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lutto

Dizionario di Medicina (2010)
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lutto


Travaglio psicologico che segue alla perdita di una persona amata e che, dopo un congruo periodo di tempo, giunge progressivamente al superamento del dolore psichico, al riconoscimento dell’evento e all’adattamento alla sua scomparsa. Il l. è accompagnato tipicamente da un certo grado di identificazione con l’oggetto perduto; non è uno stato patologico, ma un processo normale che deve seguire il suo corso, durante il quale – secondo Sigmund Freud – sarebbe addirittura controproducente interferire con una terapia. Sul piano sociale, il l. è caratterizzato dalla espressione del dolore e da una serie di rituali e di superstizioni relative alla morte e al morto che variano da cultura a cultura e tendono a esprimerne il vissuto. In senso lato si parla di l. non solo in relazione alla perdita di una persona, ma anche di luoghi (esilio), di situazioni (pensionamento), di possessi materiali, di parti o stati di sé (amputazioni, malattie invalidanti, invecchiamento).

Processo del lutto

Nel processo fisiologico del l. si possono distinguere tre stadi principali. Il primo ha la caratteristica della protesta e del diniego: secondo quanto scrive lo psicoanalista Charles Rycroft nel Dizionario critico di psicoanalisi (1968), «il soggetto tenta di rifiutare l’idea che la perdita abbia avuto luogo, si sente incredulo e pieno di rabbia, rimproverando sé stesso, la persona morta o i medici curanti di aver permesso che la perdita avvenisse». Il secondo stadio è quello della rassegnazione, dell’accettazione o della disperazione, «in cui la realtà della perdita viene ammessa e sopravviene il dolore». Il terzo infine è quello del distacco e del superamento della perdita, nel quale il soggetto abbandona l’oggetto, «se ne divezza e si adatta a vivere senza di esso». Il processo di elaborazione del l., in base all’intensità del legame affettivo interrotto, alle sue modalità e ai diversi fattori contestuali – positivi, protettivi o negativi di rischio –, può essere di durata e complessità variabile. Di solito, nella fase acuta, e in caso di perdite di figure relazionali primarie (genitori, figli, partner), viene completato entro 6÷12 mesi, anche se non sono infrequenti possibili sequele nei periodi successivi. Si deve però precisare che il processo di elaborazione è fortemente soggettivo e la sua durata può variare di molto in base a fattori personali e situazionali. Il l. nei bambini, causato dalla separazione dalla madre, può predisporre a malattie psichiche e fisiche nel corso ulteriore della vita.

Melanconia

La melanconia è un l. patologico, che nel linguaggio freudiano corrisponde al concetto di depressione (➔). È caratterizzata da un profondo e doloroso scoramento relativo alla perdita dell’oggetto d’amore, non necessariamente morto nella realtà esterna, ma vissuto come morto nella realtà interna dell’inconscio. La melanconia, come scrive Freud in Metapsicologia (1915), è caratterizzata da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare e gioire, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento del sentimento di sé che si esprime in autorimproveri e autoingiurie, connesse al senso di colpa inconscio e all’ambivalenza per l’oggetto perduto che culmina nell’attesa delirante di una punizione. Talvolta accade che il malato non riesca coscientemente a rendersi conto di ciò che è andato perduto. Egli è consapevole dell’avvenimento della perdita, ma a livello inconscio tale evento evoca altre perdite accadute nella sua storia; ne segue che l’esperienza della perdita attuale si confonde con quelle del passato e il paziente si ritrova a viverle tutte in una sola. Egli sa che è avvenuta una perdita ma con difficoltà distingue cosa è andato perduto per lui. La complessità della malinconia, così come oggi la riscontriamo nella situazione clinica, deriva dal problema che il paziente, in misura variabile, si muove a livelli di non compiuta distinzione tra sé e non sé, tipica dei livelli più profondi e inconsci del funzionamento mentale, per cui i suoi sentimenti ambivalenti di amore e di odio sono rivolti al tempo stesso all’altro e a parti di sé.

Linea di confine tra normalita e patologia

La differenza tra l. e melanconia appare sfumata e tende a confondersi nella realtà clinica. In generale si può dire che nel l. non compare l’autosvalutazione. Nella melanconia, inoltre, l’umore depresso tende spesso a convertirsi in stato maniacale, cioè ad alternarsi con uno stato affettivo opposto di ec;citazione, sopravvalutazione di sé e sentimenti di onnipotenza. Tale quadro clinico corrisponde alla diagnosi psichiatrica di ciclotimia (➔ maniaco-depressiva, sindrome).

Lavoro del lutto

Secondo Freud, nel l. normale, a un diniego iniziale in cui viene prolungata psichicamente l’esistenza dell’oggetto perduto, segue una accettazione lenta di un doloroso compromesso che conduce al distacco dall’oggetto mancante. L’esame di realtà ha dimostrato che l’oggetto amato non esiste più, vi è un ritiro della libido e un suo spostamento su un nuovo oggetto. L’analogia con il l. potrebbe portarci a concludere che il melanconico sperimenti una perdita riguardo a un oggetto mentre la libido non viene spostata su un altro oggetto bensì riportata nell’Io. Qui viene utilizzata per instaurare una identificazione (➔) dell’Io con l’oggetto abbandonato, la cui scelta dà luogo conseguentemente alla fissazione della libido, ma ne seguono delusione e rottura della relazione oggettuale, e quindi ritiro della libido per spostarla su un altro oggetto. In tal modo la perdita oggettuale si trasforma in una perdita dell’Io. Nel l. il mondo diventa povero e vuoto, nella melanconia è l’Io stesso a divenire povero, vuoto e indegno d’amore – ora come nel passato – agli occhi sia degli altri sia del soggetto medesimo.

Lutto negli animali

Vedi anche
morte Cessazione delle funzioni vitali nell’uomo, negli animali e in ogni altro organismo vivente o elemento costitutivo di esso. antropologia 1. Il concetto di morte La morte, come ogni altro evento del ciclo della vita, impone a tutte le società complesse modalità organizzative, divenendo un fatto sociale ... rito funebre L’insieme dei modi di comportamento religioso, regolati da norme o tradizioni collettive, che si esplicano in occasione di un caso di morte. ● Sin da remote epoche preistoriche si hanno tracce di riti funebri: i cadaveri collocati in determinate posizioni, ornati, dipinti, forniti di cibo o di oggetti ... Carlo Lèvi Lèvi, Carlo. - Pittore e scrittore italiano (Torino 1902 - Roma 1975). Laureato in medicina, fin dal 1923 si dedicò alla pittura frequentando lo studio di F. Casorati. Amico di P. Gobetti e dei fratelli Rosselli, accanto all'opposizione politica Levi, Carlo maturò il suo percorso artistico, soprattutto ... Pasqua Presso gli Ebrei, la solennità con cui si celebra la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto; il nome viene dalla tradizione biblica messo in rapporto con il verbo pāsaḥ «passare oltre», a commemorazione del «passare oltre» del Dio d’Israele, che nella notte dell’uccisione dei primogeniti egiziani risparmiò ...
Indice
  • 1 Processo del lutto
  • 2 Melanconia
  • 3 Linea di confine tra normalita e patologia
  • 4 Lavoro del lutto
Altri risultati per lutto
  • lutto
    Enciclopedia on line
    Antropologia Insieme di pratiche, attività rituali, atteggiamenti, stati d’animo che caratterizzano un individuo o un gruppo sociale in seguito alla morte di una persona. L’etnologo francese R. Hertz, in un celebre saggio (Contribution à une étude sur les représentations collectives de la mort, 1907), ...
  • Lutto
    Universo del Corpo (2000)
    Lucio Pinkus Claudia Mattalucci Il termine lutto (derivato dalla radice del verbo latino lugeo, "piangere") designa a un tempo la situazione di chi ha perduto una persona amata, il lento e doloroso processo di accettazione e interiorizzazione di un decesso, che in psicoanalisi viene definito il 'lavoro ...
Vocabolario
lutto
lutto s. m. [lat. lūctus -us, der. del tema di lugere «piangere, essere in lutto»]. – 1. a. Sentimento di profondo dolore che si prova per la morte di persona cara, soprattutto di un parente, o in genere di persone la cui perdita è vivamente...
luttare
luttare v. intr. [der. del lat. luctus -us «lutto, pianto, dolore»], ant. – Dolersi piangendo: lutto, Madre, a la tua pria ch’a l’altrui ruina (Dante).
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