COPPOLA, Luise
Mercante napoletano, di famiglia originaria di Scala nell'Amalfitano, fu attivo dal quarto decennio del sec. XV.
Doveva essere ancora piuttosto giovane quando nell'ottobre del 1438era con altri alla difesa della chiesa del Carmine mentre gli Aragonesi assediavano Napoli. Probabilmente perché ne era stato uno dei difensori, l'anno successivo egli fu deputato dal "seggio" di Porta Nuova alla tutela del monastero. Di lui tacciono le fonti per tutto il periodo del regno di Alfonso d'Aragona. È con quello di Ferdinando che l'attività commerciale del C. divenne sempre più estesa. Contemporaneamente egli assumeva cariche e otteneva esenzioni direttamente, in quanto conseguenza e in quanto strumenti necessari all'esercizio della sua professione, legata al commercio che esercitava. Forse la sua fortuna fu determinata dalla pronta adesione alla successione di Ferdinando nel Regno; già dal 1458inflatti fu creato regio secreto e mastro portolano in Terra d'Otranto e Basilicata.
Il C. dapprincipio si dedicò alla compravendita principalmente e forse esclusivamente di granaglie, di cui era uno dei fornitori della corte almeno dal 1460. Divenne il principale fra loro e l'8 ott. 1462 la regina Isabella, come luogotenente generale del re Ferdinando, impegnato a reprimere la ribellione capeggiata contro di lui da Giovanni d'Angiò, stipulò una serie di convenzioni, che regolavano il commercio delle granaglie con il C. e con altri mercanti, Bernardo de Corbera, Filippo Strozzi e Battista Reimbaldo. Nel 1465 il C. otteneva la carica di regio secreto e maestro portolano per la Capitanata e Terra di Bari. In quell'anno però soprattutto egli riceveva la cittadinanza di tutto il Regno, che gli concedeva l'immunità dei diritti di dogana, di baglive e di fondaci in tutto il territorio nazionale. Privilegio di grandissima utilità per un commerciante e che favoriva enormemente ogni sua operazione di importazione e di esportazione, confermatogli il 13 maggio 1471.
Il C. ebbe tre figli: Francesco, conte di Sarno, Matteo, che collaborò, in modo poco spiccato, con lui, Francesca, che sposò nel 1478Antonio di Ventura, dal cui padre il C. acquistò proprietà terriere in Terra d'Otranto; un quarto figlio, Nardo, che testò nel 1459, gli è attribuito con poca attendibilità da G. Filangieri. Francesco fu un iritraprendente e fortunato uomo d'affari e forse il notevole slancio che prese l'attività del C. decorse proprio da quando egli sì associò il figlio, almeno dal 1470. Il C., che in quell'anno divenne doganiere della dogana del sale di Napoli, dal 1467 al 1469, insieme con Giacomo Sarrocco di Napoli e con Andrea de Fatone di Andria, aveva tenuto l'arrendamento della gabella del ferro in Basilicata. Questo infatti fu uno dei generi che, insieme con altri minerali, interessò l'attività commerciale del C., il quale, con il figlio Francesco, ottenne alla fine del 1475la concessione di sfruttamento delle miniere d'argento e di piombo di Longobucco in Calabria; il permesso implicava l'esenzione dal pagamento di ogni dazio, sia per il materiale introdotto a Longobucco per lo sfruttamento della miniera, sia per i prodotti ricavati da essa ed esportati a Napoli. Del medesimo anno è la nomina del C. a màstro portolano di Gaeta.
Oltre che di granaglie il C. sì occupava del commercio di altri generi alimentari, fra cui vino e olio, di cui riforniva la corte e l'esercito. Si interessava, inoltre, delle materie prime occorrenti all'arte vetraria. Le stoffe facevano parte dei generi da lui importati - sicuramente da Venezia - ed esportati; era evidentemente anche interessato alla loro produzione: aveva infatti ottenuto dal re la giurisdizione civile e penale suglì operai di quest'arte. Aveva poi potuto far erigere uno o due saponifici per concessione regia del maggio 1478. Una delle attività più prestigiose del C. era quella di annatore. Quando nel 1480 il re si trovò a dover fronteggiare la conquista turca di Otranto, il C. insieme con il figlio Francesco poté fornirgli quaranta galere e venticinque navi e fuste; nel 1478 egli, che possedeva anche una baleniera, aveva armato una galeazza, che aveva posto sotto il comando del figlio Matteo.
Un'escursione dei C. in un'attività che possiamo definire politica e che non fu felice, fu quella del 1477, quando il C. salvò su una sua galeazza e portò a Napolì Bernardo Bandini, uno degli assassini di Giuliano de' Medici, il quale fu però dal sovrano rispedito a Firenze, ove fu impiccato.
Il C., che fu consigliere dei re, morì a Napoli il 25 maggio 1483, e i cronisti del tempo non mancarono di registrarne la morte a dimostrazione della notorietà e dell'importanza raggiunta da questo mercante. Fu seppellito probabilmente nella chiesa di S. Agostino, ove forse la famiglia già possedeva una cappella.
Fonti e Bibl.:G. Passero, Storie in forma di giornali..., a cura di M. M. Vecchioni, Napoli 1785, p. 43; Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 83, 147, 150; G. Filangieri, Doc. per la storia le arti e le industrie delle prov. napol., III, Napoli 1885, pp. 278, 322, 553; Regis Ferdinandi primi instrucrionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 58, 165, 321 s., 325; N. F. Faraglia, Storia della lotta tra Alfonso V d'Aragona e Renato d'Angiò, Lanciano 1908, p. 155; I. Schiappoli, Ilconte di Sarno, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XXII (1936), pp. 17-20, 31-39; Id., La marina degli Aragonesi di Napoli, ibid., XXVI (1940), p. 63; XXVII (1941), pp. 12, 20, 28.