti da apparecchi registratori (p. es. da registratori di potenza elettrica). In tal caso poiché il diagramma è registrato su di una lunga striscia di carta, il carrello viene mosso parallelamente all'asse di questa, e la punta A descrive il diagramma.
Planimetri speciali. - Planimetri di compensazione, planimetri a disco, ecc., rientrano essenzialmente nelle categorie dei precedenti e ne differiscono soprattutto per aggiunte o modificazioni intese a perfezionarli e ad eliminare qualcuno fra i principali errori a cui essi sono soggetti.
Integrometri. - Sono apparecchi che consentono di determinare il valore dei momenti statici e dei momenti di inerzia di figure determinate rispetto ad una retta di base. Se y = f(x) rappresenta analiticamente il contorno della figura, assunta quella retta come asse x la deteminazione di quei due momenti consiste nel calcolo di due integrali del tipo ʃ y2 dx e ʃ y3 dx: essa quindi importerebbe prima la costruzione del diagramma che rappresenta y2 o y3 in funzione di x, poi l'integrazione di questo con un qualunque planimetro. La costruzione dei diagrammi di y2 e y3 in funzione di x può essere evitata mediante gli integrometri che consentono perciò di calcolare direttamente i due momenti, partendo dal diagramma fondamentale y = f(x).
Dato lo scopo molto particolare, apparecchi di questo tipo sono usati solo in quei casi in. cui le determinazioni del genere debbano essere fatte molto di sovente e su figure irregolari.
Integrafi. - Servono per il tracciamento delle curve integrali y1 = ʃ y dx di curve y = f(x) assegnate, o per la soluzione di alcuni tipi di equazioni differenziali.
Per il tracciamento delle curve integrali, l'integrafo più comune è quello di Abdank Abakanowicz (fig. 17). In esso un carrello principale R a due rotelle, scorre parallelamente all'asse delle ascisse; esso è munito di due barre trasversali di cui le estreme portano due altri carrelli, scorrevoli lungo esse C2 e C1 (carrello differenziale), ognuno dei quali è rigidamente connesso con una punta S2 e S1. Il collegamento fra i due carrelli C1 e C2 è effettuato a mezzo di un'asta a imperniata in P, che può scorrere e ruotare rispetto ad O e può scorrere rispetto al carrello C3 questo a sua volta è rigidamente collegato al primo lato di un parallelogrammo articolato di cui il lato opposto r è imperniato al braccio che porta la punta S2.
Muovendo il carrello R e guidando il punto S1 sulla linea da integrare y, il punto S2 descrive sotto l'asse delle ascisse, la linea integrale y1.
Infatti, prendendo la distanza PC1 uguale all'unità, la tangente dell'angolo formato dall'asta PO con l'asse x è uguale a y/i = y. Se una rotella ha l'asse parallelo al lato del parallelogrammo collegato col carrello C3, spostandosi l'apparecchio, traccerà una curva y1 la cui tangente sarà sempre parallela all'asta PO ed inclinata quindi sull'asse x di un angolo le cui tangente è uguale a y. Ne segue che la derivata in ogni punto della curva y1 sarà uguale all'ordinata corrispondente della curva y, e la curva y1 sarà quindi la curva integrale.
I meccanismi per l'integrazione delle equazioni differenziali possono ripartirsi principalmente in due classi, integrafi polari e integrafi cartesiani, suddivisi alla lor volta in integrafi a guida rettilinea (a riga, a perno mobile, a uno o due perni fissi) e integrafi a guida curvilinea.
Appartengono alla categoria degli integrafi cartesiani a guida rettilinea quelli, dovuti al Pascal, destinati all'integrazione delle equazioni differenziali del tipo y′ = F [f (x) − y], dove F e f sono i simboli di due funzioni qualunque. Essi (fig. 18) sono costituiti da un carrello R a due ruote che vien mosso parallelamente all'asse delle ascisse; il carrello è munito di due sbarre di cui una sempre rettilinea, l'altra, detta guida, rettilinea nel caso degli integrafi del tipo in questione, curvilinea nel caso degli integrafi detti appunto a guida curvilinea. Al disopra della prima sbarra corre un carrello detto carrello C1, differenziale, a cui è collegata rigidamente una punta che poggia sul piano del disegno. Al disopra della seconda rotaia scorre un secondo carrello C2 detto integrale, munito inferiormente di una rotella detta integrante, opportunamente collegata a una punta scrivente. I due carrelli, variamente connessi fra loro negli altri tipi di integrafi, sono connessi, in quelli in esame, da una riga il cui asse è disposto secondo una curva opportunamente studiata; la riga è impegnata da una parte, per mezzo di apposito perno, col carrello differenziale, dall'altra col carrello integrale, mediante una scanalatura la quale permette lo scorrimento dell'una rispetto all'altro; la rotella integrante è provvista di un sistema che la obbliga a disporsi sempre tangenzialmente alla riga. In queste condizioni, se si traccia sul piano coordinato la curva f (x) in funzione di x, quando la punta del carrello differenziale viene mossa su questa, quella connessa al carrello integrale descrive la curva integrale voluta.
Naturalmente la riga deve essere sagomata secondo una curva opportunamente studiata per ogni equazione differenziale; per equazioni di tipo lineare la riga assume la forma rettilinea.
In certo modo analoga è la costituzione dell'integrafo polare di Pascal, in cui le due sbarre precedenti, su cui si spostano i due carrelli, anziché essere parallele convergono in un punto che viene fissato al piano del disegno e costituisce il polo dell'apparecchio (fig. 19). La sbarra su cui scorre il carrello differenziale termina con una rotella R che, poggiando sul piano del disegno sostituisce il carrello dell'integrafo cartesiano; le due sbarre possono essere fissate tra loro in modo da formare un angolo determinato; la riga che collega i due carrelli è rettilinea, imperniata in quello integrale C2 e scorrevole rispetto a quello differenziale C1. L' integrafo serve per integrare determinati tipi di equazioni differenziali mediante le coordinate polari. Il suo funzionamento è in massima analogo a quello dell'integrafo precedente.
Altri tipi di integrafi sono stati studiati dallo stesso Pascal, da Lord Kelvin, Jacob, ecc. Per essi, data la scarsa diffusione, si rinvia ai lavori speciali sull'argomento (v. Bibl.).
Bibl.: Guarducci, Sulla risoluzione meccanica delle equazioni, in Memorie R. Acc. Lincei, VII (1891-92); W. Thomson, Treatise on natural philosophy, I, 7ª ed., Londra 1912, p. 482 (macchine per la risoluzione dei sistemi di equazioni lineari); M. d'Ocagne, Le calcul simplifié par les procédés mécaniques et graphiques, Parigi 1905; R. Mehmke e M. d'Ocagne, Calculs numériques, in Encyclopédie des sciences mathématiques pures et appliquées, Parigi-Lipsia 1908; L. Jacob, Le calcul mécanique, Parigi 1911; A. Galle, Mathematische Instrumente, Lipsia 1912; W. Jordan, Handbuch d. Vermessungskunde, Stoccarda 1912; E. Pascal, I miei integrafi per equazioni differenziali, Napoli 1914; C. Runge e H. König, Numerisches Rechnen, Berlino 1924; C. Lenz, Die Rechenmaschinen u. das Maschinenrechnen, Lipsia 1924; G. Revessi, Soluzioni meccaniche ed elettriche dei sistemi di equazioni lineari, in L'elettrotecnica, 1925, p. 550; G. Cassinis, Calcoli numerici grafici e meccanici, Pisa 1927.