LUNGHI (o Longhi o Longo)
Architetti di origine lombarda, operanti in Roma dalla seconda metà del sec. XVI.
Martino il Vecchio, nato a Viggiù presso Milano nella prima metà del sec. XVI, morto a Roma l'11 giugno 1591, era a Roma nel 1573, forse chiamatovi presso l'altro architetto lombardo Giacomo Della Porta, del quale in seguito mostrò di aver risentito l'influenza. Due anni dopo viene menzionato nei documenti come architetto pontificio; nel '77 sovrintende col Della Porta alla fabbrica del Palazzo dei Conservatori sul Campidoglio, Probabilmente intorno al 1584 ebbe l'incarico di trasformare, ampliandola, la Chiesa Nuova (S. Maria in Vallicella), la cui costruzione era stata condotta molto innanzi fra il '75 e il '77 su progetto di Matteo da Città di Castello. Il L. nell'interno di questa chiesa (la facciata non fu aggiunta che ai primi del '600 da Fausto Rughesi) realizzò un felice compromesso fra il tipo a una sola navata con cappelle fiancheggianti e transetto a bracci corti, sul modello del Gesù seguito dal primo architetto e il tipo a tre navate: diede alla navata maggiore una grande ampiezza e bellissimo slancio, mentre riduceva le minori alle proporzioni di due ben sfogate gallerie d'accesso alle cappelle laterali. Vincitore del concorso per la torre del Palazzo Senatorio sul Campidoglio si attenne a un progetto elegante e non troppo impegnativo. Dovendo rimanere in arretrato rispetto alla facciata dell'edificio, studiò un modello di linee leggiere, il quale, meglio che incorporarsi con essa o predominarle, accentuasse quasi il senso di lontananza con un piacevole effetto prospettico, rilevato anche dal color naturale del mattone fra le cornici di travertino. Il motivo della finestra ad arco fra paraste binate, suggerito qui probabilmente dall'opportunità di cercare una qualche simmetria con la facciata del palazzo, restò poi caro all'architetto, che lo ripeté immiserendolo nel piccolo campanile di S. Girolamo degli Schiavoni e - a elementi raddoppiati - nel belvedere del palazzo Altemps. La chiesa di S. Girolamo degli Schiavoni, eretta fra il 1588 e il '90, nella facciata (la sola parte di un certo interesse insieme col campanile già ricordato) offre un esempio di cattiva derivazione dal tipo consueto al Della Porta, tipo al quale il L. sembra essere rimasto fedele anche nelle facciate di S. Maria della Consolazione, da lui condotta soltanto nell'ordine inferiore, e di S. Maria in Via (1594 circa), in seguito trasformata. Opera maggiore dell'architetto è il palazzo Borghese, non comprendente nella sua forma originaria il prolungamento verso il fiume. La mole stessa dell'edificio, a tre piani con mezzanini frapposti, imponeva massima semplicità di decorazioni: il L. si limitò a una riquadratura appena rilevata incorniciante le finestre sulla facciata verso il Largo Fontanella di Borghese, allora principale, e ad un altro fregio con gli emblemi gentilizî ricorrente sotto il cornicione, lasciò dominare le due facciate dai grandiosi portali con le altissime mostre delle finestre sovrastanti. Il cortile, con i due loggiati ad archi su colonne binate, tutti ariosi nel lato aperto verso il giardino, riesce a conciliare l'imponenza delle proporzioni con la più elegante sontuosità.
Onorio, figlio di Martino il Vecchio, nacque a Milano circa il 1569, morì a Roma il 3 dicembre 1619. Di lui si conoscono, oltre al palazzo Verospi (oggi del Credito Italiano) sul Corso, rimaneggiato ai primi del secolo XVIII, buone opere di decorazione: la cappella del Sacramento in S. Maria in Trastevere, quelle Santori in S. Giovanni in Laterano, Bandini in S. Silvestro al Quirinale, ecc. Ma la Sua fama resta assicurata dalla chiesa di S. Carlo al Corso, iniziata nel 1612 e proseguita fino al 1627, sempre col suo progetto, dal figlio Martino il Giovane (la cupola venne modificata da Pietro da Cortona; la facciata è della fine del sec. XVII). Idea informatrice dell'architetto sembra essere stata di chiudere entro le vòlte di questa chiesa la maggiore spaziosità possibile; tre vaste navate comunicanti per grandi archi fra pilastri fanno capo all'altissima crociera; un ambulacro gira intorno al presbiterio; persino le cappelle laterali terminano con cupolette. Il complesso equilibrio fra le parti, che forma la bellezza dell'opera, è raggiunto con mirabile senso delle proporzioni.
Martino il Giovane, nato a Roma il 18 marzo 1602, morto ivi nel 1657, succedette a Onorio, suo padre, nella direzione dei lavori per S. Carlo al Corso; non ne ereditò le doti di chiarezza e di grandiosità predominanti in quella chiesa, almeno a giudicare dalle opere tarde che di lui ci rimangono. La chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio, eretta intorno al 1650 a spese del cardinale Mazzarino, insignificante nell'interno, presenta nella facciata un macchinoso sistema di colonne e di frontoni sovrapposti, in una ricerca esagerata di risalti illogici e non proporzionati alla superficie relativamente piccola, che doveva ricoprire. Ne viene un effetto di pesantezza disordinata, che si complica per la scelta dei particolari decorativi: grosse teste di cherubino, cariatidi sorgenti dalle volute dell'ordine superiore a sorreggere il timpano, gonfî festoni di frutta. Di tali elementi il L. parve compiacersi, perché li sovrappose senza un intimo nesso anche alla facciata dell'altra sua chiesa di S. Antonio dei Portoghesi (1652), la quale, in contrasto alla prima, presenta una singolare gracilità di struttura.
Il Lunghi è stato molto lodato per lo scalone del Palazzo Ruspoli che, senza uscire da un genere d'arte puramente decorativo, resta indubbiamente la sua opera migliore.
Bibl.: G. Giovannoni, in L'Arte, XVII (1913), pp. 98-99 (per Martino il Vecchio); Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XIII, Lipsia 1929 (con bibliografia); E. Strong. La Chiesa nuova, Roma 1923 (per Martino il Vecchio); M. Pierro, Il Palazzo della stamperia, in Capitolium, IV (1928-1929), pp. 237-49.