LUQMĀN
. Personaggio leggendario dell'Arabia preislamica. Tradizioni risalenti al paganesimo arabo ne facevano un uomo straordinariamente longevo (mu ammar) e raccontavano delle sue gesta, messe in rapporto con la mitica gente di ‛Ād cui avrebbe appartenuto, e che, secondo il Corano, fu sterminata da Dio per empietà. Maometto, in alcuni versetti da cui prende il titolo di L. la XXXI surah del Corano (11-12, 15-18), lo ricorda come un antico saggio ispirato da Dio. Questo accenno coranico fu sviluppato dai commentatori; a poco a poco la figura di L. come "savio" prevalse su quella dell'eroe pagano; e tutta una leggenda, di chiara derivazione da quella ellenistica di Esopo, ne narrò la vita, e ne mise in rilievo l'attività, da puramente gnomica passata a favolistica. L., nell'avanzata tradizione letteraria, finì col diventare così l'Esopo arabo. Ma il gruppo di 41 favole in arabo conservateci sotto il suo nome (quasi tutte di evidente origine esopica) è ancor più tardo e risale al basso Medioevo (sec. XIII?). La leggenda e l'opera favolistica attribuita a L., attraverso il suo diretto modello Esopo, si riconnette, indirettamente, con più antiche figure della gnomica semitica, quale il biblico Balaam (con cui L. fu effettivamente dai musulmani stessi identificato), e Aḥīqār (v).
Tra le molte edd. europee delle favole in arabo, dopo quella dell'Erpenio (1615), da notare quelle di G. W. Freitag (1823), F. Roediger (1830), C. Schier (1831, con trad. franc.), J. Derenbourg (Berlino-Londra 1850, con trad. franc.), A. Cherbonneau, Parigi 1847 (con e senza trad. francese, fondata sul testo dello Schier e più volte ristampata).
Bibl.: V. Chauvin, Bibliographie des ouvrages arabes, ecc., III, Liegi-Lipsia 1898, pp. 1-38; J. Horovitz, Koranische Untersuchungen, Berlino-Lipsia 1926, pp. 132-136; R. Basset, Loqmân berbère, Parigi 1890; B. Heller, in Encyclopédie de l'Islām, ed. fr., III, 1928, pp. 36-39.