VALLONE, Luigi
VALLONE, Luigi. – Primogenito e unico figlio maschio di Antonio e di Pietrina Siciliani, nacque il 29 marzo 1907 a Galatina, grosso centro rurale e snodo commerciale e produttivo tra i più importanti del Leccese, nel Salento.
Tra Otto e Novecento i Vallone di Galatina rappresentavano un’influente famiglia della borghesia delle professioni e dell’élite economica, intellettuale e politico-amministrativa dai cui rami principali, robustamente innervati da proprietà immobiliari estese e di grande valore commerciale, provenivano banchieri e imprenditori come Augusto (1899-1952), ideatore e fondatore nel 1925 della Banca Vallone e dell’Azienda vinicola f.lli Vallone, professori universitari come i medici scienziati Nicola (1834-1870) e Donato (1894-1956), oppure il letterato e dantista Aldo (1916-2002).
Il padre, Antonio (1858-1925), proprietario di un’azienda agraria di oltre duecentotrenta ettari, si era laureato in ingegneria a Roma (1882) e in fisica a Napoli (1884), e durante la sua permanenza nella capitale, dove studiò presso la Scuola di applicazione degli ingegneri, conobbe Guglielmo Oberdan, cui si legò di profonda amicizia e con il quale partecipò a una riunione presieduta da Matteo Renato Imbriani per l’inaugurazione del primo circolo irredentista d’Italia, figurandovi tra i fondatori. Nipote dei coniugi Siciliani – Pietro, pedagogista, filosofo e medico galatinese, e Cesira Pozzolini, illustre letterata fiorentina –, Antonio ne frequentò intensamente i salotti a Firenze, Bologna, Roma, Napoli, godendo di una rete di relazioni amicali con Giosue Carducci, Francesco De Sanctis, Antonio Ranieri, Ippolito Amicarelli, Salvatore Trinchese e altri ancora, che contribuirono variamente alla sua formazione culturale e politico-ideologica repubblicano-mazziniana impregnata di socialismo non rivoluzionario di matrice umanitaria; agli inizi del Novecento, nonostante l’opposizione dei prefetti giolittiani, divenne l’unico rappresentante del Partito repubblicano pugliese in Parlamento, caso singolare nella storia parlamentare contemporanea della regione, e vi rimase, con qualche parentesi di non rielezione, fino alla XXVI legislatura (1921-23), che precedette di poco la sua morte.
Vallone crebbe dunque a stretto contatto con personalità di spicco del mondo della cultura nazionale, della classe politica parlamentare e del ceto di governo, come i deputati Antonio De Viti De Marco e Giuseppe Grassi, che furono grandi amici del padre e assidui frequentatori del suo palazzo a Galatina.
Alla scomparsa del padre, avvenuta nel febbraio del 1925, aveva solo diciassette anni, ma non esitò nella decisione di rinunciare agli studi per occuparsi dell’azienda di famiglia. Nonostante la giovane età, l’impegno gravoso di cui si fece carico, legalmente tutelato dalla madre, non sembrò coglierlo impreparato. Del resto, nei due anni precedenti aveva osservato molto da vicino e con pensiero precocemente maturo l’opera paterna nel campo dell’imprenditorialità agricola. A contenere l’alea economico-finanziaria, insita nella tipologia di attività che si accinse a svolgere, intervenne inoltre la scelta di aderire all’iniziativa nel campo della coltivazione e lavorazione dei tabacchi orientali – già sperimentata e fortemente voluta dal padre agli inizi degli anni Venti – formalizzata con la costituzione nel 1925 della società Vallone-Siciliani & C.gni, che segnò un momento di forte ricompattamento dei diversi rami ereditari e di energica mobilitazione delle risorse, umane e patrimoniali, disponibili all’interno del gruppo familiare allargato.
Quella della coltivazione e manifattura dei levantini, ancorché soddisfacente sul piano dei profitti, fu un’impresa destinata a diventare strutturalmente residuale nel progetto imprenditoriale di Vallone, che nel settore agrario avrebbe ruotato attorno all’enotecnica e alla trasformazione in senso decisamente moderno della viticoltura – orientata alla massificazione delle rese e alla produzione di vino da taglio decaratterizzato – ricorrendo alla progressiva introduzione di vitigni pregiati in quasi tutta la superfice agricola delle sue tenute e all’adozione di criteri di standardizzazione della produzione enologica per l’immissione sul mercato di vini stabili.
Dalla metà degli anni Venti avviò nelle sue campagne un intenso processo di meccanizzazione delle attività agricole e un programma di graduale sostituzione dei contratti agrari preesistenti (affitto, colonia parziaria, mezzadria) con il lavoro salariato, che ebbero come effetti principali l’incremento dei livelli produttivi e l’allargamento delle reti di intermediazione per il rafforzamento dei circuiti di commercializzazione su scala sovralocale. Nel corso degli anni Trenta s’inserì pienamente nel processo, in vari modi sollecitato dai drammatici contraccolpi della crisi e dalle politiche economiche del regime fascista, che al Sud, specularmente al più vasto fenomeno della tenace resistenza dei rapporti socioeconomici incentrati sul latifondo contro ogni prospettiva di modernizzazione diretta dallo Stato, spinse i produttori più intraprendenti a compiere notevoli sforzi per rendere più efficienti le proprie aziende agrarie attraverso l’abbattimento dei costi di produzione e l’aumento della capacità produttiva con investimenti labour saving.
Verso la fine del decennio era ormai un imprenditore ricco e stimato, e nel luglio del 1938 il matrimonio a Napoli con Giovanna Caracciolo dei principi di Forino sembrò sugellare il suo status sociale esclusivo; dal matrimonio sarebbero nati due maschi e tre femmine, fra queste Loretta, che nel dicembre del 1965 avrebbe sposato a Roma il terzogenito di Junio Valerio dei principi Borghese, Livio Giuseppe.
Vallone non aderì al fascismo e restò fuori dalla politica e dall’amministrazione pubblica fino al settembre del 1943, quando ebbe inizio la sua militanza nel Fronte unico di liberazione nazionale delle province salentine (poi Comitato di liberazione nazionale), che lo vide in prima linea nelle trattative per fissare i termini della collaborazione con il governo Badoglio. In seguito a una rapida sequenza di disposizioni prefettizie, cui si allinearono anche le componenti socialcomuniste del Fronte di liberazione locale, essendo riconosciuto antifascista e adeguato al ruolo istituzionale, fu nominato prima vicecommissario, quindi commissario e infine, nel luglio del 1944, sindaco di Galatina, carica poi confermata dagli esiti delle elezioni amministrative del marzo 1946, in cui la lista civica da egli stesso capeggiata ottenne la maggioranza assoluta.
Durante la sua esperienza di amministratore pubblico cominciò a maturare la scelta di prestarsi alla politica, trovando la propria collocazione ideale nella sintesi di liberalismo democratico, radicalismo repubblicano e socialismo riformista rappresentata dal nuovo Partito democratico del lavoro (PDL). Uno tra i maggiori esponenti di questo partito, Meuccio Ruini, futuro presidente della Commissione dei 75, fu ospitato privatamente nel palazzo di Vallone nel gennaio del 1945, durante una visita ufficiale a Galatina come ministro dei Lavori pubblici. Vallone con Giuseppe Grassi e il cugino Augusto, banchiere e imprenditore, costituirono di fatto il nucleo principale del gruppo che localmente partecipò alla fondazione del partito demo-laburista. Nacque così il sodalizio tra Vallone e Grassi, unici eletti nella circoscrizione Lecce-Taranto-Brindisi per la lista dell’Unione democratica nazionale formatasi dalla convergenza di PDL e PLI (Partito Liberale Italiano), con l’apporto di gruppi minori come i centristi-liberali di Francesco Saverio Nitti e i demo-progressisti di Arturo Labriola, in occasione delle elezioni per l’Assemblea costituente del giugno 1946.
Alla Costituente discusse di regolamentazione del diritto allo sciopero e appoggiò i combattivi regionalismi pugliesi, sostenitori dei progetti di attuazione della regione Daunia e della regione Salento, infine neutralizzati nella ratio della regionalizzazione costituzionale. Ottenne inoltre che nelle leggi di bilancio dei governi De Gasperi fossero iscritte cospicue indennità per la realizzazione o il ripristino delle infrastrutture nei comuni salentini più disagiati o che avevano patito danni bellici.
Il legame Vallone-Grassi, tuttavia, non fu meramente politico-elettorale, essendo pure improntato a una pragmatica progettualità imprenditoriale che coniugò interessi individuali e generali nell’idea che la soluzione ai problemi del Meridione, e del Salento in particolare, stesse nella libertà di mercato, nella meccanizzazione e industrializzazione dell’agricoltura, nell’incremento del capitale sociale fisso e di quello circolante. Nacque da questa prospettiva la Compagnia salentina di navigazione (Cosana), una società costituita nel gennaio del 1945 con i capitali di Vallone, che ne detenne la maggioranza azionaria, e presieduta da Grassi. L’obiettivo era la creazione di un sistema di trasporti marittimi che servisse i produttori agricoli con l’assunzione in proprio dei costi di import-export, e che quindi risolvesse il problema delle spese di intermediazione, ma l’iniziativa, nonostante l’acquisto e l’allestimento di vari bastimenti, si rivelò fallimentare e terminò nel 1947, lo stesso anno in cui Vallone e Grassi firmarono a Lecce l’atto costitutivo della Banca del Salento.
Vallone, anche in questo caso azionista di maggioranza, ne assunse la presidenza, carica che avrebbe conservato ininterrottamente fino al 1969, e tra gli anni Cinquanta e Sessanta, in una fase di congiuntura economica particolarmente favorevole, ne estese progressivamente la rete territoriale di filiali, inaugurando il processo che l’avrebbe portata ad affermarsi nel Mezzogiorno come l’istituto di credito privato con i più elevati indici di crescita della redditività e di ampliamento della catena di creazione di valore.
Alle elezioni del 1948 per la prima legislatura repubblicana si candidò con Grassi nella lista del Blocco nazionale, una coalizione elettorale formata dal PLI, dal Fronte dell’uomo qualunque e dalla nittiana Unione per la ricostruzione nazionale. Confluirono entrambi, dunque, nell’area liberal-conservatrice dopo il fallimento del progetto demo-laburista, una scelta che poi si sarebbe trasformata in adesione formale al PLI. Nella circoscrizione salentina, tuttavia, i due seggi della lista andarono a Grassi e ad Agilulfo Caramia, mentre Vallone risultò il primo dei non eletti, e perciò con proclamazione dell’8 febbraio 1950 sarebbe subentrato alla Camera al posto di Grassi, che si era spento da ministro di Grazia e giustizia il 25 gennaio di quell’anno.
Durante la sua attività parlamentare fu componente dell’VIII commissione permanente (Trasporti) per tutta la durata della legislatura e della IX (Agricoltura e Alimentazione) fino all’estate del 1950. S’impegnò per risolvere il problema del disagio finanziario procurato agli enti comunali in seguito alle disposizioni che imponevano la riscossione in un’unica soluzione dei contributi dovuti dagli enti locali alla Cassa di previdenza per le pensioni ai dipendenti, riuscendo a ottenere la disponibilità del governo a considerare la possibilità di specifiche formule di rateizzazione. Verso la fine della legislatura il ministero delle Finanze accolse la sua richiesta di sospensione della riduzione di oltre mille ettari della superficie coltivata a tabacco nel compartimento di Lecce. Fu inoltre cofirmatario della proposta di legge concernente il trattamento economico, la carriera e il collocamento a riposo dei segretari comunali e provinciali, che avrebbe costituito un passaggio fondamentale per la determinazione dello status giuridico ed economico della categoria.
Nella circoscrizione Lecce-Taranto-Brindisi fu capolista per il PLI alle elezioni legislative del 1953, ma non ottenne il seggio. Decise allora di ritirarsi dalla politica nazionale e di occuparsi prevalentemente delle sue attività di banchiere e imprenditore agricolo, senza tuttavia astenersi dal porre al servizio della comunità galatinese le sue competenze in fatto di economia, finanza e amministrazione pubblica.
La morte lo colse il 14 novembre 1972, durante il suo quarto mandato come primo cittadino di Galatina.
Fonti e Bibl.: Il carteggio pubblico e privato nonché i documenti riguardanti le attività economiche e politiche di Luigi Vallone si trovano nell’Archivio della famiglia conservato a Galatina presso la Biblioteca Casa di Dante, di proprietà del prof. Giancarlo Vallone.
G. Virgilio, Memorie di Galatina. Mezzo secolo di storia meridionalistica e d’Italia, Galatina 1998, pp. 73-80; M. Romano, Antonio Vallone (1858-1925): un deputato meridionale nell’Italia liberale. La politica, gli «amici» e i «clienti», in Itinerari di ricerca storica, XII-XIV (1998-2000), pp. 145-196; E. Bonea et al., L. V. Il dopoguerra a Galatina e nel Salento, Galatina 1999, pp. 7-57, 77-103; M. Romano, Storia di una famiglia borghese. I Vallone di Galatina (secc. XVII-XX), Milano 2003, ad indicem. Le attività parlamentari durante la transizione costituzionale e la I legislatura della Repubblica sono consultabili in https://storia.camera. it/deputato/luigi-vallone-19070329.