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LUSSEMBURGO

di *, Giannandrea Falchi, Francesca Socrate - Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)
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LUSSEMBURGO

*
Giannandrea Falchi
Francesca Socrate

(XXI, p. 681; App. I, p. 809; II, II, p. 235; III, I, p. 1007; IV, II, p. 363)

Al censimento del 1991 la popolazione del granducato è risultata pari a 385.317 ab. (149 ab./km2). Nel corso della prima metà degli anni Ottanta il coefficiente di accrescimento annuo della popolazione è stato mediamente negativo (−0,1%) mentre, verso la fine del decennio, si è avuta una certa ripresa dell'incremento demografico naturale (nel 1990: coefficiente di natalità 12,9ı; di mortalità 9,9ı). L'apporto di manodopera straniera (nel L. vi sono oltre 95.000 immigrati, di cui circa un quarto italiani) rimane fondamentale per l'economia lussemburghese. Questa è stata fortemente penalizzata dalla crisi che ha investito l'industria siderurgica a partire dal 1974. La produzione di ghisa e ferroleghe (2,6 milioni di t nel 1990) e di acciaio (3,6 milioni di t) è in declino e la manodopera occupata nel settore si è ridotta nel corso degli anni Ottanta da 17.000 a poco più di 5000 addetti. Nel 1982 è cessato lo sfruttamento delle miniere di ferro locali, e ora la materia prima è interamente importata (per lo più dalla Francia). Per riconvertire la struttura dell'economia nazionale il L. ha dato un forte impulso al settore terziario. Una legislazione fiscale molto vantaggiosa nei confronti dei capitali stranieri ha attirato un gran numero di istituti finanziari e di banche, per lo più estere, nella capitale del granducato, che è assurta al ruolo di piazza finanziaria di rango mondiale. Le entrate del settore procurano ormai valuta sufficiente a coprire il deficit commerciale e a mantenere in attivo la bilancia dei pagamenti. L'abbondanza di capitali investiti in questo rifugio fiscale ha avuto anche l'effetto di favorire la nascita di nuove imprese industriali, la cui localizzazione degli impianti travalica ormai i confini del granducato.

Politica economica e finanziaria. - Dopo una lunga fase di aggiustamento, nel corso degli anni Ottanta l'economia lussemburghese è stata caratterizzata da una crescita sostenuta e da un processo di diversificazione della struttura produttiva. Il tasso di sviluppo del prodotto interno lordo (circa il 4% tra il 1983 e il 1992) è risultato complessivamente più elevato di quello dei principali partners europei; il tasso di disoccupazione (1,3% in media nel periodo 1980-92) è stato tra i meno alti dell'area industriale. La bilancia di parte corrente ha inoltre presentato continui avanzi, mentre la finanza pubblica è risultata sostanzialmente in equilibrio.

Questa evoluzione appare rilevante se si considera che in passato l'economia lussemburghese è stata largamente dipendente dal settore dell'acciaio, settore che, oltre a un declino storico, ha sofferto in modo particolare della recessione dell'economia mondiale all'inizio degli anni Ottanta. Il L. inoltre, come altri paesi non petroliferi, ha subito un peggioramento delle ragioni di scambio in seguito ai due shock petroliferi degli anni Settanta.

Il risanamento economico è stato reso possibile, oltre che da un'efficace politica economica, dall'importanza crescente che, con la maggiore libertà dei movimenti di capitale, hanno assunto i centri finanziari off-shore. Ciò ha fatto sì che l'attività bancaria internazionale, facilitata anche da una struttura normativa e di vigilanza favorevole, sia divenuta l'attività principale del L., rimpiazzando il settore dell'acciaio.

Dati gli stretti legami con il Belgio, la politica economica lussemburghese è stata attuata prevalentemente attraverso la politica fiscale, che ha influenzato sia la crescita, sia l'ampio processo di ristrutturazione economica. Il sostanziale equilibrio della finanza pubblica ha consentito alla politica fiscale un grado elevato di flessibilità. A periodi caratterizzati da avanzi finanziari si sono alternate fasi in cui la spesa pubblica è stata utilizzata a fini espansivi. La politica fiscale ha anche consentito di attuare una riallocazione delle risorse in favore degli investimenti, risultati nel periodo 1980-85 pari al 25% del PIL, cinque punti percentuali, cioè, al disopra della media degli altri paesi della CEE. Il processo di ristrutturazione industriale è stato facilitato anche dalla maggior mobilità della forza-lavoro e dalle misure di riqualificazione professionale introdotte dal governo.

La recessione che nel 1992 ha investito l'economia internazionale si è riflessa anche nel L., determinando un generale rallentamento della sua dinamica economica: il PIL è cresciuto solo di circa il 2,5% e il tasso di crescita della domanda interna è passato dal 4,8% del 1991 al 3,7%.

Storia. - Le difficoltà economiche seguite alla crisi petrolifera comportarono un drastico ridimensionamento dell'impegno riformatore assunto al momento del mandato dal governo di coalizione liberal-socialista (Partito democratico: PD, e Partito socialista dei lavoratori: LSAP), guidato dal leader democratico G. Thorn: l'unica misura innovativa varata nella legislatura fu l'abolizione della pena di morte (maggio 1979), mentre sul piano della politica economica il gabinetto Thorn concordò un piano, con sindacati e imprenditori, che prevedeva, fra altre misure di austerità, una regolamentazione del diritto di sciopero.

Con le elezioni del giugno 1979 il quadro politico del L. mutò: i cristiano-sociali (PCS) venivano infatti premiati dall'elettorato per l'opposizione condotta contro il governo Thorn, e passavano così da 18 a 24 seggi, mentre i socialisti ne perdevano 3 (da 17 a 14) e i liberali ne conquistavano uno soltanto (da 14 a 15). (Parallelamente si erano svolte le elezioni per il Parlamento europeo, che avevano assegnato 3 seggi al PCS, 2 al PD e 1 al LSAP). L'avanzata dei cristiano-sociali, dopo 4 settimane di trattative, portò a un nuovo cambiamento della coalizione di governo che, capeggiata questa volta dal leader del PCS P. Werner, otteneva l'appoggio dei democratici. La politica del nuovo gabinetto, improntata in ambito economico-sociale a un severo liberismo − nell'aprile 1982 veniva fra l'altro abolita anche la scala mobile − provocò forti tensioni sociali, sfociate nel primo sciopero generale dopo il 1942 (aprile 1982). Mentre l'opposizione socialista si rafforzava, e contemporaneamente si scioglieva il Partito socialdemocratico − formatosi nel 1971 in seguito al patto d'unità d'azione con i comunisti −, si andavano formando nuovi gruppi politici, fra i quali il Partito ecologista (Déi Gréng Alternativ).

Le elezioni politiche del giugno 1984 − caratterizzate, fra l'altro, da un aumento dei seggi, da 59 a 64 − vedevano pertanto un ulteriore rovesciamento dei rapporti di forza nel paese (il PCS si limitava infatti a 25 seggi, i liberali scendevano a 14 e i socialisti risalivano a 21, mentre gli ecologisti conquistavano 2 seggi e altrettanto facevano i comunisti). I risultati delle elezioni europee, svoltesi sempre nel giugno 1984, rispecchiarono sostanzialmente quelli nazionali: al PCS vennero assegnati ancora 3 seggi, ai socialisti 2 (contro un seggio nel 1979), ai liberali uno (2 nel 1979). Tale mutamento del quadro politico portava così alla formazione di un'inedita coalizione fra cristiano-sociali e socialisti, guidata dal nuovo leader del PCS, J. Santer.

Nelle successive elezioni politiche del giugno 1989 (in cui i seggi erano nuovamente diminuiti, in rapporto al decremento della popolazione, passando da 64 a 60), i tre maggiori partiti perdevano consensi (il PCS ottenne 24 seggi, i socialisti 18 e i liberali 11), mentre gli ecologisti della Déi Gréng Alternativ raddoppiarono il numero dei loro rappresentanti (da 2 a 4) e il nuovo Partito Comité d'Action 5/6 (una sorta di partito dei pensionati), che aveva incentrato la propria campagna elettorale sulla necessità di adeguare la pensione dei lavoratori dipendenti privati a quella dei dipendenti pubblici (pari ai cinque sesti dell'ultimo stipendio), conquistò 4 seggi; la rappresentanza comunista si ridusse a un seggio. Nelle contemporanee elezioni europee, i tre maggiori partiti confermarono i dati delle consultazioni precedenti, mantenendo inalterato il numero dei seggi. Nonostante l'affermazione dei nuovi partiti d'opposizione, si riconfermava la precedente coalizione fra cristiano-sociali e socialisti, sotto la guida di Santer.

Stato membro delle Nazioni Unite, della Comunità europea (fin dalle origini) e della NATO, il L. ha diretto i suoi sforzi maggiori verso la realizzazione dell'unità economica e politica dell'Europa, rinunciando, tuttavia, a diventare sede permanente del Parlamento europeo.

Bibl.: J. F. Poos, Crise économique et petites nations: le modèle luxembourgeois, Losanna 1977; G. Als, Le Luxembourg: situation politique, économique et sociale, Parigi 1982; J. Newcomer, The Grand Duchy of Luxembourg: the evolution of nationhood, 963 A.D. to 1983, Lanham (Maryland) 1984; M. Schroen, Das Grossherzogtum Luxemburg. Portrait einer kleinen Demokratie, Bochum 1986.

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