LUIGI XIII re di Francia, detto il Giusto
Figlio di Enrico IV e di Maria de' Medici, nacque a Fontainebleau il 27 settembre 1601, morì il 14 maggio 1643. Aveva nove anni quando suo padre fu ucciso. Di salute malferma, ebbe una fanciullezza grigia. La madre che tenne la reggenza dello stato, dominata dal Concini, non si curò di destare in lui interessamento per gli affari di stato, né di dargli una cultura. La regina madre sperò, così, di tenerlo sotto il dominio suo e del Concini, anche dopo la minore età. Il matrimonio del re doveva servire, quindi, alla politica di riavvicinamento con la Spagna, propugnata da Maria de' Medici. Il 30 aprile 1611 furono segnati a Fontainebleau i preliminari del matrimonio di L. con Anna d'Austria e il trattato di alleanza difensiva tra L. e Filippo III, per un periodo di dieci anni.
Gli ugonotti gridarono la loro indignazione contro questa politica che era in antitesi con la tradizione; i principi del sangue, con Enrico II Condé alla testa, lanciarono un manifesto in cui accusavano il governo di allearsi con le potenze cattoliche. Il governo cedette ai ribelli differendo il matrimonio alla maggiore età del re. Il 2 ottobre L. fece al parlamento la dichiarazione di essere nella maggiore età, ma pregò la madre di continuare a governare. Le elezioni degli Stati Generali segnarono la sconfitta dei principi. Intanto il Terzo Stato rivelava una tempestosa energia contro la nobiltà che chiedeva l'abolizione della paulette, affinché le cariche non fossero più ereditarie; e contro il clero, imbevuto d'idee oltremontane, sosteneva che il re, sovrano nel suo stato, tiene la corona soltanto da Dio e che sulla terra non c'è potenza spirituale o temporale, la quale abbia diritto sul suo regno per privarne la "sacra persona del re". Il Parlamento strepitava contro il Concini e lanciava un appello al re, ritenuto innocente di tutti i disordini. La partenza di L. verso la frontiera per la conclusione del matrimonio avvenne fra le agitazioni. Il re levò due eserciti: uno per sua scorta, un altro per tener testa ai principi. Otto giorni prima della partenza del re, il Condé lanciò un manifesto in cui supplicava il sovrano di differire la partenza, di rispondere ai cahiers, di far registrare il suo matrimonio al parlamento, di allontanare dagli affari gli stranieri. Per tutta risposta, il re dichiarò rei di lesa maestà il Condé e i suoi seguaci.
Così, mentre le provincie protestanti si sollevavano, a Bordeaux L. si univa con Anna d'Austria. Ma la monarchia venne a transazione con i ribelli (trattato di Loudun, 3 maggio 1616), nominando il Condé capo dei consiglieri del re. I suoi seguaci lo incitavano ad afferrare il potere. La regina madre si oppose al sacrificio del Concini; il Condé fu rinchiuso nella Bastiglia. L. fece registrare in parlamento una dichiarazione contro di lui. Tre eserciti furono levati per sottomettere i ribelli. Ma le stravaganze del favorito umiliavano ogni giorno di più il re. Ne condivideva il cruccio Carlo di Luynes, che aveva acquistato predominio sull'animo del re. L. e il cortigiano furono concordi sulla necessità di porre fine all'intollerabile situazione. Il 24 aprile il favorito veniva ucciso. Il posto del Concini fu preso dal Luynes. Il re richiamò N. Brulart de Sillery, Villeroy, Jeannin, Du Vair, che avevano servito Enrico IV.
Il nuovo governo dimostrò di voler tutelare gl'interessi del paese; il re si dimostrò energico verso la Spagna: le condizioni di pace fra il duca di Savoia e Filippo III e tra Ferdinando di Stiria e i Veneziani furono stabilite a Parigi. Ma nella politica interna il re dimostrò poca energia. Numerose e utili riforme furono proposte nell'assemblea dei notabili, ma Luigi XIII non pubblicò l'editto sui cahiers. Il Luynes prese a spadroneggiare. Maria de' Medici, umiliata, fuggì dal ritiro di Blois; sorsero nuove agitazioni promosse dalla regina madre e dai grandi. La politica estera, mentre ardeva la guerra dei Trent'anni, fu opera personale del Luynes. La diplomazia francese, procurando la sospensione delle ostilità tra la Lega cattolica e l'Unione protestante e lasciando libertà d'azione nella Boemia, provocò la disfatta dei protestanti alla Montagna Bianca, cioè il rafforzamento della casa d'Austria e il discredito della Francia e della Germania. L. non capì che il trionfo della reazione cattolica impersonata negli Asburgo indeboliva la Francia. La stessa spedizione nel Bearnese, che mirava a restaurare il culto cattolico e a unire quella regione alla Francia, ebbe una grave ripercussione fra gli ugonotti, coi quali si addivenne a conflitto aperto, con successo. Il paese chiedeva una politica energica nella questione della Valtellina. Il re promosse un'intesa con Venezia e i Savoia; il colloquio di Avignone (novembre 1622) tra Luigi XIII, Carlo Emanuele I e l'ambasciatore veneziano preparò il trattato di Parigi (7 febbraio 1623). L'alleanza con la Spagna era distrutta. Ma il re non accolse l'invito del duca di Baviera a entrare nella Lega cattolica per far da contrappeso alla Spagna e non si mosse all'appello dei protestanti tedeschi. Egli era sotto l'impero di Brulart. Pazientemente però, il Richelieu lavorava per entrare nelle grazie del re; l'ex-segretario di stato del Concini agitava idee nuove: restaurazione dell'autorità del sovrano e del prestigio e della gloria della Francia. Il 1° gennaio 1624 il re licenziò il Brulart. Con C. de la Vieuville s'intravvide una politica più rispondente agl'interessi del paese: denuncia dell'accordo Brulart per la Valtellina, alleanza con gli olandesi, matrimonio della sorella del re col principe di Galles. Finalmente il re invitò il Richelieu a far parte del consiglio di cui il cardinale doveva poi diventare il capo, quando il La Vieuville, nelle trattative con l'Inghilterra, offese la coscienza religiosa del re.
La spedizione di Cœuvres nella Valtellina, l'intesa con l'Olanda e l'Inghilterra, gli armamenti concessi a Mansfeld rivelavano un orientamento antispagnolo nella politica estera, mentre un favorito di Luigi XIII, J. de Toiras, bloccava La Rochelle. Nell'assemblea di Fontainebleau il re fu del parere di Richelieu: o una pace onorevole o una guerra per conquistare la pace. Ma il nemico interno più terribile era il partito ugonotto. L'alleanza con la Spagna parve il preludio di un'azione concorde delle forze cattoliche contro i protestanti. Luigi XIII non esitò ad attaccare gli abitanti della Rochelle, sostenuti dagl'Inglesi, assistendo al blocco della piazza. Quando la città capitolò, vi fece il suo ingresso a cavallo e armato; due giorni dopo, prese parte alla processione del Sacramento.
Acuitasi la crisi della successione di Mantova, L. si lasciò indurre dal Richelieu a sospendere le operazioni contro B. de Rohan nel mezzogiorno per impiegare l'esercito della Rochelle contro la Spagna. Re e cardinale, alla testa dell'armata, forzarono il passo di Susa. Tornato in Francia, nel maggio il re conquistò e incendiò Privas; il 9 giugno entrò in Alais. La pace (22 giugno 1629) volle fosse frutto della grazia reale e non di trattative coi ribelli. Decisa l'invasione della Savoia, contro il parere dei cattolici e di Maria de' Medici, il re in breve tempo prese Chambéry, Rumilly, Annecy, costrinse Tommaso di Savoia a ritirarsi nella Val d'Aosta e discese in Piemonte. Gli avvenimenti che si svolsero nell'Italia settentrionale (caduta di Mantova, tregua di Rivalta) impegnavano la Francia in una lotta di cui non si poteva prevedere la durata. Con un trattato segreto L. otteneva dal duca di Savoia la cessione di Pinerolo: sei giorni dopo, col trattato di Cherasco (31 marzo 1631) Carlo di Nevers, creatura della Francia, era insediato nel ducato di Mantova.
Il passo più audace fatto da L. fu l'alleanza con Gustavo Adolfo (trattato di Barwald, 1631). Il re cristianissimo credé di poter contenere l'avanzata dello svedese entro i limiti del rispetto per i territorî della Lega cattolica; ma l'invasione e il saccheggio di questi territori fecero cadere l'illusione. Dentro e fuori della Francia si levarono recriminazioni contro il re cristianissimo alleato del re luterano. Le forze dei protestanti, dopo la giornata di Lützen, furono riorganizzate da L., alleatosi con Cristina di Svezia e coi circoli tedeschi dell'Ovest (trattato di Francoforte, 5 settembre 1633), senza aver potuto ottenere che la Lega cattolica si dichiarasse neutrale. L'occupazione della Lorena, la marcia verso il Reno quietarono lo scrupolo religioso di L. Quando poi la disfatta svedese di Nördlingen (5-6 settembre 1634) rese inevitabile l'intervento della Francia, col trattato di Parigi (i° novembre 1634) l'Alsazia venne posta "in deposito e sotto la protezione" di L. Il 19 maggio 1635 la Francia dichiarò la guerra alla Spagna (v. trent'anni, guerra dei). L. si rivolse agli stati italiani per formare una lega offensiva; ma vi aderirono soltanto Savoia, Modena, Parma e Mantova (trattato di Rivoli, 11 luglio 1635). Il primo anno di guerra volse poco favorevole ai Francesi. Successi notevoli si ebbero negli anni successivi; presa di Brisach, avanzata nel centro della Germania, conquista di Torino dopo un'iniqua e violenta azione di L. e di Richelieu contro Cristina e contro i principi Tommaso e Maurizio, presa di Arras, capitale dell'Artois. Inoltre, varie ribellioni negli stati del re cattolico furono fomentate da Luigi XIII; il i° febbraio 1641, alleanza con Giovanni IV, nuovo re del Portogallo, contro la Spagna; il 16 dicembre 1640, alleanza coi Catalani insorti contro il viceré; il 23 gennaio 1641 le Cortes catalane elessero L. conte di Barcellona. Come all'assedio di Corbie nel 1636, così ora L. volle essere presente a quello di Perpignano; dopo cinque mesi, la sola città del Rossiglione rimasta agli Spagnoli cadde nelle mani del re di Francia. Non mai i re di Francia avevano ottenuto successi così decisivi contro gli Asburgo. Il 25 dicembre 1641 furono segnati ad Amburgo i preliminari di pace fra il rappresentante dell'imperatore e quelli della Francia e della Svezia; ma dovevano passare ancora degli anni perché la lotta si chiudesse. Nel 1642 morì il Richelieu. L. volle continuarne la politica, chiamando al posto del cardinale il Mazzarino, raccomandatogli dallo stesso Richelieu. Pochi mesi dopo, morì anche L.
L. pur avendo un elevato concetto della missione del re, un sincero desiderio di fare il bene del suo popolo e la grandezza della patria, un non spregevole coraggio in guerra, non ebbe, però, mente capace di concepire grandi disegni e di scorgere la complessità dei problemi dello stato. Nato per essere dominato più che per dominare, subì la volontà dei suoi ministri: il condottiero parve il Richelieu, piuttosto che il re. Comunque, si deve riconoscere a L. il merito di aver affidato il governo a un uomo come il Richelieu, di averlo ammirato, di averlo difeso.
Bibl.: M. Topin, Louis XIII et Richelieu, Parigi 1876; B. Zeller, La minorité de Louis XIII, Marie de Médicis et Sully, 1892; id., La minoritè de Louis XIII, Marie de Médicis et Villeroy, 1897; id., Louis XIII. Marie de Médicis. Richelieu ministre, Parigi 1898; id., Louis XIII. Marie de Médicis, chef du Conseil. États généraux. Mariage du roi. Le prince de Condé, Parigi 1898; R. de Beauchamp, Louis XIII d'après sa correspondance avec le cardinal de Richelieu, Parigi 1902; L. Batiffol, Au temps de Louis XIII, Parigi 1904; N. Aymès, La France sous Louis XIII, Parigi 1909; Patmore, The court of Louis XIII, Londra 1909; A. Waddington, La Républiques des Provinces Unies, la France et les Pays-Bas espagnols, 1895; R. Allier, La Cabale des Dévots, 1627-1666, Parigi 1902. Per i rapporti tra L. e Anna d'Austria cfr. soprattutto: P. Robiquet, Le cœur d'une reine, Anne d'Autriche, Louis XIII et Mazarin, Parigi 1912.