lutto
Il vocabolo è esclusivo dell'Inferno e del Purgatorio, sempre in rima. Vale fondamentalmente " dolore ", " angoscia ", con evidenza molto notevole: così, in If VIII 37 Con piangere e con lutto, / spirito maladetto, ti rimani, il significato primario è senz'altro quello di " dolore ", come spiegano, in genere, gl'interpreti.
Tuttavia non è da escludere che il termine possa essere, al tempo stesso, inteso (Sapegno) come sinonimo di piangere dello stesso verso, usato nel senso di " espiare una pena ": sicché il sostantivo avrebbe " il compito di sottolineare, enfaticamente, la ritorsione ", nelle parole di D., rispetto alla precedente frase di Filippo Argenti (v. 36 Rispuose: " Vedi che son un che piango "). Analogamente, in If XIII 69 che ' lieti onor tornaro [" Si mutarono "] in tristi lutti, il termine, oltre che " dolori ", " angosce ", potrebbe significare le " disgrazie " (causa del dolore), che, in seguito alle maldicenze dei cortigiani, colpirono Pier della Vigna.
" Pena ", " tormento " chiosano generalmente gl'interpreti in due luoghi del Purgatorio: III 42 disïar vedeste sanza frutto / tai [Aristotele, Platone e gli altri grandi abitatori del Limbo] che sarebbe lor disio quetato, / ch'etternalmente è dato lor per lutto, e XVI 72 Se così fosse... / non fora giustizia / per ben letizia, e per male aver lutto, la " pena della dannazione " (Casini-Barbi). Ancora più evidente la pregnanza semantica del termine, in If XXXIV 36 S'el [Lucifero] fu sì bel com'elli è ora brutto, / e contra 'l suo fattore alzò le ciglia, / ben dee da lui procedere ogne lutto, cioè " ogni... male che affligge e manda in perdizione gli uomini " (Mattalia).