LUIGI VIII, RE DI FRANCIA
Figlio di Filippo II Augusto, re di Francia, e di Isabella di Hainaut, L. (1187-1226) regnò solo tre anni e tre mesi. Inserendosi tra i lunghi e prestigiosi regni di suo padre, regnante unico dal 1180 al 1223, e di suo figlio s. Luigi (1226-1270), il suo breve passaggio al potere non gli consentì di dare un'impronta durevole al Regno di Francia. Ma se pure Filippo Augusto, rompendo con la tradizione capetingia, non l'associò al trono mentre era in vita, L. aveva già un ruolo importante come principe ereditario, in quanto titolare dell'Artois, ereditato dalla madre, e soprattutto per la sua attività diplomatica e militare.
Una delle prime missioni diplomatiche di grande portata svolte dal principe ereditario, da poco sposato con Bianca di Castiglia e confermato nel possesso dell'Artois a discapito del nuovo conte di Fiandra, Ferrante del Portogallo ‒ uno dei futuri sconfitti di Bouvines ‒, fu, a metà novembre del 1212, l'incontro di Vaucouleurs, dove il padre l'inviò per negoziare con Federico II, giunto in Germania da alcune settimane, un trattato d'alleanza, e per consegnargli consistenti sussidi destinati ad avviare le operazioni militari contro Ottone di Brunswick e ad assicurargli la fedeltà dei vassalli del Meridione tedesco. Al contrario di suo padre e di suo figlio, L. incontrò personalmente lo Svevo che all'epoca aveva diciotto anni.
Negli anni successivi il principe fu impegnato in un'incessante attività militare che gli procurò il soprannome di 'Leone'. Vittorioso sugli inglesi a La Roche-aux-Moines, mentre Filippo Augusto combatteva a Bouvines nel 1214, L. l'anno seguente organizzò una breve spedizione di appoggio alla crociata contro gli albigesi, composta di signori originari delle regioni settentrionali del Regno, che tuttavia, dopo aver attraversato la Valle del Rodano, si disgregò nel Tolosano. Tentò poi l'avventura inglese contro Giovanni Senzaterra in grave difficoltà nel 1216-1217, ma non riuscì a impadronirsi della corona d'Inghilterra. Nel 1219 una seconda spedizione nel Tolosano non sfociò nell'auspicata presa della città di Tolosa.
Alla morte di Filippo Augusto, nel 1223, L. ereditò una situazione politica relativamente favorevole, ma anche due problemi ancora pendenti che egli risolse durante il suo breve regno ricorrendo all'azione militare. Da un lato, dovette lottare contro i tentativi di riconquista inglese e, insieme, per affermare più saldamente il controllo del potere regio sugli antichi domini dei Plantageneti, a sud della Loira. Quest'ultimo traguardo fu raggiunto con la pacificazione del Poitou e delle regioni adiacenti (Aunis e Saintonge) e con la presa de La Rochelle nel 1224. Dall'altro, il re intendeva una volta per tutte saldare i conti della crociata contro gli albigesi avviata nel 1209, indipendentemente dalla Corona, da alcuni signori della Francia settentrionale, in seguito degenerata in una guerra permanente tra il nuovo potere scaturito dalla conquista, e sostenuto dal papato, e il potere tradizionale dei conti di Tolosa, rappresentati dal giovane Raimondo VII, che aveva l'appoggio della popolazione locale. Il capo dei crociati, Simone di Montfort, morto nel 1218, si era visto assegnare dal papato gli stati del conte di Tolosa a ovest del Rodano. Suo figlio Amalrico, che non aveva ereditato il talento politico e militare del padre, si rivelò incapace di mantenere il dominio su un insieme di territori costantemente in rivolta e, dovendo far fronte alla campagna di riconquista guidata da Raimondo VII, preferì cedere i suoi diritti a Luigi VIII. La spedizione del re attraverso la Valle del Rodano, nel 1226, cominciò in territorio imperiale, con la presa di Avignone, e proseguì con la sottomissione della Linguadoca. Una parte delle terre del conte di Tolosa nel Regno, insieme ad altri possedimenti, formò il nucleo di un nuovo dominio regio mediterraneo, mentre il resto sarebbe tornato alla Corona a scadenza più o meno breve grazie a un'alleanza matrimoniale forzata; quanto alle terre a est del Rodano, saranno rivendicate di lì a poco dal papato. Al ritorno da questa spedizione il re morì, probabilmente di dissenteria, lasciando erede un fanciullo tredicenne, il futuro Luigi IX.
I rapporti del sovrano francese con Federico II furono caratterizzati dalla preoccupazione reciproca di prolungare l'alleanza preesistente tra i due poteri, ma anche segnati dalle prime difficoltà derivanti dall'offensiva della politica francese nel Mezzogiorno. Se pure è evidente l'interesse di Federico per il mantenimento di buoni rapporti con il Regno di Francia, le vere ragioni d'ostilità nei confronti dell'Inghilterra erano state rimosse con la morte di Ottone di Brunswick (1218); il regno di L. vide così delinearsi i complessi giochi d'equilibrio in direzione della Francia e dell'Inghilterra che avrebbero caratterizzato la successiva azione diplomatica dell'imperatore. Tuttavia Federico attribuiva un grande valore al mantenimento dell'alleanza con la principale potenza occidentale, e L. era interessato nella stessa misura a garantirsi una benevola neutralità contro la minaccia inglese e il non intervento dell'Impero in favore dei conti di Tolosa. Con il rinnovo dei trattati del 1212, avvenuto a Catania nel 1223, si stabilì che l'imperatore non avrebbe negoziato con il re d'Inghilterra senza l'accordo del suo alleato francese. I colloqui si prolungarono in un successivo incontro tra i diplomatici francesi e il giovane re dei Romani Enrico (VII) nella tradizionale località di Vaucouleurs (novembre 1224), dove dodici anni prima L. aveva conosciuto Federico. Ma quest'incontro, mirato alla conclusione di un trattato d'alleanza più completo, tradiva le tensioni che cominciavano a incrinare la buona intesa fra Capetingi e Svevi. L'arcivescovo di Colonia Engelberto (v.), uno dei principali consiglieri di Enrico (VII), tentò di sabotare la stipulazione dell'alleanza tra il re dei Romani e il re di Francia, per appoggiare la causa del re d'Inghilterra, avanzando l'idea di un matrimonio fra Enrico e la sorella del sovrano inglese. L'incertezza diplomatica causata dall'atteggiamento dell'arcivescovo di Colonia è uno dei primi esempi delle tensioni innescate dall'allontanamento di Enrico (VII) dalle posizioni di suo padre. Messaggeri del re di Francia si recarono a informare l'imperatore dello svolgimento insoddisfacente dei colloqui, e quest'ultimo fece pressioni sul figlio affinché concludesse con L. un trattato nella forma dovuta. Nel 1225 Federico, in virtù delle clausole dei precedenti trattati, chiese al re di Francia di non prestare sostegno agli abitanti del Cambrésis, in rivolta contro il loro arcivescovo, che avrebbero potuto cercare appoggi sul territorio molto prossimo al Regno di Francia. Ma fu la spedizione meridionale di L. in Provenza e Linguadoca, nel 1226, a provocare gli attriti più gravi. L'episodio militare più importante fu la presa di Avignone, in territorio imperiale, sulla riva orientale del Rodano. I baroni francesi tentarono di prevenire i rischi di una rottura con una lettera di giustificazioni in cui si insisteva sulla volontà francese di non ledere i diritti imperiali, e diedero risalto all'azione del legato papale. Tuttavia, quest'intervento a est del Rodano rappresentò un passo significativo, trattandosi di un precedente che non poteva lasciare indifferente Federico, in una fase in cui anche le sue relazioni con la Curia pontificia conoscevano una serie di alti e bassi.
Nondimeno, un anno dopo la morte di L., Federico rinnovò negli stessi termini con il giovane Luigi IX l'alleanza con il Regno di Francia. Durante il breve regno di L., il profilarsi delle prime tensioni ‒ velleità di accordi con l'Inghilterra, timore di interventi francesi in Provenza ‒ raffreddò l'alleanza tra Capetingi e Svevi pur senza infrangerla.
Fonti e Bibl.: Historia diplomatica Friderici secundi, I-II; Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, a cura di L. Weiland, in M.G.H., Leges, Legum sectio IV, II, 1896. Ch. Petit-Dutaillis, Étude sur la vie et le règne de Louis VIII (1187-1226), Paris 1894; W. Stürner, Friedrich II., I, Die Königsherrschaft in Sizilien und Deutschland 1194-1220, Darmstadt 1992, pp. 114-181; G. Sivéry, Louis VIII, le lion, Paris 1995. F. Menant-H. Martin-B. Merdrignac-M. Chauvin, Les Capétiens. Histoire et dictionnaire (987-1328), ivi 1999, pp. 315-328.
Traduzione di Maria Paola Arena