VERONESI, Luigi
Nacque il 28 maggio 1908 a Milano, secondogenito di Silvio e di Serafina Colombo e fratello minore di Giulia Teresa (futura storica e critica d’arte e dell’architettura), nata due anni prima. I genitori educarono Giulia e Luigi all’apprezzamento delle arti figurative; il padre, inoltre, che lavorava come dirigente presso un grande stabilimento tessile, trasmise al figlio alcune sue passioni (in primis la fotografia).
Luigi compì studi economici e si perfezionò successivamente in disegno industriale per tessuti. Dal 1921-22 frequentò lo studio del pittore Carmelo Violante, docente presso l’Accademia di belle arti di Bergamo; nei primi anni di avvicinamento al mestiere, il giovane aderì ai modi di Novecento, che lo affascinavano per la modernità delle tematiche. Conclusi gli studi superiori trovò impiego come disegnatore di stoffe in un’azienda milanese.
Grazie alla sorella, Veronesi poté conoscere lo storico dell’arte Raffaello Giolli e l’entourage intellettuale che gravitava intorno alla rivista da lui fondata e diretta: Il Poligono. Nel 1930, alla Biennale di Venezia, visitò la mostra di Amedeo Modigliani e scoprì nel padiglione tedesco gli artisti del Bauhaus; per il giovane artista si trattò di una rivelazione: aveva compreso quale indirizzo – non meramente stilistico – dare alla propria arte. Frattanto si dedicava all’incisione e alle prime sperimentazioni fotografiche.
La prima esposizione di xilografie di Veronesi ebbe luogo nel 1932 presso la galleria Il Milione, dei fratelli Ghiringhelli. In quest’occasione l’artista presentò una serie ancora legata a modelli figurativi, ma la sua attenzione era tutta rivolta agli sviluppi della pittura d’Oltralpe. Ad aiutarlo nelle sue ricerche espressive, da un lato vi furono le mostre organizzate proprio negli spazi della galleria Il Milione, dall’altro la possibilità di viaggiare in Europa. Già nello stesso 1932 Veronesi si recò a Parigi, dove conobbe Fernand Léger e Georges Vantongerloo. Nella capitale francese l’artista milanese poté approfondire il dibattito in corso tra le due correnti dell’astrattismo facenti capo alle riviste Cercle et carré e Art concret. Fu in questo periodo che si convertì definitivamente all’arte astratta; in seguito, ammise di averla scelta per lavorare in libertà senza schemi precostituiti (Domus, 1936, n. 108, risposta al questionario relativo alle nuove prospettive dell’arte italiana). Non fu una scelta facile: in Italia i collezionisti erano disinteressati a tale tendenza, mentre il contesto culturale era incline a escludere e a isolarne gli esponenti.
Il 1933 fu un anno fecondo per l’arte della grafica e della pubblicità a Milano. Mentre alla Triennale il Deutscher Werkbund e Paul Renner ne presentavano gli ultimi risultati nella sezione tedesca, nella galleria dei fratelli Ghiringhelli si tenne l’«Esposizione del cartello internazionale e del cartello italiano rifiutato», organizzata da Dino Villani, con la presenza di opere di László Moholy-Nagy, Cassandre (pseudonimo di Adolphe Jean-Marie Mouron), di manifesti russi e degli italiani Marcello Dudovich, Bruno Munari e Marcello Nizzoli, e di Campo Grafico, rivista di estetica e grafica, edita dal gennaio di quell’anno. Essa fu laboratorio di sperimentazione per grafici e tipografici, cui lo stesso Veronesi aderì, intervenendo con continuità nella pubblicazione di silografie, ex libris, fotogrammi. Frattanto l’artista cominciava a esporre in mostre collettive: Mostra sindacale lombarda, Milano; Mostra sindacale interregionale, Firenze; Mostra del libro e dell’incisione italiana, Bruxelles.
Mentre Veronesi si presentava come giovane artista di incisione, grafica e pittura, continuava a studiare per approfondire i linguaggi artistici europei e russi. Oltre agli insegnanti della scuola del Bauhaus, costretta alla chiusura proprio nel 1933, e di cui riuscì a collezionare i Bauhaus Bücher, egli mostrava interesse per i costruttivisti russi, attratto dai risvolti sociali e utilitaristici dell’arte. La possibilità di educare la società attraverso la composizione delle forme divenne un obiettivo centrale del suo percorso. Inoltre, la conoscenza di musicologi e critici musicali, tra i quali Luigi Rognoni e Ferdinando Ballo, gli consentì di analizzare il legame tra musica e pittura, già presente nelle opere dell’astrattismo europeo.
Nel 1934 Il Milione espose silografie non figurative, disegni e un fotomontaggio di Veronesi insieme a opere di Josef Albers, esponente del Bauhaus. Per l’artista italiano fu un riconoscimento del percorso europeista intrapreso. La mostra di Veronesi e Albers veniva alla fine di un anno che aveva visto ospitate, nelle sale dei Ghiringhelli, opere di Vasilij Kandinskij (per la prima volta in Italia) e di Friedrich Vordemberge-Gildewart. Difatti, Veronesi non si rispecchiava completamente in un movimento o gruppo artistico italiano: la sperimentazione continua ed estesa a molteplici tecniche lo rendeva già un’eccezione all’interno del contesto artistico lombardo, assimilabile piuttosto a un artista ungherese quale Moholy-Nagy. I due si incontrarono per caso a Basilea alla fine del 1935, l’italiano in visita per una mostra, l’altro di passaggio verso Londra, e mantennero una densa corrispondenza fino al 1946, scambiandosi idee e consigli su tecniche e metodi. D’altra parte, Veronesi venne coinvolto nelle attività collettive degli astrattisti francesi ormai riuniti sotto il nome di Abstraction-création, nel cui periodico pubblicò un’incisione nel 1935.
Sempre nel 1935 Veronesi prese parte alla «Prima mostra collettiva di arte astratta italiana» presso lo studio di Felice Casorati ed Enrico Paulucci a Torino; vi parteciparono anche Oreste Bogliardi, Lucio Fontana, Ezio D’Errico, Virginio Ghiringhelli, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Mauro Reggiani, Atanasio Soldati. Dal manifesto di presentazione della mostra emergeva un’esaltazione della geometria, capace di trasmettere equilibrio e armonia all’essere umano, nonché il legame tra arte astratta e architettura razionalista. Tale rapporto tra arti maggiori veniva valorizzato e sostenuto nella pubblicazione coeva di Carlo Belli intitolata Kn, quale omaggio a Kandinskij, dalla quale tuttavia Veronesi prese le distanze.
Alla metà degli anni Trenta Veronesi, oltre che sul fotogramma, iniziò a condurre ricerche sulla fotografia astratta, sulla solarizzazione, sul fotomontaggio; approfondendo il rapporto tra fotografia e pittura, considerò entrambe arti complementari per la modernità e realizzò opere di pittura con inserti fotografici e positivi fotografici dipinti a tempera. Un secondo campo d’interesse fu la scenografia teatrale, dove fu appoggiato da Anton Giulio Bragaglia; in quanto pittore, la sua attenzione si attardava sugli effetti delle luci colorate nello spazio scenico e sugli attori, ma si diffondeva pure ai costumi (nel 1935 realizzò quelli per l’opera Pelléas et Mélisande di Claude Debussy). Terzo ambito di lavoro fu quello della grafica pubblicitaria: numerose furono le copertine composte da Veronesi per Campo grafico, Casabella, Domus, Fili. Realizzò le pubblicità di aziende e prodotti quali: Richard-Ginori, Caffé Cirio, Termolux, Lane Rossi, Cementite, Linoleum. Sempre occupandosi di pubblicità, partecipò al volume Italiani di Gio Ponti e Leonardo Sinisgalli (1937).
Nel 1936 realizzò 14 variazioni di un tema pittorico, sulle quali si basarono le 14 variazioni di un tema musicale di Riccardo Malipiero del 1938. Partecipò alla «Prima mostra di arte astratta italiana» presso la Galleria Moody di Buenos Aires, alla «Prima mostra di arte lombarda» a Villa Olmo, Como, alla VI Triennale di Milano con una decorazione murale e presentando bozzetti di costumi e maschere per il teatro. Nel 1938 prese parte alla «Mostra nazionale di scenografia» a Roma. Frattanto continuò ad ampliare le sue amicizie in ambito europeo: entrò in contatto con gli svizzeri Max Bill e Jan Tschichold, frequentò a Parigi i coniugi Robert e Sonia Delaunay e Auguste Herbin e, nel 1939, tenne una mostra personale alla gallerie L’Equipe in cui presentò le variazioni di un tema pittorico del 1936. Per la VII Triennale di Milano (1940) curò la prima sezione della «Mostra dell’arte grafica», cercando di mettere in evidenza il rapporto tra il gusto del tempo e le realizzazioni grafiche nel corso dei secoli. Alla stessa Triennale dedicò una parete al contributo grafico di Edoardo Persico, morto nel 1936.
Alla fine degli anni Trenta Veronesi, già collezionista di film, iniziò a dedicarsi attivamente a quest’arte. Nel 1938 realizzò un’esperienza di cinema-verità avente per argomento la vita a Milano in un giorno qualsiasi (Film 1). Successivamente si dedicò ai documentari (dieci), filmando operazioni in una sala chirurgica, e all’astrazione (nove film), dipingendo a mano i singoli fotogrammi e perseguendo l’introduzione della quarta dimensione nella pittura. Di questi lavori, alcuni andarono distrutti durante i bombardamenti di Milano nel 1943. Giulia e Luigi Veronesi cercarono di mettere in salvo alcune loro opere, ma non riuscirono a preservarle tutte. In questa fase della guerra i due fratelli decisero di stabilirsi fuori Milano, ad Agrate Brianza, e di partecipare attivamente alla Resistenza. Nel 1950 i film astratti di Veronesi furono insigniti del premio internazionale per la migliore utilizzazione del colore al Festival del film sperimentale Knokke-le-Zoute in Belgio.
Nel 1945 Veronesi sposò Ginetta Nicora (1921-2012) e riuscì a vendere il suo primo quadro. Il 7 luglio dello stesso anno aprì la «Mostra della Liberazione» presso il palazzo dell’Arengario e Veronesi fu tra gli organizzatori. Partecipò anche all’esposizione collettiva organizzata da Pompeo Borra, presso la galleria Bergamini a Milano, insieme allo stesso Borra, Munari, Mario Radice, Reggiani, Manlio Rho, Soldati. Dal 1945 fino al 1950 si occupò delle copertine delle collane Biblioteca cinematografica e Biblioteca fotografica delle edizioni Poligono. Nel 1947 prese parte alla grande mostra collettiva astrattista-concretista a carattere internazionale presso il Palazzo Reale di Milano, organizzata da Lanfranco Bombelli Tiravanti, Max Bill e Max Huber, e alla «Mostra d’arte contemporanea italiana» a Ginevra. Tornò a occuparsi di fotografia, aderendo nel maggio dello stesso anno al manifesto per la fotografia firmato dal gruppo La Bussola (con Giuseppe Cavalli, Mario Finazzi, Ferruccio Leiss, Federico Vender). Nel dicembre del 1947 entrò nel comitato di redazione della rivista Ferrania, rivista mensile di fotografia, cinematografia e arti figurative, con il compito di grafico e impaginatore; questo impegno fu mantenuto fino alla metà degli anni Sessanta. L’artista integrò la fotografia nella grafica per realizzare quell’unità delle arti di cui si sentiva necessità alla fine degli anni Quaranta in Europa.
Dalla fine del 1948 Veronesi si avvicinò al Movimento d’arte concreta (MAC), recentemente fondato da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Munari e Soldati, con l’intento di «una ricerca di purezza formale e di [un] nuovo internazionalismo estetico» (Dorfles, 1973, p. 80). Prese parte già alla prima manifestazione collettiva presso la sede originaria del Movimento, la libreria Salto a Milano, cui seguì una personale di Veronesi, in cui vennero esposte quindici sue fotografie astratte. Rimase nel MAC anche nel 1950, quando l’attività si espanse al di fuori della libreria Salto, e nel 1951 il suo nome comparve tra coloro che venivano definiti «gli artisti del MAC» (G. Dorfles, in II Mostra Concretisti italiani (Gli artisti del MAC) (catal.), galleria Bompiani, Milano). Sempre nel 1951 partecipò alla mostra «Arte astratta italiana-1. I primi astrattisti italiani 1913-1940», galleria Bompiani, Milano; alla «Mostra d’arte astratta e concreta», galleria L’age d’or, Roma; alla mostra «La jeune peinture italienne», Centre d’art italien, Parigi. Nel dopoguerra si trovò quindi a rappresentare la 'storicità' dell’astrattismo e, contemporaneamente, la 'novità' del concretismo, in un Paese in cui l’arte non figurativa non era ancora accettata e il dibattito sui principi artistici della stessa non si era sviluppato: il fenomeno pittorico si introdusse subito quale problema sociale, se non politico. Ancora nel 1951 realizzò l’allestimento della «Mostra storica dell’architettura», curata da Giulio Carlo Argan, Eugenio Gentili e Mario Labò, per la IX Triennale di Milano; si trattava di una presentazione attraverso fotografie di un percorso culturale nella storia più recente, cui Veronesi attribuì un’elegante concezione grafica.
Nel 1953 ricevette la medaglia d’oro alla «Mostra nazionale di fotografia artistica» di Ravenna, presentando la solarizzazione Ritratto della moglie. Nel 1954 cinque suoi disegni vennero ospitati alla Biennale di Venezia, mentre nel 1955 dieci disegni vennero esposti alla Biennale di San Paolo in Brasile. Numerose partecipazioni a mostre collettive e personali si susseguirono, anche con riconoscimenti: il primo premio per la xilografia (II Biennale dell’incisione italiana, Venezia, 1957); medaglie d’oro al premio Lignani per il disegno, 1962, e al premio Marche, Ancona, 1963; omaggio all’artista al premio Avezzano, 1964; premio Saint-Gobain per una vetrata, 1966; medaglia d’oro per la pittura alla XIX Mostra d’arte di Torre Pellice, 1968; gran premio Tanagra d’argento per la pittura, Quadriennale di Torino, 1968; premio Luigi Einaudi, Lambiate, 1970. Nel 1965 venne invitato a partecipare alla IX Quadriennale di Roma, e nel 1966 alla «Mostra storica dell’astrattismo italiano» alla XXXIII Biennale di Venezia, permettendo l’approdo di molte opere rappresentative della pittura non figurativa nei musei italiani.
Nel 1964 venne incaricato dell’insegnamento di grafica presso il corso superiore di disegno industriale, a Venezia, promosso dall’Istituto veneto per il lavoro. Vi insegnò fino al 1971, quando si dimise per protesta contro le autorità scolastiche. Riprese a insegnare nel 1973, quando gli venne assegnata la cattedra di cromatologia presso l’Accademia di belle arti di Brera, che mantenne fino al 1977. Dal 1980 al 1987 tenne dei corsi presso la Nuova Accademia di belle arti di Milano.
Negli anni Settanta si occupò di teorizzare il metodo della trasposizione visiva del suono, traducendo in composizioni cromatiche alcuni spartiti musicali, e prediligendo le musiche di Igor Stravinskij, Sergej Prokofiev, Erik Satie. Con l’aiuto dello spettroscopio ogni colore venne associato alla lunghezza d’onda del tono, così da permettere una corrispondenza biunivoca e armonica tra suono e colore. Pubblicò gli esiti delle sue ricerche nel volume Proposta per una ricerca sui rapporti fra suono e colore (Milano 1977). Nel 1979 curò la sezione didattica della mostra «Le origini dell’astrattismo», nelle sale di Palazzo Reale a Milano. In anni di ritorno alla figurazione, divenne il portavoce di un fenomeno già storicizzabile, in quanto ormai distaccato dal Kunstwollen sociale. Eppure seppe rinnovarsi perseguendo l’analisi continua delle forme geometriche più semplici nella loro misurabilità e nell’esattezza dei rapporti, e sperimentando l’infinita variazione dei colori. In questo decennio partecipò a importanti mostre collettive e a personali in Europa: personale al Museo municipale di Saint-Paul de Vence, 1970; Biennale internazionale d’arte di Mentone, 1970; retrospettiva personale, 1932-72, Städtisches Museum, Leverkusen, 1974; antologica dal 1932 al 1975, Museo dell’Università di Parma, la Pilotta, 1975; antologica, Galleria civica di Ferrara, 1978. Innumerevoli fin dagli anni Sessanta furono le esposizioni presso gallerie private italiane. Seguirono altri riconoscimenti: nel 1978 il Comune di Milano gli conferì l’Ambrogino d’oro; nel 1983 l’Accademia dei Lincei il premio Feltrinelli per la pittura; nel 1985 ricette la medaglia d’oro di riconoscenza della Provincia di Milano e del Consiglio regionale della Lombardia.
Negli anni Ottanta Veronesi collaborò con Gianni e Cosetta Colla nella progettazione di scenografie e marionette per gli spettacoli Histoire du soldat di Igor Stravinskij (1981, con sceneggiatura di Giorgio Strehler e regia di Ugo Gregoretti), La regina della neve di Hans Christian Andersen (1982), Il drago di Evgenij Schwarz (1984), La sirenetta di Andersen (1987), Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare (1990), presentato – come già Histoire du soldat – alla Scala di Milano.
Nel 1989 si tenne la mostra antologica di Veronesi a cura di Luciano Caramel e Piero Quaglino a Palazzo Reale, Milano. Una grande esposizione retrospettiva delle sue opere fu quella di Darmstadt nel 1997, poi trasferita a Hannover, a Bochum e a Zurigo (1998).
Veronesi morì a Milano il 25 febbraio 1998. Fu seppellito nel cimitero di Buguggiate (Varese). Per suo volere, venne costituito il Comitato Luigi Veronesi, avente quali membri la moglie Ginetta, il figlio Silvio, Paolo Minoli, Mario Valente, e Caramel in qualità di presidente. Nel 2002 la Regione Lombardia conferì il Sigillo Longobardo alla memoria di Veronesi.
P. Fossati, L’immagine sospesa: pittura e scultura astratte in Italia, 1934-40, Torino 1971; G. Dorfles, Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al concettuale, Milano 1973; P. Fossati, Il movimento arte concreta, 1948-1958, Torino 1980; O. Patani, L. V.: catalogo generale dell’opera grafica, 1927-83, Torino 1983; L. V.: fotogrammi e fotografie, Torino 1983; A. Hapkemeyer, Incontro con L. V., in Abstracta. Austria, Germania, Italia 1919-1939, Milano 1997, pp. 163-171; L. V. razionalismo lirico, a cura di L. Caramel - C. Cerritelli, Milano 1997; L. V.: rationalistische Abstraktion, 1927-1996, a cura di K. Wolbert, Darmstadt 1997; L. V. (catal., Nuoro, Ravensburg), a cura di C. Cerritelli - P. Minoli, Nuoro 2000; L. V. e la fotografia. Spazio e struttura per un’immagine (catal.), Torino 2002; L. V. (catal.), a cura di S. Pegoraro, Milano 2005; L. V.: lo spazio sensibile (catal.), testi di R. Mutti - L. Caramel, Milano 2007; L. V. nel centenario della nascita, a cura di L. Dematteis, Torino 2008; Ritmi visivi. L. V. nell’astrattismo europeo (catal.), a cura di P. Bolpagni - A. Di Brino - C. Savettieri, Lucca 2011.