LYCIA et PAMPHYLIA
Provincia romana. Con questo nome si designò ufficialmente, a partire da Vespasiano, una provincia romana di nuova istituzione, comprendente le due regioni nominate e la maggior parte della Pisidia.
Dopo la pace di Apamea (188 a. C.), che aveva segnato la fine delle contese tra i Tolomei e i Seleucidi per il possesso delle due regioni, la politica romana accordò favore alle rispettive aspirazioni autonomistiche soprattutto in funzione antirodia. Si giunse all'aperta garanzia di indipendenza della confederazione licia, concessa dai Romani dopo la battaglia di Pidna (168 a. C.). La P. venne in possesso romano con la scomparsa del regno pergameno e in virtù dell'atto testamentario compiuto da Attalo III nel 133 a. C. in favore dei Romani. L'occupazione definitiva della P. fu compiuta però solo tre decennî più tardi da Marco Antonio, quando questi, durante la guerra condotta per debellare i pirati, costituì, insieme ad alcuni centri della Pisidia, della Phrygia e dell'Isauria, nonché alle rocche marine della Cilicia Trachea, il primo nucleo della futura provincia di Cilicia. Nella circoscrizione provinciale di questa, i confini furono sempre incerti e fluttuanti, la P. restò sino all'età di Vespasiano quando fu unita alla L., salvo l'età triumvirale in cui - per la cessione della Cilicia ai Tolomei - fu riunita alla Siria, e un breve periodo successivo al 43 d. C., quando Claudio realizzò per breve tempo una prima unificazione tra L. e P., poi sciolta per la restituzione, forse in età neroniana, dell'autonomia alla confederazione licia.
La L. pertanto conservò la funzione politica di saldo avamposto romano nel corso del Il e del I sec. a. C., soprattutto evidente nel corso delle guerre mitridatiche: i Romani rinunciarono costantemente a un'occupazione definitiva del suo aspro territorio, limitandosi a tenere di quando in quando presidî nei porti principali: Telmessus, che era già presidio pergameno, Patara, Antipheilus e nella contrapposta isoletta di Megiste (Castelrosso), Olympus ma soprattutto Phaselis, piazzaforte del dinasta piratico Zenicete, Side e Coracesium. Tali stazioni navali avevano il duplice scopo di assicurare il cabotaggio verso Cipro e la Siria, e di contenere l'attività dei pirati. Certamente nella prima metà del I sec. a. C. la L. si ampliò ad occidente a spese della Pisidia, nella parte in cui questa regione si affacciava al mare, tra i corsi dello Xanthus (Koca Cay) e dell'Indus (Kirenis Cay).
La penetrazione romana in L. ebbe quale potente veicolo l'apparato religioso della confederazione, nata come anfizionia del santuario di Latona, Apollo e Artemide presso Xanthus. Il culto di Roma fu introdotto nella regione durante la legazione del propretore P. Licinio Murena (84-81 a. C.); seguì dopo Filippi il culto di Cesare e infine, diffusissimo, quello degli Augusti. Vi sono alcuni documenti che attestano altresì l'esistenza di un κοινόν delle città della P., che ebbe un proprio calendario, e l'esistenza di un κοινόν delle città della Pisidia: questa regione, probabilmente attribuita al regno pergameno dopo la pace di Apamea, fece parte - nel suo nucleo centrale - della provincia di Cilicia, sino a quando Vespasiano, durante le operazioni dell'anno 74, che portarono alla costituzione definitiva della provincia della Lycia et Pamphylia ne attribuì la parte maggiore a quest'ultima, e parte anche alla Galatia e alla provincia d'Asia. Il κοινόν pisidico, fiorentissimo, ebbe sede a Sagalassus attorno al culto di Artemide identificata con la Gran Madre frigia.
In Pisidia ed in P., quando queste regioni appartennero alla provincia della Cilicia, si ebbe una notevole colonizzazione augustea, con la distribuzione ai veterani di terre già appartenenti alle comunità religiose, o con la immissione degli stessi e, più tardi, dei liberti imperiali, nelle gerarchie sacerdotali, con le conseguenze di un indebolimento del potere effettivo dei koinà e dell'accelerazione del processo di romanizzazione. In tutta la nuova provincia si ha la traccia di un'attività colonizzatrice spiegata da Claudio.
Nella definizione dei confini, operata da Vespasiano, la Lycia et Pamphylia fu così delimitata: a occidente dal corso dell'Indus, del quale peraltro lasciava in territorio cario il bacino più alto, poi dall'altopiano desertico della Pisidia sino al lago Ascanius (Burdur Gölü) a mezzogiorno di Apamea; a N e a E, da una linea che seguiva i bordi dei laghi Limnae (Hoyran Gölü) e Caralis (BeyŞehir Gölü); da quest'ultimo bacino il confine calava a S verso il golfo di Adalla (mare Pamphylium) per seguire ancora per qualche decina di miglia la catena del Taurus (Toros Daǧlari), verso E, fino all'Isauria e alla Trachea, raggiungendo poi il mare a O di Iotape. La delimitazione dei confini fu fatta tenendo conto di fattori geografici ed economici, poiché si lasciarono per intero nel territorio della nuova provincia i bacini dello Xanthus, del Cestrus (Ak Su) e dell'Eurymedon (Köprü Irmak). In Pisidia e in Pamphylia le città principali, in un sistema poleografico di origine seleucidica o tolemaica, si disposero lungo il corso e alla foce del Cestrus e dell'Eurymedon, parzialmente seguiti anche dalle poche strade di comunicazione con l'interno dell'Anatolia: di maggiore interesse la via da Attalea a Apamea, che immetteva nelle grandi arterie centrali dell'Asia Minore, meno notevole la via da Side verso Iconium, e in Lycia la strada da Patara verso Laodicea; di interesse del tutto locale la via costiera. Fiorirono come centri di tappa e di scambio lungo il Cestrus e la via parallela: Attalea (Antalya), fondazione pergamena, Perge, nota per un santuario di Artemide, Pednelissus, Ariassus e Sagalassus; lungo l'Eurymedon: Aspendus e Mylasa. Sulla costa della Pamphylia, oltre alla già nominata Side, che fu probabilmente la sede del κοινόν panfilico una Ptolemais e, più nell'interno, una Seleucia. Nell'altopiano pisidico, al centro di grossi latifondi sacerdotali, erano i centri di Cremna, Colbhasa e Comama, poi colonizzati da Augusto. Nell'alto bacino dello Xanthus, sull'acrocoro licio e nell'altopiano della Milyas (verso il bacino del Cestrus) erano i notissimi centri di Oenoanda, Tlos, Nisa, Podalia, Termessus e Trebenna. Sulla costa, ai centri già menzionati si aggiungano Gagae e Myra. La metropoli civile e commerciale della regione era a Patara, alla foce dello Xanthus.
L'amministrazione della provincia fu affidata da Vespasiano a un legato imperiale di rango pretorio, che risiedette quasi sempre a Side, e fu rimpiazzato nel corso del Il sec. da un proconsole, quando la provincia fu data in amministrazione al senato. Con la riforma tetrarchica la Pisidia si staccò dalla provincia e divenne autonoma; con Costantino si attuò pure la divisione amministrativa tra L. e P., entro l'ambito della diocesi Asiana.
Il cristianesimo ebbe nelle tre regioni della L., della P. e della Pisidia una diffusione assai precoce, anche in seguito alla predicazione paolina, ma incontrò poi decise resistenze e tenaci reazioni al suo definito stabilimento, da parte delle organizzazioni sacre federali e delle comunità dell'interno viventi dell'economia dei latifondi sacerdotali divenuti sovente demanî imperiali. Il κοινόν licio scomparve pertanto solo nel corso del V secolo.
Bibl.: Per le organizzazioni dei singoli κοινά e per i problemi politico-religiosi relativi, v.: G. Fougères, De Lyciorum communi, Diss., Parigi 1898; A. v. Domaszewski, Die Fest-Ära der pamphylischen Städte, in Numismatische Zeitschr., XLIV, 1911, pp. 1-2; W. Kubitschek, Der pamphylische Kalender, in Wiener Studien, XXXIV, 1912, pp. 347-351; J. A. O. Lassen, Lycia and Greek Federal Citizenship, in Symbolae Osloens., XXXIII, 1957, pp. 5-26.
Per l'amministrazione nel periodo romano v.: R. Syme, Galatia and Pamphylia under Augustus: the Governorships of Piso, Quirinius and Silvanus, in Klio, XXVII, 1934, pp. 122-147; id., Pamphylia from Augustus to Vespasian, ibid., XXX, 1937, pp. 227-231; G. Barbieri, L'amministrazione delle provincie Ponto-Bitinia e Licia-Panfilia nel II sec. d. C., in Riv. di filologia, LXVI, 1938, pp. 365-370; A. H. M. Jones, Civitates liberae et immunes in the East, in Anatolian studies, Presented to William Hepburn Buckler, Manchester 1939, pp. 103-117; D. Magie, Roman Rule in sia Minor, Princeton 1950, passim.
Per le città, le strade, i rapporti economici, v.: E. J. Davis, Anatolica, Londra 1874, passim; Ch. Lanckoronski, Städte Pamphyliens und Pisidiens, Vienna 1890-1892; M. Rostovtzeff, Die Domäne von Pogla, in Oesterr. Jahreshefte, IV, 1901, suppl. b, cc. 37-46 (sulla trasformazione dei latifondi religiosi in dominî imperiali); v. poi le introduzioni ai singoli centri in Tituli Asiae Minoris, II, i (E. Kalinka), Vienna 1920; III, i (R. Heberdey), Vienna 1941; II, 3, (E. Kalinka), Vienna 1944. Le trattazioni storiche più recenti sono di L. Robert, Villes et monnaies de Lycie, in Hellenica, X, 1955, pp. 188-222; v. anche dello stesso, Villes de Lycie dans Pline, V. 101, in Villes d'Asie Mineure, Parigi 1935, pp. 161-169; v. infine l'opera di A. H. M. Jones, The Cities of the Eastern Roman Provinces, Oxford 1937, pp. 96-110. per le strade v.: D. Levi, Le grandi strade romane in Asia, Roma 1938.