LUPERCALI (Lupercalia)
Festa di purificazione, all'inizio, del gregge, e poi della città palatina, celebrata il 15 febbraio a cura del duplice sodalizio dei Luperci Quintilî e Fabiani (in onore di Giulio Cesare, furono aggiunti nel 44 a. C. i Luperci Iulii, ma vennero soppressi dopo la sua morte), in onore di Luperco, antico dio latino collegato con il lupo sacro a Marte, poi considerato come epiteto di Fauno (Faunus Lupercus) e infine assimilato al greco Pane Liceo (Πᾶν Λύκαιος). Paredra del dio è Luperca, identificata dal mito con la moglie del pastore Faustolo e poi con Acca Larenzia. La festa si svolgeva innanzi al Lupercale, sacra grotta ai piedi dell'altura del Germalo sul lato SO. del Palatino (v.) dove, all'ombra di un fico (Ficus ruminalis), Faustolo avrebbe rinvenuto i gemelli Romolo e Remo allattati da una lupa.
La festa, che è la più ricca di problemi di tutto il feriale romano, si svolgeva in due fasi. Nella prima, i due sodalizî dei Luperci si recavano al Lupercale e quivi immolavano capri e un cane, mentre le vestali offrivano focacce fatte con grano delle prime spighe della passata mietitura. Secondo Ovidio (Fast., II, 282) presiede a questa parte della cerimonia il Flamine Diale, notizia ben strana perché per costui proprio il capro e il cane erano tabu. Nella seconda fase due giovani, appartenenti ai due sodalizî, venivano toccati sulla fronte con il coltello bagnato del sangue dei capri immolati. Il sangue veniva poi asciugato con un fiocco di lana bianca immerso nel latte, e subito i due giovani dovevano sorridere.
Indi, indossata sul corpo nudo la pelle degli animali sacrificati e fattasi con la medesima pelle due strisce (dette februa o anche amiculum Iunonis), correvano attorno alla base del Palatino e percotevano quelle donne che si offrivano al colpo per ottenere la fecondità.
Il rituale di questa seconda fase appare costituito da due elementi; il primo è lustratorio e consiste nella circumambulazione della città quadrata, rito che in origine doveva esser compiuto dai pastori intorno al gregge per chiuderlo in un cerchio magico, a presidio dai lupi (Luperco da lupum arceo), sul genere di quello descritto da Catone e che aveva luogo nelle Ambarvalie (v.). In questa fase primordiale viene impegnata una forza magica, impersonale e questo spiega l'incertezza della tradizione circa il patrono della festa: Fauno Luperco (Ovid., Fast., II, 361); Inuo (Liv., I, 15); Libero (Serv., Ad Aen., VIII, 343). Il secondo elemento è iniziatico e si riferisce alla confraternita dei Luperci, nella quale i nuovi adepti venivano assimilati alla vittima sacrificale sia nella morte, ricevendone il sangue sulla fronte, sia nella risurrezione, venendo astersi con il latte che è alimento dell'infanzia e dovendo sorridere, il che ritualmente significa pienezza di vita. Divenuti così uomini-capri (creppi, cioè capri, li chiamava il popolo secondo Paolo, p. 57) e rivestita la pelle dell'animale, procuravano alle donne la fecondità conformemente al significato del capro, di cui avevano incorporato la virtù. Il sodalizio dei Luperci comprendeva 12 membri eletti per cooptazione, con a capo un magister, e aveva, come quelli dei Salî e degli Arvali, origini gentilizie. Decaduto poi, come tutte le istituzioni religiose di Roma, durante lo scorcio dell'epoca repubblicana, fu restaurato da Augusto, che però proibì vi corressero i giovanetti ancora imberbi, e si reclutò da allora in poi specialmente nell'ordine equestre, di guisa che la festa dei Lupercali, insieme con quella dei Castori, divenne quasi una prerogativa dei cavalieri.
La festa perdurò tenace durante l'epoca imperiale. Si ha ricordo di una celebrazione ai tempi di Antemio (467-472), dopo il qual tempo deve essere stata sospesa fino al 494, nel quale anno il senatore Andromaco la richiamò in vita in occasione di una pestilenza che desolò la città. Il papa Gelasio I in un'apposita invettiva Adversus Andromachum senatorem si scagliò contro la riesumazione, proibendo ai fedeli di partecipare in qualsiasi modo alla cerimonia. Non è tuttavia provato che il papa abbia in quell'occasione sostituito la festa della Purificazione di Maria (detta la Candelora) a quella dei Lupercali, perché sebbene quella festa si celebrasse in Gerusalemme 40 giorni dopo l'Epifania, che è il Natale degli Orientali e cioè il 15 febbraio secondo la testimonianza di Eteria, non ne abbiamo tuttavia menzione in Roma che nel sec. VII.
Bibl.: G. Wissowa, Lupercus, Luperca, in Roscher, Lex., II, col. 2162; Marbach, Lupercal, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XIII, coll. 1814-16; id., Lupercalia, ibid., coll. 1816-30; id., Luperci, ibid., coll. 1830-34; id., Lupercus, ibid., coll. 1834-39; L. Preller-H. Jordan, Römische Mythologie, 3ª ed., Berlino 1883, I, p. 126; L. Deubner, Lupercalia, in Archiv für Religions-Wissensch., 1910, p. 481 segg.; S. Reinach, Le rire rituel, in Cultes, mythes et religions, IV, Parigi 1912, p. 109 segg.; U. Pestalozza, Juno caprotina, in Studi e mater. di storia delle religioni, IX (1933), p. 38 segg.