luogo
luògo s. m. – Tra i concetti dominanti della geografia, il l. è stato teorizzato in termini dialettici rispetto a un’altra nozione, altrettanto rilevante nella disciplina: lo . A quest’ultimo, inteso come spazio indifferenziato, astratto, soggetto a leggi oggettive, è stato contrapposto, soprattutto nella geografia di lingua anglosassone (space/place), il l., che assume significato in quanto porzione della superficie terrestre in cui gli individui vivono la propria vita e che, in ultima istanza, rappresenta il prodotto dell’azione umana. Il l., in questa accezione, non è un semplice contenitore ma rappresenta il frutto della soggettività e dell’esperienza personale. Per tale ragione i geografi hanno parlato di «senso del l.», intendendo con tale termine l’insieme delle sensazioni, delle emozioni e dei significati da esso evocati, che rappresentano il frutto sia delle pratiche personali sia delle rappresentazioni. Benché il l. così inteso appaia comunque legato a una materialità, a una contingenza storica e a flussi più ampi, esso è stato talvolta contestato perché concetto eccessivamente dipendente dalle narrative individuali. All’estremo opposto, i molteplici cambiamenti della mobilità e del consumo, che hanno sperimentato un’accelerazione e un’intensificazione senza precedenti, hanno indotto a coniare nuovi termini per sancire la progressiva standardizzazione dei l., tra i quali, per es,, il non-luogo. Si tratta di un concetto che è stato teorizzato dall’antropologo M. Augé, il quale ha utilizzato una serie di l., come quelli del consumo (in particolare gli shopping malls), quali esempi della progressiva scomparsa del l. inteso come unico ed esclusivo. In realtà negli ultimi anni si è registrata una maggiore porosità e ibridazione tra i l. del consumo (v. ), ma essi continuano, pur in un contesto di generale omogeneizzazione, a manifestare la propria specificità. Con la nuova fase impressa dalla globalizzazione, caratterizzata da un’intensa compressione spazio-temporale, è stata inoltre formulata l’ipotesi di una possibile sostituzione dello spazio dei l. con quello dei flussi. Questi fenomeni hanno determinato una critica al concetto di l., inducendo i geografi a ripensarne i fondamenti. Il l. non è identificabile con una specifica scala geografica perché non è un’entità coerente, fissa e regolata da confini chiusi e oggettivi, quale invece è stata etichettata per lungo tempo. Il malinteso significato del l. è stato generato, secondo la critica mossa dalle geografe americane femministe, da un’erronea associazione alla casa. Il l. è piuttosto un ambito aperto, dai confini porosi e permeabili e che, pur conservando la sua unicità e resilienza, si afferma come nodo di connessione tra locale e globale. In questa accezione, il l. rappresenta ancora il frutto delle sue caratteristiche endogene, delle esperienze e dei «sensi del l.» degli individui e dei gruppi, ma è soprattutto un concetto relazionale. Il l. si caratterizza, pertanto, proprio per la sua interdipendenza rispetto agli altri l. e diventa così esso stesso processo, determinando specifiche relazioni sociali, economiche, politiche e quindi di potere che, a loro volta, lo rimodellano continuamente. Questo conferisce ancora maggiore importanza al legame tra l. e identità, che può assumere, secondo un’efficace interpretazione, tre manifestazioni: l’identificazione con un l., contro un l. oppure la non identificazione con un luogo. La disciplina geografica dedica oggi particolare attenzione al tema della politica dei l., anche perché questa è spesso oggetto di contestazione da parte dei movimenti sociali, per es. in relazione alle problematiche dell’ambiente (v. ), ma esistono molte altre questioni (relative al lavoro, alla globalizzazione, all’identità) che rivelano l’esistenza di l. contestati alle diverse scale geografiche.