LUOYANG
Città situata nella zona occidentale della provincia dello Henan (Cina), lungo la riva sinistra del fiume Luo. È del 1977 il rinvenimento presso Peiligang nella prefettura di Kaifeng (distretto di Xincheng) di una cultura databile al VI millennio a.C., da considerare tra le più antiche culture agricole della Cina settentrionale; questa occupò la media-bassa valle del Fiume Giallo, compresa la piana di Luoyang.
Verosimilmente la fase di più intenso popolamento in età neolitica della piana si verificò nel III millennio a.C., con le prime fasi della cultura Longshan. Cultura squisitamente agricola, essa vide il formarsi nel corso del III millennio di facies regionali (cultura Longshan dello Shandong, dello Henan e dello Shanxi) con società caratterizzate da stratificazione sociale e da un sistema insediamen- tale incentrato su villaggi talvolta fortificati. Se è ancora in corso il dibattito tra gli specialisti sull'identificazione della cultura di Erlitou - la prima cultura dell'Età del Bronzo in Cina - con la prima dinastia, quella Xia, ricordata nelle fonti di epoca pre-Qin e pre-Han (datazione tradizionale XXI-XVII sec. a.C.), è nella valle del fiume Luo che sono stati rinvenuti diversi siti archeologici riferibili alla cultura di Erlitou, compreso il sito eponimo nel distretto di Yanshi e poche decine di km a E di Luoyang.
L'ipotesi che la dinastia Shang abbia fondato una delle sue prime città nei pressi dell'odierna L. sembra fino a oggi non aver trovato il conforto dei dati archeologici. I pochi siti di epoca Shang scavati nell'area di L., sia della fase Erligang o Zhengzhou sia della fase Yin o An'yang, suggeriscono anzi che la piana, forse proprio perché più legata alla tradizione di Erlitou ed eventualmente Xia, non era ancora considerata di primaria importanza.
Si hanno di nuovo notizie sulla piana dei fiumi Luo e Yi all'epoca della conquista Zhou (c.a XI sec. a.C.). Il re Wu dei Zhou dopo aver conquistato Yin, l'ultima capitale Shang, nei pressi dell'odierna An'yang a Ν del Fiume Giallo, tornò a S e iniziò la costruzione di un insediamento chiamato Xingdu, o Luoyi. Probabilmente il progetto del re Wu non fu portato a compimento a causa della sua morte; il reggente Zhou Kong, seguendo l'esempio del re Wu, fondò due insediamenti nella piana di L.; uno, Wangcheng, nella zona E dell'odierna L., quale centro politico e amministrativo; l'altro, Chengzhou, una quindicina di km a E di L., tra il Monte Mang a Ν e il fiume Luo a S, destinato a ospitare i resti della deportata aristocrazia Shang e i rappresentanti dei più alti livelli dell'amministrazione provinciale Zhou. Alcune sepolture del periodo dei Zhou Occidentali rinvenute nell'area sono forse una testimonianza archeologica dei resti di Chengzhou.
Con la dinastia dei Zhou Orientali nella piana di L. fu stabilita una vera e propria città-capitale. Nel 771 a.C., infatti, il re Ping trasferì la sede della dinastia a Wangcheng. Le indagini archeologiche in quest'area sono iniziate alla fine degli anni '50 e hanno portato al rinvenimento di lunghi tratti delle mura di cinta in terra battuta, larghe alla base c.a 5 m, che formavano un recinto quadrangolare di c.a 300 m di lato. All'interno della città diverse piattaforme in terra battuta, associate a tegole e tegole di gronda in ceramica decorata, suggeriscono che i palazzi Zhou dovevano sorgere nella zona centrale e meridionale, circondati da aree di produzione artigianale. Un saggio stratigrafico compiuto nel 1954-55 ha permesso di appurare che l'insediamento Zhou in quell'area continuò ininterrotto all'incirca dal 670 a.C. fino alla dinastia degli Han Occidentali (206 a.C.-9 d.C.), allorché sulla vecchia Wangcheng fu fondato un piccolo insediamento, anche questo con muro di cinta quadrangolare, conosciuto con il nome di Henan. Anche sui resti di Chengzhou, nello stesso periodo, fu fondato un nuovo insediamento, chiamato Luoyang. Le notizie relative a quest'ultimo sono quasi esclusivamente di carattere testuale: l'estensione della città non superava quella del precedente insediamento Zhou, e tra i palazzi in essa edificati il Nan Gong («Palazzo Meridionale») era il più importante.
Nel Nan Gong fu stabilita la sede del potere della nuova dinastia degli Han Orientali (25-220) allorché, nel 25 d.C., la capitale fu trasferita da Chang'an, a O, a L., a E, per volere dell'imperatore Guang Wu: questi pose mano all'espansione della cinta muraria, verso Ν in direzione del Monte Mang e verso S in direzione del fiume Luo.
Le indagini iniziate negli anni '60 hanno portato all'individuazione di gran parte del perimetro delle mura sui lati Ο, Ν ed E, mentre per la parte S la ricerca è vanificata a causa delle distruzioni apportate da un allargamento del letto del Luo. Ancora all'inizio delle recenti ricognizioni le mura Han si conservavano in più punti per un'altezza di 7 m, grazie probabilmente alla solidità del tradizionale metodo di costruzione in strati di terra pressata e alla larghezza di base, che variava da 14 a 25 m. Il perimetro delle mura, lungo 13 km, delimitava un vasto rettangolo allungato sull'asse N-S, ed era interrotto da due porte a N, tre a O e tre a E; sul lato S la posizione e la distanza reciproca delle porte, ora scomparse, è stata stabilita grazie al rinvenimento, nel 1962, delle quattro vie che da esse si dipartivano; di tali vie, quella principale andava dalla porta Pingcheng alle mura del Nan Gong. Le vie che partendo dalle porte E e O incontravano - a «croce» o a «T» - i viali S-N, dividevano la città in «quartieri» di grandezza variabile. Nel corso delle ricognizioni degli anni '60 si è localizzata nella parte SE della città l'area (c.a 1,3 km2) del Nan Gong, mentre nella parte Ν si sono delineati i limiti del Bei Gong («Palazzo Settentrionale») costruito tra il 60 e il 65 d.C. dall'imperatore Ming Di; al suo interno sorgeva il padiglione De Yang capace di contenere, secondo le fonti, fino a diecimila persone. Una terza area palaziale, di cui soltanto a grandi linee conosciamo l'ubicazione, era il palazzo Yong An nei pressi della porta Shangdong nel settore NE della città; qui erano anche, addossate quasi al corrispondente angolo delle mura, l'armeria e i magazzini imperiali. Più a S, compresi tra le porte Shangdong e Zhongdong, erano i due quartieri Bu Guang e Yong He, residenza dell'aristocrazia e della burocrazia imperiale di grado più elevato. Nell'angolo SE, compresi tra l'incrocio delle vie provenienti dalle porte Mao e Kaiyang e le mura, erano gli edifici in cui avevano sede il Tai Wei («Comandante Generale»), il Si Kong («Segretariato Generale») e il Si Tu («Cancelleria»), principali organi amministrativi dello stato. Nell'angolo opposto della cinta muraria, a O del Bei Gong, si estendeva il Parco Imperiale, detto Di Long Yuan, e a S di esso, tra le porte Shangxi e Yong, era il Jin Shi («Mercato d'Oro»), il solo dei tre mercati di L. all'interno delle mura, sorgendo gli altri due rispettivamente davanti alle mura S (il Nan Shi, o «Mercato Meridionale») e fuori delle mura E (il Ma Shi, o «Mercato del Cavallo»).
Le principali strutture rituali della L. degli Han Orientali sorgevano all'esterno della città, sulla riva S del Luo, di fronte alle porte Kaiyang e Pingcheng. Come si riporta nello Hou Han Shu («Cronaca degli Han Posteriori») nel capitolo «Annali dell'Imperatore Guan Wu» tali strutture (il Pi Yong o «Sala dell'Apprendimento», il Ming Tang o «Sala del Rituale» e il Ling Tai o «Terrazza dello Spirito») furono costruite contemporaneamente a partire dal 56 d.C. Recenti indagini hanno portato alla luce i resti di tre grosse strutture a pianta quadrata in cui, nonostante i restauri e le ristrutturazioni dell'epoca delle dinastie Wei (220-265) e Jin Occidentali (265-316), è stato possibile riconoscere gli edifici rituali descritti nelle fonti. A E della via proveniente dalla porta Kaiyang era il Pi Yong: un recinto circolare circondato da un muro di 179 m per lato. All'interno del recinto quattro gruppi di tre edifici erano distribuiti in prossimità degli angoli. Il Ming Tang sorgeva tra la via di Kaiyang Men e la via di Pingchang Men, a c.a 150 m dal Pi Yong, e sembra fosse composto da un recinto quadrangolare al cui interno si elevava una terrazza circolare di 62 m di diametro. A un'ottantina di metri a O del Ming Tang si innalzava la terrazza del Ling Tai, anch'essa all'interno di un recinto murato a pianta quadrangolare. La «Terrazza dello Spirito» (c.a 50 m di lato) a cui si accedeva tramite lunghe rampe, aveva forma di doppio gradone; su quello inferiore si apriva un porticato lastricato con ciottoli di fiume, mentre sul gradone superiore erano edificate cinque stanze per ciascun lato con pavimenti a tegole rettangolari. Ogni gruppo doveva verosimilmente essere dedicato allo «Spirito» del corrispondente punto cardinale, come suggerito dal colore con il quale ciascun gruppo di edifici era internamente dipinto: nero per le stanze a N, rosso per quelle a S, verde per le stanze a E e bianco per quelle a O, queste ultime fornite di stanze cieche ipogee. A Ν del Pi Yong, a partire dall'anno 29, fu iniziata la costruzione del primo blocco dei recinti del Tai Xue, la «Grande Scuola» (0 Accademia Imperiale) a pianta rettangolare sull'asse N-S (c.a 200 x ioo m), di cui non rimane che l'angolo SE; nell'anno 32 si conclusero i lavori del secondo blocco, conservatosi quasi per intero, anche questo a pianta rettangolare (200 x 150 m) e perpendicolare al primo. Nei momenti di maggiore prosperità economica e stabilità politica, il Tai Xue arrivò a ospitare fino a trentamila uditori che dall'anno 175 poterono disporre dell'intero corpus dei Classici confuciani scolpito su lastre di pietra per volere dell'imperatore Ling.
Nel 190 l'imperatore Xian abbandonò la capitale in balìa del ribelle Dong Zhuo che la distrusse appiccando un incendio durato tre giorni; sei anni più tardi lo stesso Xian Di, dopo un ultimo tentativo di reinsediarsi a L., completamente rasa al suolo, spostò definitivamente la capitale dell'impero a Xuxian dove per soli altri quattro anni la dinastia resistè alle forze centrifughe che nel 220 avrebbero portato alla spartizione dell'impero in tre regni, ciascuno governato da una diversa dinastia. Di queste ultime fu la dinastia Wei a scegliere L. come sede del governo.
Al primo degli imperatori Wei, Wen Di, si deve, oltre al restauro di diversi padiglioni del Bei Gong, la realizzazione di un'imponente opera militare nel settore NO della città, la fortezza Jinyongcheng che con la sua lunghezza di quasi 1 km, da S a N, andava quasi ad addossarsi al Monte Mang. Larga c.a 250 m, la fortezza consisteva, come confermato dalle indagini del 1962, di tre corpi collegati da portali e rampe. Il corpo più meridionale, a pianta quadrata, fu costruito sfruttando l'angolo NO delle vecchie mura della città. Al lato Ν di questo primo corpo fortificato, fornito di una sola porta di accesso per ogni lato, si attaccava il secondo corpo, più stretto e a pianta rettangolare, fornito di un doppio portale nell'angolo SO e di una porta sul lato Ν che dava accesso al terzo corpo, anch'esso a pianta rettangolare e provvisto di una sola porta esterna a SO. Le mura della fortezza, con uno spessore di 13 m, erano fornite di bastioni aggettanti posti a una distanza di 60/70 m l'uno dall'altro. Probabilmente la costruzione della Jinyongcheng non si esaurì con il regno di Wen Di; sicuramente in diversi periodi si mise mano al restauro e rafforzamento delle mura della città a cui furono aggiunti, nel corso della dinastia Wei o all'inizio di quella dei Jin Occidentali, dei bastioni aggettanti (a intervalli di 120 m), sul modello della Jinyongcheng. Durante il regno di Wen Di ebbe inizio anche la ricostruzione del Tai Xue sulle macerie di quello dell'epoca Han.
Nel 235, con l'ascesa al trono di Ming Di, fu varato un vasto piano di ricostruzione, sulle macerie del Nan Gong, delle grandi sale Tai Ji e Zhao Yang, oltre al risanamento del parco Fanglin Yuan, mentre tra il 240 e il 249 il restaurato Tai Xue è fornito di un nuovo corpus dei Classici confuciani scolpiti in tre diversi stili calligrafici su stele di pietra. Abbattuti i Wei nel 264, i Jin Occidentali mantennero a L. la capitale del loro regno continuando la ricostruzione o il restauro di edifici di epoca Han e Wei, come p.es. nel caso delle strutture del Ming Tang e del Ling Tai (quest'ultima rimasta in uso fino all'epoca dei Wei Settentrionali allorché sulla cima della terrazza fu edificata una pagoda buddhista oggi scomparsa).
Dopo la caduta dei Jin Occidentali nel 316, L. torna a essere capitale di un regno nel 493 con la dinastia dei Wei Settentrionali (386-534), di stirpe probabilmente «turca»; questi apportarono profonde modifiche all'impianto della città creando un nuovo modello urbano a «isole» definite da una griglia viaria. All'interno della città, infatti, in luogo delle due aree palaziali distinte si creò, sui resti dei Bei Gong di epoca Han e Wei, un unico centro palaziale (la «Città Palazzo»), a pianta rettangolare, la cui estensione copriva circa un decimo dell'intera città. A tale centro cintato si accedeva attraverso due porte laterali e un'unica porta monumentale aperta sul lato S dal quale si dipartiva, correndo verso S in asse con la porta Xuanyang (la Xiaoyuan Men delle epoche precedenti), il grande viale Tongtuo («Viale del Cammello di Bronzo»), che divenne la più importante arteria della città. Ai lati del Tongtuo vennero così a essere edificate le sedi dei principali uffici amministrativi, le «Sale Ancestrali» per il culto degli antenati regali e i templi, tra cui il grande tempio Yongning. Le porte subirono lievi aggiustamenti, o, nel caso della Xiyang Men (Yong Men di epoca Han e Wei) un vero e proprio spostamento; delle tredici porte della città, almeno quattro vennero a trovarsi in posizione speculare in modo che le strade che da esse si dipartivano, tagliandosi ortogonalmente, regolavano lo spazio interno. Ciò fu reso possibile anche dalla scomparsa del Nan Gong, ormai completamente raso al suolo. La più settentrionale delle arterie E-O, quella che dalla Jianchun Men andava alla Changhe Men, tagliando la «Città Palazzo» attraverso le sue porte laterali, venne a definire due zone funzionalmente distinte: quella N, riservata alla vita privata dell'imperatore e della sua famiglia, e quella S, riservata alle attività ufficiali del sovrano. All'esterno della «Città Palazzo» si estendeva la «Città Interna», corrispondente alla città entro le vecchie mura, in cui sorgevano oltre ai templi e alle strutture politico-amministrative, i quartieri residenziali dell'aristocrazia e degli alti funzionari cinesi. I mercati, insieme a diversi settori artigianali, furono spostati all'esterno della «Città Interna»: a O sorse il Da Shi («Grande Mercato»), a E il Xiao Shi («Piccolo Mercato») e a S il Sitong Shi («Mercato dei Quattro Viali»). Il vecchio Jin Shi, attivo in epoca Han e Jin, venne completamente raso al suolo e al suo posto fu edificato un tempio buddhistico. Intorno ai mercati e ai quartieri artigianali sorsero poi diversi quartieri residenziali ordinati dalla griglia viaria in «isole» cintate; venne così a formarsi una «Città Esterna» (circondata da un muro nel 500-502 durante il regno di Xuan Wu), in cui fu relegata la popolazione contadina e artigiana.
Strettamente confuciani in campo politico-amministrativo, i Wei protessero e svilupparono, in campo religioso, il buddhismo. Subito dopo lo spostamento a L. nel 494 i Wei, seguendo una tradizione iniziatasi con il monastero-tempio rupestre di Yun Gang presso la vecchia capitale Datong (Shanxi), diedero inizio alla realizzazione di un centro religioso considerato oggi uno dei maggiori monumenti rupestri del mondo, il monastero-tempio nel massiccio calcareo di Longmen (v., c.a 12 km a SO di L.). A partire dal 515, sotto l'imperatrice reggente Ling, il monastero-tempio si arricchì di numerose sculture e rilievi parietali in grotta, a soggetto buddhistico; tale produzione segna il definitivo affermarsi di uno stile coerentemente cinese che raggiunge a Longmen il suo apogeo con le grandi sculture nell'immensa grotta del Fengxian Si, scolpite all'epoca della dinastia Tang durante il regno dell'imperatrice Wu.
Il tempio buddhistico Yong Ning, il maggiore dei cinquecento edificati nella L. dei Wei Settentrionali, fu, invece, costruito a partire dal 516, al momento del massimo sviluppo politico e culturale dei Wei, sul modello di un tempio omonimo che sorgeva nella vecchia capitale Datong. Il nuovo Yong Ning Si ebbe però dimensioni molto maggiori, come descritto in un'opera di poco posteriore ai Wei, il Luoyang Jielan zhi. Al centro delle sale di culto e di servizio fu eretta una pagoda in legno a nove piani alta un centinaio di metri, distrutta nel 534 da un incendio, i resti delle cui fondazioni sono stati recentemente riportati alla luce. La pagoda, a pianta quadrata, si articolava su una piattaforma a tre livelli (I°: alt. 2,1 m, superf. 101 x 98 m; 2°: alt. 3,6 m, superf. 50 x 50 m; 3°: alt. 2,2 m, superf. 10 x 10 m); le strutture in legno dell'alzato non dovevano apparire molto dissimili sia da quelle rappresentate nei rilievi di Yun Gang e Longmen, sia, pur nelle dimensioni molto maggiori, dalla pagoda a cinque piani dello Horyüji in Giappone.
In seguito alla caduta della dinastia, anche la città subì un veloce processo di degradamento e spopolamento; nonostante ciò, la regolarità e la nitidezza della forma urbana della capitale Wei esercitò una profondissima influenza sull'urbanistica delle epoche successive, e non soltanto in Cina.
Alla L. di epoca Wei furono ispirati i piani di ricostruzione di Chang'an, capitale delle dinastie Sui (581-618) e Tang (618-907). Il periodo di decadenza di L. dopo i Wei non fu di lunga durata; nel 605 l'imperatore Yang Di dei Sui, nella piana a E dell'antica Wang Cheng di epoca Zhou, dava inizio alla costruzione di Dongdu, la «Capitale Orientale», diretta e pianificata da Yang Si, uno dei quattro «architetti di corte» che già operavano a Chang'an. L'esigenza di un centro politico-amministrativo, posto nella zona orientale del cuore dell'impero, aperto ai traffici provenienti da N, E e S, e relativamente facile luogo di raccordo delle vie d'acqua, naturali e artificiali che dalla Cina centrale avrebbero dovuto far affluire derrate e beni a un unico centro di raccolta, Dongdu appunto, fu sentito anche dalla successiva dinastia Tang che, infatti, proseguì l'opera di costruzione iniziata da Yang Si e, nelle linee generali, la portò a compimento dopo un solo anno di lavori. Il nucleo della città, nell'area NE della cinta muraria, era la Guan Cheng («Città Ufficiale»), detta anche Jin Cheng («Città Proibita»), al cui interno sorgevano, oltre ai parchi, i diversi nuclei palaziali con funzione politico-amministrativa, di rappresentanza e di residenza dei più alti rappresentanti imperiali. Sui lati S, E e O del Guan Cheng si estendeva il Huang Cheng («Città Gialla», il colore riservato al solo imperatore), sede dei principali uffici civili e militari e residenza dell'aristocrazia. A E, e soprattutto sul lato S (di là del fiume Luo, attraversato da tre ponti) della «Città Interna», formata dal Guan Cheng e dal Huang Cheng, circondata da una cinta con sei porte di accesso, era la vastissima «Città Esterna» con i suoi quartieri residenziali per i comuni funzionari della burocrazia e dell'esercito e le Bai Xing («Cento Famiglie», ovvero il popolino), le zone artigianali, i templi e i tre mercati. L'intera area urbana, circondata da mura con tre porte per ciascun lato, era scandita da una griglia viaria il cui asse principale sembra fosse costituito dal viale che partendo dalla porta Dingding a S, portava al ponte Tianjin (detto in epoca Tang ponte Luoyang) a da qui alla porta Duan Men, accesso alla «Città Interna». Al tempo della dinastia Tang l'impianto della città non subì grosse modifiche. Nel terzo anno di regno dell'imperatrice Wu (687) il palazzo Shangyang fu ristrutturato e trasformato in un sofisticato complesso rituale, il Ming Tang, formato da una piattaforma circolare a tre piani circondata da un vasto recinto quadrangolare. A Ν di questo fu in seguito costruito il Tian Tang («Altare del Cielo»), formato da tre terrazze sovrapposte; i resti di due strutture messe in luce nel 1973 sono probabilmente da indentifi- care con i due complessi rituali dell'epoca di Wu Zi Tian (684-704). Non vi è dubbio, invece, che i resti architettonici indagati tra il 1969 e il 1971 nella zona NE della «Città Interna» siano da riconoscere come i granai di stato, detti «Granai Hanjia», che, circondati da mura, si estendevano su un'area di 42 ha. Le indagini archeologiche hanno di fatto portato alla luce quattrocento silos ipogei, con un diametro variabile da 6 a 18 m e una profondità di 5/10 m, che recano tracce di un efficiente sistema di ventilazione basato sull'uso di rivestimenti parietali in legno e sulla sistemazione, al fondo dei silos, di intercapedini a travature lignee. Diverse iscrizioni graffite sui mattoni dei silos hanno fornito, inoltre, preziose informazioni sul sistema di amministrazione dei Granai Hanjia.
Dopo la caduta della dinastia Tang, L. tornò a svolgere il ruolo di capitale sotto le effimere dinastie dei Liang Posteriori (907-923) e dei Tang Posteriori (923-936) che non intrapresero lavori di allargamento o restauro delle precedenti strutture urbane. Nei secoli successivi, anzi, il nucleo cittadino si contrasse occupando soltanto l'angolo SO della «Città Esterna» a Ν del Luo e gli spazi della «Città Interna» occupati dal recinto della c.d. Dong Cheng o «Città Orientale» di epoca Tang e formando un nucleo quadrangolare che venne circondato da una muraglia difensiva all'epoca della dinastia Ming (1368-1644), a cui si devono diversi interventi di restauro e ripristino di antichi monumenti.
Bibl.: Zhongguo Kexueyuan Kaogu Yanjiusuo Luoyang gongzuodui, Han Wei Luoyang cheng chubu kancha («Una ricognizione preliminare dei resti di Luoyang di epoca Han e Wei»), in Kaogu, 1973, 4, pp. 198-208; Wang Zhongshu, in Han dai kaoguxue gaishuo («Sommario di Archeologia Han»), Pechino 1974, pp. 17-29 (traduzione inglese di K. C. Chang, Han Civilization, New Haven 1982); Zhongguo Shihui Kexueyuan Kaogu Yanjiusuo Luoyang gongzuodui, Han Wei Luoyang cheng nanjiao de Ling Tai yizhi («I resti del Ling Tai di epoca Han e Wei nella periferia S di Luoyang»), in Kaogu, 1978, ι, pp. 54-57; Duan Pengqi, Sui Tang Luoyang buju («La pianta di Luoyang in epoca Sui e Tang»), in Zhonguo Shihui Kexueyuan Kaogu Yanjiusuo, Xin Zhongguo de kaogu faxian he yanjiu («Scavi e ricerche archeologiche nella Nuova Cina»), Pechino 1984, pp. 577-581; Xu Jinxing, Huang Minian, Luoyang shi wenwuzhi («Note sulle antichità di Luoyang»), Luoyang 1985; He Guanbao, Luoyang wenwu yu quji («Monumenti antichi e reperti culturali di Luoyang»), Pechino 1987.